Il poeta: dico 4 Sì, con i suoi appelli la Chiesa ha la pretesa di condizionare tutta la società
ROMA. Anche Edoardo Sanguineti, ai referendum del 12 e 13 giugno, voterà quattro Sì. Lo scrittore, poeta (ricordiamo la sua raccolta Mikrokosmos, Feltrinelli) e professore genovese ha dato la sua adesione ai comitati per il Sì, a testimonianza di un impegno militante che sente come urgente e necessario. «Il secondo quesito, quello riguardante la fecondazione eterologa, – ci dice – è il più delicato.
Ma anche in questo caso credo che debba prevalere il principio della libera scelta. Paradossalmente può darsi che in Italia nessuno, una volta garantita per legge, compirà questa opzione, ma è importante che ce ne sia la possibilità. Qualcuno invita le coppie sterili a effettuare un’adozione. Tuttavia sappiamo bene che c’è chi non se la sente di indirizzarsi verso questa alternativa e dunque è giusto che ci sia una strada diversa».
Professor Sanguineti, come vede invece la questione della ricerca sugli embrioni?
«Premetto che non sono un esperto di tali argomenti da un punto di vista tecnico, ma d’altra parte la discussione ha preso spesso, in queste ultime settimane, una piega più filosofica che scientifica. Ci si chiede quando comunica la vita. Dirò subito che non penso che appena l’ovulo è fecondato ci sia una vita, o meglio che ci sia una vita umana. È lo stesso problema dell’aborto. L’uomo è il prodotto di un’educazione. Esiste una differenza sostanziale, per così dire, tra la vita umana in potenza e la vita umana in atto. Se aboliamo questa differenza, allora possiamo attribuire dignità di persona anche all’embrione, come fa l’attuale legge. Certo, chi parla dell’anima ha un’altra posizione. Io invece penso che siamo noi a umanizzare quell’essere che viene alla vita e che sarà un uomo o una donna».
Vuole spiegare meglio questo punto?
«Penso sia importante evitare di mitizzare tutto ciò che è vita ma a un livello puramente biologico, perché ciò da un punto di vista filosofico non ha senso. Quando parla di “sacralità della vita”, qualcuno sembra appunto enfatizzare questo aspetto biologico, e magari poi si dimentica dei morti nelle guerre, degli incidenti sul lavoro, delle varie forme di sfruttamento e di schiavitù sparse sul globo. Va rispettata non la vita in astratto, ma la vita dell’uomo. Altrimenti si arriva a sostenere posizioni paradossali e assurde. Ritengo quindi che vadano incoraggiate le possibilità di sperimentazione e di ricerca a vantaggio degli uomini e delle donne. Certamente c’è una componente di responsabilità del ricercatore, che è quella che pertiene alla professione medica, a qualsiasi livello venga esercitata. Tenendo conto dei vantaggi che si possono ottenere, bisogna auspicare che la ricerca sugli embrioni venga praticata».
Lei sottolineava l’importanza del senso morale dello scienziato. Questo è un punto importante…
«Decisamente. Ma non è che per i rischi di un cattivo utilizzo dei risultati della ricerca scientifica si possa limitare il progresso della scienza. Tutto il mondo, volendo, è un’arma impropria: dai coltelli al nucleare. Eppure queste ultime sono invenzioni utili, che possono essere usate bene, come il più delle volte accade. Lo stesso dicasi della ricerca medica».
Come valuta i vari inviti all’astensione?
«Se sono convinto delle mie idee, le devo esprimere. Se voglio, posso votare no. Ma quando la Chiesa cattolica invita la gente a disertare le urne compie un gesto incivile. Che la Chiesa oggi sia particolarmente forte dal punto di vista mediatico lo abbiamo visto da tutto quello che c’è stato in occasione della morte di Giovanni Paolo II e dell’elezione del nuovo Papa. La tentazione di abusare di tale potere evidentemente esiste. La Chiesa sembra volersi costituire in una sorta di ‘civitas’ cristiana, pare cioè voler informare di sé l’intera società, compresi i non credenti. Basti pensare all’insistenza che hanno posto questi ultimi due Papi (Wojtyla da pontefice e Ratzinger da cardinale) sulle radici cristiane dell’Europa. Per loro si trattava di una questione centrale, decisiva. Va difesa la possibilità di esercitare la propria fede, ma anche il carattere laico dello stato. Oggi invece spesso questo non accade. Tanto che a momenti sembra quasi urgente parlare, anziché di “libera Chiesa in libero Stato”, di “libero Stato in libera Chiesa”».
Secondo lei, il referendum rischia di fallire per l’astensionismo?
«Non credo, ma certo è che bisognerebbe togliere il quorum dal referendum. Si dovrebbe far bastare una maggioranza semplice per renderlo valido. Constata la depoliticizzazione della società, la consultazione dovrebbe essere resa più semplice. In futuro potrebbe essere così».
Roberto Carnero -L’Unità 16/05/05


