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sabato, Giugno 29, 2024
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SALTA IN ARIA LA BARACCA DEI FUOCHI: UN MORTO
Tragedia a Ischia nella casamatta

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ISCHIA. Un boato. Fragoroso. Sinistro. Come di una bomba piovuta dal cielo. E invece no, a uccidere Francesco Boccanfuso, 64 anni, detto affettuosamente «Ciccio Braciola», imprenditore edile di Ischia e brava persona con la manìa di detenere e sparare botti e ordigni micidiali, è stata una scintilla, una banale scintilla divampata mentre lui ieri mattina alle dieci e venti minuti era intento a saldare con il flex un pezzo di lamiera che ostruisse il passaggio impedendo agli animali notturni di penetrare nella sua proprietà. Un boato. Sentito fino a parecchi chilometri di distanza su quest’isola che oggi sonnecchia sbuffante sotto la cappa di un cielo pecorella dopo un’estate di via vai e gran turismo in stile bella epoque che però è finita troppo presto lasciando tutti col magone. Un boato. Come di una bomba. E in realtà è stata proprio una delle «bombe» che l’uomo custodiva nel deposito (abusivo) che si trova in una stradina in località Campagna, non lontana dalla zona del porto e a fianco al cimitero, ad essere sfiorata dalla scintilla esplodendo inesorabile. Con lo scoppio, è crollato un muretto che era a pochi centimetri da dove Boccanfuso stava lavorando. Una tegola di zinco, spostata dal movimento d’aria, ha colpito la vittima alla gola, imponendogli una morte orribile. «Via via, andate via»: l’urlo dei familiari spezza il silenzio dei vitigni penzolanti. Boccanfuso era sposato. Ed era padre di tre figlie a loro volta sposate. Che ora piangono quel botto di morte. Singhiozzi lenti. E campagna sfregiata. Qui la vittima – insieme ai botti e alla polvere pirica – allevava anche galline e conigli. Bombe rompi-timpani. E aria sopraffina. Tutt’intorno, un paradiso verde cupo che scende lieve fino al mare dove affonda e scompare. Francesco Boccanfuso da anni coltivava quella sua stramba passione: i fuochi, le botte, l’esplosione vissuta come puro, infantile piacere. Spesso, in occasione delle feste patronali, faceva sfoggio dei suoi «prodotti» sparando fuochi tutto contento. Spesso collaborava anche con l’unica ditta che produce materiale pirotecnico sull’isola e che si trova lassù in collina, a Serrara Fontana. Alto, fisico massiccio, i capelli brizzolati e un viso largo, aperto, sorridente e amicone: in tanti gli volevano bene. E in molti qui sull’isola lo conoscevano anche per la sua abilità nell’allestire le barche che ogni anno a luglio partecipano al palio di sant’Anna, rito antichissimo e festa rituale cui si vuole ora coniugare perfino una lotteria di rilievo nazionale. Già, ma come faceva «Ciccio braciola» a detenere in quel suo manufatto a ridosso del cimitero ben trenta chili di polvere da sparo? Gli artificieri dei carabinieri, chiamati dal capitano Mauro, hanno trovato nel manufatto tre bombe da otto chili ciascuna, due da un chilo, tre ordigni di tipo pirotecnico con altra polvere da cava. Insomma, un vero arsenale. Pericolosissimo. Tanto è vero che gli inquirenti non hanno remore a dire che tutto sommato, pur nella tragedia, poteva finire assai peggio: a esplodere infatti è stata solo una delle bombe depositate. Se invece si fosse scatenato un effetto a catena… Ora è tempo di lacrime. E di indagini. E si punta innanzitutto a chiarire se la vittima fosse o meno in possesso delle necessarie autorizzazioni. I familiari giurano di sì, ma al commissariato di Ischia non c’è traccia in tal senso. Sono state disposte verifiche anche presso la questura di Napoli, ove mai la licenza fosse stata concessa nel capoluogo. Il manufatto è stato sottoposto a sequestro giudiziario. In ogni caso, gli inquirenti ricordano che per detenere una così ingente quantità di polvere da cava è necessaria una licenza di un livello medio alto. Un altro particolare che si sta cercando di appurare riguarda l’uso che Boccanfuso faceva di tale materiale: era riservato solo alla soddisfazione del suo strambo hobby personale? O veniva anche commercializzato? I carabinieri hanno allertato anche la capitaneria di porto per cercare di capire come sia giunta a quel manufatto tutta quella polvere da sparo. Insomma, chi indaga non ci vede chiaro. Perciò, fino a notte sono state perquisite le abitazioni di tutti coloro che a Ischia si occupano di produzione di materiale pirotecnico. E non solo. Le bombe non esplose sono state fatte brillare nel pomeriggio di ieri, intorno alle 17, sulla spiaggia di San Montano.

ENZO CIACCIO




«Lo ha ucciso la sua passione»

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diMASSIMO ZIVELLI



Ischia. Una passione pericolosa, quella di Francesco Boccanfuso. Ieri mattina «Ciccio Braciola» – come usavano chiamarlo con familiarità le persone del luogo – stava effettuando piccoli lavoretti di manutenzione. «Il botto è stato tremendo, per un attimo ho avuto la sensazione che tutto crollasse intorno a me», riferisce una signora che si trovava nel cimitero, a poche decine di metri. «Ci siamo precipitati fuori in preda al panico e solo dopo alcuni minuti abbiamo capito che era accaduto qualcosa di molto brutto alle spalle del nostro laboratorio», dicono gli artigiani di una falegnameria lì vicina. E il fragore dell’esplosione è arrivato fino ad Ischia Ponte, a centinaia di metri di distanza dall’area cimiteriale di Cartaromana. Ma solo più tardi nella zona si è cominciata a spargere la notizia che nella frazione di San Michele c’era stata un’esplosione e che c’era scappato il morto. «Ciccio aveva la passione dei botti da sempre, ed era anche autorizzato a sparare i suoi fuochi in occasione di feste e ricorrenze», si limitano a commentare i parenti che hanno preferito tenersi lontano dal clamore. «Bonaccione e semplice» nel carattere e nella personalità, l’anziano imprenditore edile fabbricava praticamente da sé i fuochi pirotecnici. L’altra sua passione era la festa di Sant’Anna: aveva allestito più volte barche allegoriche utilizzate per la sfilata a mare. «Al dispiacere per queste tragedie, che pure si possono evitare – ha dichiarato il sindaco di Ischia Porto Giuseppe Brandi – dobbiamo unire il nostro impegno affinchè non accadano più». Di sentimento di cristiana pietà, parla a sua volta il vescovo Filippo Strofaldi, che esorta ad avere atteggiamenti di maggiore responsabilità verso la propria vita e quella degli altri: «Una vita che è il valore assoluto di cui possiamo godere». Intanto il capitano dei carabinieri di Ischia Luigi Mauro sottolinea la «gravità assoluta» dell’episodio. E annuncia – insieme con gli altri rappresentanti delle forse dell’ordine sull’isola – una stretta ai controlli sulla detenzione di materiale esplodente anche in vista del periodo natalizio, quando anche sull’isola arrivano «scorte» di fuochi pirotecnici proibiti da utilizzare per le feste di fine anno. E proprio in questi giorni è partita la controffensiva delle forze dell’ordine in tutta la provincia di Napoli. Un sequestro di botti proibiti è stato messo a segno nell’area nolana l’altro ieri. A Palma Campania i carabinieri hanno arrestato un uomo che era stato trovato in possesso di cento chili di materiale esplodente. I fuochi d’artificio, tutti rigorosamente vietati, erano custoditi in un garage nel pieno centro della cittadina vesuviana. Anche in questo caso le forse dell’ordine fanno notare come a essere messa in pericolo fosse l’incolumità delle persone, spesso anche ignare del pericolo. Qualche giorno prima, a Ercolano, due persone, padre e figlia, erano state denunciate perché in casa conservavano cento chili di botti che avevano fabbricato artigianalmente. In tutti i casi a rischio c’era l’incolumità dei possessori dei botti ma anche quella di tante persone che abitavano in zona.




Fatalità e poca attenzione in 9 anni i giochi pirotecnici hanno fatto diciotto vittime



Nel 1995, a gennaio, quattro morti ad Angri: i capannoni della ditta Romano vengono distrutti da tre esplosioni consecutive. Le vittime hanno un’età compresa fra i 27 e i 63 anni. Una quarta persona si salva nonostante la gravità delle ustioni riportate sull’80 per cento del corpo. La fabbrica era poco più di un capannone, ma la sua attività era stata regolarmente autorizzata. Terzigno, è il maggio del 2002: salta in aria la «Fireworks Superstar». Nunzio Improta, 60 anni, e Walter Dimates, 29 anni, ucraino, impiegato al nero, restano dilaniati dalla terribile esplosione; Giuseppe D’Antuono, 21 anni, di Angri, muore dopo una settimana di agonia nel centro grandi ustionati del Cardarelli. Quattro i feriti. La stessa fabbrica era scoppiata quattro anni prima: erano morte due persone, una delle quali era il padre di uno dei feriti della nuova tragedia. Agosto 2002, a Visciano, tre morti e tre feriti nell’esplosione della fabbrica dei fratelli Lieto. Sono Salvatore Lieto, 51 anni, titolare Giuseppe De Gennaro, 34 anni, di Sebastiano Russo, 27 anni, di Roccarainola, cugini, operai nella fabbrica. A luglio di quest’anno sei morti a Giugliano: Romualdo Vallefuoco, 28 anni, gli zii Giuseppe e Antonio, rispettivamente di 43 e 41 anni; Cristofaro e Antonio Lieto, padre e figlio, di 48 e 20 anni; e Carmine Napolitano di 23 anni. A settembre, invece, muoiono a Baronissi, nel Salernitano, Saverio Mele di 64 anni, e Antonio Risi di 63: saltano in aria insieme con la casa canonica di Sava: stavano preparando ghiochi pirotecnici.

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