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Casalesi e Al Quaeda: patto per eliminare i Pm scomodi

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Li odia. Di un odio antico, profondo, radicato. Li odia perché gli hanno perquisito la casa, condannato all’ergastolo il padre, arrestato la madre. Li odia perché sono magistrati, uomini di legge, amministratori di quella giustizia che lui rinnega. Non perché anarchico ma perché camorrista, e di giustizia ha un altro concetto e un altro modello: l’amministra da sé, condanna senza appello, applica la pena di morte anche per la più piccola mancanza. E la morte aveva deciso per i suoi nemici: Federico Cafiero de Raho, prima di tutto, il capo del pool antimafia che indaga da quasi vent’anni sul clan dei Casalesi, e che insultava ogni volta che ne aveva l’occasione. E poi gli altri. Voleva ucciderli tutti, scatenando una guerra senza quartiere, senza confini, planetaria. Voleva un altro 11 settembre, e ai suoi amici di Al Qaeda aveva chiesto armi e uomini, offrendo supporto logistico e la sua eterna amicizia. Se il progetto è rimasto sulla carta è solo perché è stato arrestato. Se il progetto oggi è noto è perché il suo braccio destro ha iniziato a collaborare con la giustizia e l’ha raccontato: proprio al nemico, proprio ai pm della Dda di Napoli.


Lui, il pentito, si chiama Roberto Vargas.
Era stato arrestato con l’accusa di triplice omicidio, tre manovali del clan che aveva disubbidito alla regola dettata da Nicola Schiavone, il primo figlio del boss chiamato Sandokan. Il 29 novembre, interrogato dal pm Giovanni Conzo, ha raccontato gli inquietanti retroscena delle stragi mancate. E la frattura nel cartello casalese, con il piano per uccidere anche il rivale Michele Zagaria. Vargas riferisce cose che avrebbe appreso direttamente dal suo capo che in quel periodo, tra il 2008 e il 2009, viveva – latitante volontario – in un appartamento a San Marcellino dal quale non usciva quasi mai.

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È il 2009, verosimilmente tra marzo e aprile,
comunque prima del 15 maggio, data dell’arresto di Roberto Vargas. Nel verbale, depositato nell’inchiesta a carico del sindaco di Casapesenna, Fortunato Zagaria, racconta la premessa di quella rivelazione: «Molti anni prima Nicola Schiavone mi aveva parlato di una lettera che Michele Zagaria aveva inviato a Raffaele Cantone, magistrato originario di Giugliano. In tale lettera Zagaria mandava a dire al dottor Cantone che lui personalmente non aveva niente contro lo stesso magistrato; ciò perché in quel periodo giravano voci di un imminente attentato ai danni del dottor Cantone da parte di Michele Zagaria ed Antonio Iovine». Il giovane Schiavone era molto arrabbiato con Michele Zagaria perché in quella lettera «parlava a titolo personale e non a nome dei “casalesi”, facendo così intendere che solo lui non aveva motivi di risentimento contro il dottor Cantone, senza includere anche “Casale”, ovvero l’organizzazione casalese. In questo modo sembrava che l’organizzazione dei casalesi e dunque in primis la famiglia Schiavone ce l’avesse con Cantone, mentre Zagaria non aveva nulla contro di lui».

L’attentato.
Quindi, se Zagaria avesse fatto un attentato «la colpa sarebbe ricaduta sicuramente “su Casale” e non sullo stesso Zagaria. Infatti nel paese si vociferava che sia Zagaria Michele, che Antonio Iovine, dicessero in giro testualmente: ”I guai a Casale ed i soldi a San Cipriano e Casapesenna”».
Dunque, la rivelazione. «Nicola Schiavone mi confidò di aver avuto contatti con dei terroristi di “Al Qaeda” in quanto lui era intenzionato a colpire il giudice Cafiero de Rago, che era stato l’artefice di tutti gli ergastoli comminati a seguito di Spartacus 1. Schiavone mi confidò inoltre che aveva un forte astio per tutto il pool della Dda di Napoli, mi disse anche che da lì a poco sarebbero arrivati dei bazooka monouso da consegnare a questi terroristi che avrebbero dovuto compiere diversi attentati ai predetti magistrati del pool che si occupava della camorra casalese».


La rete islamica di Bin Laden?
Addirittura? «Schiavone mi disse che l’alleanza con “Al Queda” era molto forte e che lui avrebbe dato appoggio logistico nel territorio aversano; in cambio queste persone gli avrebbero fatto gli attentati contro i magistrati del pool per fargli un piacere, come testimonianza della loro alleanza. Mi disse che lui non era come il padre, ma lui era peggio del padre. Nicola era infatti arrabbiato del fatto che il clan era stato oggetto di un altro Spartacus, ovvero Spartacus 3 (nel corso del quale fu arrestata la madre, Giuseppina Nappa, ndr)». Prima di uccidere i magistrati, doveva però eliminare il nemico interno, il potentissimo e ricchissimo Michele Zagaria. Racconta ancora Roberto Vargas: «Schiavone chiese a mio fratello Pasquale di fingersi deluso dalla famiglia Schiavone e così chiedere un avvicinamento a Michele Zagaria, lamentandosi del fatto che non gli mandavano abbastanza soldi per fare la latitanza. Appena al cospetto di Zagaria, mio fratello avrebbe dovuto ucciderlo all’istante, decapitarlo e buttarne la testa fuori al portone di casa a Casapesenna. Questo perché Michele Zagaria sarebbe stato un ostacolo ai suoi piani per gli attentati contro il pool dei magistrati». Successivamente, sarebbe toccata ad Antonio Iovine».

Il programma degli omicidi.
Nella casa di San Marcellino, Nicola Schiavone detta il cronoprogramma degli omicidi: prima Ernesto Bardellino e l’intera vecchia guardia del clan, poi «il pool di magistrati, per primo Cafiero de Raho e poi a seguire chi del pool, che si occupava della camorra casalese, saremmo riusciti a colpire. L’azione sarebbe stata portata a termine dai terroristi, mentre noi avremmo fornito gli appoggi logistici». Terroristi già addestrati «in quanto avevano preso parte a fatti di sangue all’estero» ma che siccome «avevano avuto alcuni problemi, si erano alleati con Nicola Schiavone al fine di ottenere dei rifugi sicuri nell’agro aversano», dove il giovane boss li aveva incontrati. Vargas doveva mantenere i contatti, il suo capo sarebbe andato a Modena per non dare nell’occhio.
Progetto ancora attuale? Non si sa, non lo sa nessuno, neppure Vargas. Che rivela: «Dopo l’arresto di Nicola Schiavone (nel giugno del 2010, ndr), Carmine Schiavone ha preso il posto del fratello maggiore quale capo del clan dei casalesi. Non so se Carmine abbia le capacità per portare in atto tali attentati contro il pool di magistrati del Dda».


Rosaria Capacchione

Il Mattino il 12/02/2012

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