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Taverna del Re: cemento per i rifiuti al posto dei frutteti

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Il ricordo di quella giornata campale è il ricordo di una resa. Fu in quei mesi del 2003, quando (tanto per cambiare) si cercavano affannosamente fosse e buchi nei quali depositare i rifiuti che si accumulavano nelle strade napoletane, che gli uomini dello Stato incontrarono la camorra . Una riunione ufficiale, con i dirigenti del commissariato di governo, Massimo Paolucci e Giulio Facchi, che scesero a patti con un gruppetto di imprenditori in odor di mafia che quei buchi avevano disponibili.
Il resoconto di quell’incontro fu fatto, in pubblico, a un gruppetto di allibiti cittadini. Le discariche c’erano, erano piuttosto illegali, e appartenevano a Cipriano Chianese, Gaetano Vassallo, Elio e Generoso Roma: nomi di uomini poi diventati assai noti alle cronache giudiziarie che trattano di ecomafia. Fu in quella giornata – era primavera – del 2003 che il destino di Villa Literno, e delle vicinissime Giugliano e Parete, fu definitivamente segnato.


A nulla serviva più protestare,
e inutile era ripetere l’occupazione dei suoli che cinque anni prima aveva salvato le terre di Masseria del Pozzo, dall’altra parte della strada poderale che costeggia le piramidi di ecoballe. «Noi eravamo lo Stato – ricorda Pietro Ciardiello, che nel 1998 era sindaco a Parete – e fu mandata un’altra parte dello Stato a sgomberarci. C’era anche Biagio Ucciero, che era il sindaco di Villa Literno. Io, lui e il commissario di polizia, tutti e tre con le fasce tricolori. Alla fine andammo tutti e tre via, la discarica non si fece».
Biagio Ucciero non c’è più, a condividere i ricordi di Ciardiello. È morto un paio di anni fa, con l’amaro in bocca per la deriva affarista – lo diceva in tutte le riunioni – nella quale era precipitato il suo partito, l’ex Pci diventato Ds. Al suo posto, all’epoca del patto infernale tra Commissariato di governo ed ecomafie, era arrivato Enrico Fabozzi, arrestato martedì per fatti di camorra. E fu allora che i suoli di Masseria del Re furono requisiti e trasformati in solide piattaforme di cemento armato, le basi su cui poggiano milioni di tonnellate di rifiuti imbustati. Masseria del Re è proprio affianco a Taverna del Re: stessa strada, un viottolo di terra battuta a separare i due siti e due comuni. Quello di Giugliano è più a monte, presidiato da un manipolo di guardie giurate. Quello di Villa Literno assomiglia a uno scarto industriale, abbandonato a se stesso, con le erbacce che hanno invaso il cortile e che sovrastano anche il cellophane nero, lacero, dal quale fuoriescono lunghissimi rami di gramigna.

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Sotto, ma visibili, ci sono le ecoballe,
metà di quel pegno concesso da Impregilo, la controllata Fibe, alle banche in cambio delle anticipazioni necessarie a far funzionare la macchina dello smaltimento dei rifiuti in Campania e a costruire l’inceneritore di Acerra. Valevano, quei pacchi di rifiuti impacchettati, la metà dei 173 milioni di euro prestati a Impregilo concesso in cambio di sette milioni di tonnellate di immondizia. Se non fosse stata troppo umida, sarebbe diventata energia, ed era questo l’effettivo controvalore del pegno.
I terreni appartenevano a due famiglie di San Cipriano d’Aversa e Trentola, Reccia e Cavallaccio. Alcuni lotti erano stati sempre nelle mani di coloni, che in quei giorni furono sfrattati. Frutta e verdura, si era deciso, dovevano lasciare il posto ai rifiuti. Le piattaforme di cemento armato sono state realizzate dai fratelli Pasquale e Giuseppe Mastrominico, gli imprenditori arrestati assieme all’ex sindaco Fabozzi. La Dda sospetta che siano la faccia finanziaria della famiglia Iovine, una delle quattro che compongono il cartello casalese. Anche sui proprietari dei terreni c’è il sospetto di contiguità con la camorra, uno con Iovine e l’altro con Zagaria. Chiacchiere di paese, però. Chiacchiere che rendono concreta l’ombra dell’altra trattativa, quella tra il capoclan casalese Michele Zagaria e apparati di sicurezza: una tranquilla latitanza in cambio della tranquilla gestione dell’emergenza.

La cittadella dell’immondizia
Di fronte alla montagna di ecoballe, in linea d’aria a nemmeno un chilometro, c’è la cittadella dell’immondizia che era appartenuta a Cipriano Chianese, avvocato di Parete. In questi giorni lo stanno processando per disastro ambientale. Lui era il padrone dei fossi, delle discariche rabberciate e insicure che in quel 2003 mise a disposizione del Commissariato di governo. Riuscì anche a fare una magia: l’autorizzazione postuma a un buco, che utilizzava per lo stoccaggio provvisorio dei ”suoi” rifiuti, e che miracolosamente diventò invaso per discarica.
Raccontano i contadini sfrattati che erano buchi troppo piccoli per raccogliere davvero tutta l’immondizia che arrivava da Napoli. Raccontano anche che dalla Resit continuano ad arrivare folate di aria appestata, eppure è stata sequestrata tanti anni fa. E che in quei giorni dell’emergenza vedevano passare decine di camion, ne contarono almeno duecento, pieni di robaccia puzzolente che finiva dalle parti di Resit ma non nella discarica. Li vedevano tutti, nessuno li fermava. Il silenzio fu il prezzo pagato per risolvere il problema, che però non è stato mai risolto. E le ecoballe, pegno inesigibile, sono ancora là, a futura memoria dello scandalo e del patto infernale.

Rosaria Capacchione
Il Mattino il 20/11/2011

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