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Ancora sulla festa de l’Unità

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QUALIANO. Alcune considerazioni, prendendo spunto, dalla festa de l’Unità tenutasi a Qualiano il 24 e 25 settembre 2004. Il tema ‘I giovani e le periferie’, l’originalità di aver fatto autogestire gli spettacoli delle due serate da gruppi hard-rock, da giovani animatori e dai ragazzi dell’Hip Hop, mi porta ad alcune considerazioni politiche, che vanno anche aldilà della festa stessa. Si fa un gran parlare, e giustamente, della ricaduta che l’innovazione tecnologica nel campo della comunicazione (Media, Internet, Videotelefonia, TV interattiva, ecc…) ha, e avrà, sui costumi, la cultura, l’economia, in sintesi sul modo d’essere della società contemporanea. Siccome parliamo della sfera delle comunicazioni umane, e visti gli sconvolgimenti provocati in ogni epoca della storia dell’umanità da invenzioni e scoperte nelle tecniche della comunicazione (l’alfabeto, la stampa, le telecomunicazioni, il digitale), legittime sono le preoccupazioni oggi che le fobie provocate da un’invasione tanto massiccia di innovazione, possano ridurre il grado di socialità, aumentare l’isolamento delle persone, diminuire il senso critico delle cose, rimanere intrappolati nei falsi miti di messaggi mediatici pervasivi. In sintesi come conservare le passioni, la socialità, il senso critico delle cose, utilizzando a vantaggio della qualità della vita le tecnologie, ovvero come scongiurare ‘Il Grande Fratello’ (quello di George Orwell). Tornando alla festa, è da osservare che quei ragazzi hanno dato una loro risposta, forse senza volerlo. Sicuramente Internet, la TV e la telefonia, accelerano la comunicazione e la diffusione anche della cultura dell’ hard rock o dell’Hip Hop, ma la musica bisogna suonarla dal vivo, il writing, l’mcing, il djing e il breaking non si fa stando chiusi in casa davanti a un computer o a un televisore, non è virtuale. Tanti ragazzi si cimentano con i loro strumenti musicali nella rivisitazione di quella che fu la musica ‘impegnata’ e ‘contro’ di generazioni passate, dall’hard rock all’eavy metal, dai Deep Purple agli Iron Maiden, devono provare, impegnarsi in gruppo, avere un palco e una piazza in cui esibirsi. I writer hanno bisogno di pannelli o mura da dipingere e molti di loro dimostrano di essere dei veri artisti dell’Aerosol Art. Per quelle danze complesse e difficili, un misto tra balli tribali africani o di tribù Indios, i breaker hanno bisogno di spazi, di allenarsi, di stare insieme per le coreografie di gruppo. Poi il rap degli Mcing, voglia di esprimere in versi le proprie emozioni, anche inventando al momento (freestyle). I testi, a volte leggeri e divertenti, ma per la stessa radice culturale del rap, generalmente impegnati nel parlare della politica che dimentica gli ultimi, della violenza, della mafia, della pace, della solidarietà, delle strade di periferia e dei sobborghi urbani. Nei Dj la voglia di dare le basi musicali a quel rap, coglierne e generarne il ritmo, dare le sonorità giuste al breaking, cimentandosi nell’arte dello scretch e del mix. La domanda è una domanda di spazi, culturali e fisici, ma quanto la politica si occupa di loro? La festa de l’Unità di Qualiano ha rappresentato un’apertura di dialogo e di arricchimento reciproco, una goccia nel mare, ma un segnale importante viste anche le autorevoli presenze politiche (Andrea Cozzolino, Berardo Impegno, Michele Santoro). Quanti segmenti simili esistono nella società che non contaminano più la politica, e in una relazione circolare, la politica non sa più interessarsi di loro. La caduta delle ideologie non può rappresentare la scomparsa degli ideali, delle passioni, dei sogni. Il tutto vive e riaffiora in tante persone che comunque non si piegano alla società dell’immagine, dove con uno spot si può dare per vera qualunque bugia, dove si propina felicità virtuale data in pasticche televisive con telenovele o isole di stupidità. Quanti artigiani continuano ad amare il proprio lavoro, non tanto per i soldi che ne ricavano, ma per l’espressione della loro professionalità? Quanti docenti, con gli stipendi ultimi d’Europa, entrano in aula con la coscienza di essere i formatori delle future generazioni? Quante persone si dedicano al volontariato e alla solidarietà sociale? Quanti artisti, ricercatori, medici, operai, donne e uomini, vogliono vivere e vivono il loro lavoro con passione e professionalità, ma in solitudine? Quanti, quanti, quanti?? La politica deve trasformare tali ricchezze individuali in momenti di ricchezza collettiva, deve essere in grado di offrire ancora ideali e sogni di una società più equa, giusta e possibile. Il nuovo Ulivo, per essere un soggetto politico vincente e di cambiamento, deve saper rappresentare questo mondo sano e da esso prendere energie. Si obietta che la politica è però il luogo dove si definiscono poteri, gestioni e interessi; dove tutto viene deciso in funzione di alleanze e intrecci per mettere assieme i numeri per vincere, dove ognuno cerca il proprio spazio, il collegio sicuro, il proprio potere. Ma questa è la politica o la negazione della politica? Chi usurpa la politica? Fortunatamente le spinte nel centrosinistra in direzione del recupero della bella politica sono tante e forti, bisogna vincere, perché solo dall’Ulivo e dal centrosinistra si può iniziare il nuovo percorso. Il centrodestra ha rappresentato, volutamente, la negazione della politica, affidando tutto al potere dell’immagine, degli spot, del denaro, dove non importa ciò che è, ma è ciò di cui ci convincono che sia. Li abbiamo anche scimmiottati, ma ormai tutto è al declino. Costruiamo il recinto intorno alla palude dove i fautori della trilogia potere – denaro – ignoranza sono abituati a vivere, e si consolino nel loro fango. Il virtuale non ha retto! Se l’Ulivo diventa il luogo della nuova e bella politica, sarà più facile non solo vincere, ma governare con uno spirito di consenso diverso, dove coniugare crescita con equa distribuzione del reddito, dove chiedere un costo per uno sviluppo ecosostenibile, dove solidarietà sociale per disoccupati e inoccupati, dove coniugare pace con libertà e sviluppo, dove progettare città per offrire luoghi e momenti di aggregazione e socialità, dove accorgersi nuovamente di essere cittadini e non numeri per sondaggi e indici di gradimento, può essere agevole e possibile.

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