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DAGLI ALBERGHI ALLE SCUOLE, LA FACCIA «PULITA» DEL CLAN
Nuvoletta, così la camorra ricicla i soldi «sporchi». La figura di Nocera

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MARANO. La faccia “pulita” della camorra, quella che si confonde tra la gente, quella che entra nei meccanismi sociali e cerca di non dare nell’occhio. Quella che si fa impresa.
Quarantasei milioni di euro. A tanto ammonta il patrimonio finanziario che, negli ultimi tre anni, il clan Nuvoletta di Marano, da sempre una delle organizzazioni camorristiche più “moderne” sulla scena criminale italiana, ha avuto la capacità di far scivolare negli ingranaggi dell’economia “pulita”, attraverso attività di impresa gestite con tutti i sigilli della managerialità.


Alberghi, centri commerciali, ristoranti, perfino una scuola materna: un’impresa con uffici di rappresentanza in tutta Italia e un team di manager da far invidia ai grandi gruppi imprenditoriali. Una ramificazione societaria complessa, un classico gioco di scatole cinesi, una struttura costruita ad arte su un albero di prestanomi per rendere difficili le inchieste dei magistrati e i collegamenti con il clan. La magistratura è riuscita comunque a metterci le mani e, in queste settimane, un pezzo per volta, ha sequestrato, con la sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Napoli (composta da Vincenzo Monte, Lucia La Posta e Paola Faillace), un vastissimo mosaico di beni.
Alla testa del gruppo economico, un imprenditore vero. Pietro Nocera, 46 anni, incensurato e latitante, ricercato dal novembre 2003, quando sfuggì a un blitz che portò in cella decine di esponenti di spicco dell’organizzazione criminale di Marano. Nocera è considerato dagli inquirenti la vera mente contabile del clan Nuvoletta. A lui sono riconducibili, direttamente o indirettamente, decine di movimenti di impresa compiuti, secondo i Pm della Procura anticamorra di Napoli, riciclando (e facendo fruttare) i soldi provenienti da attività illecite, traffico di droga e racket innanzitutto.


I metodi imprenditoriali di Nocera, però, nulla avevano a che vedere con il “protocollo” criminale; le sue erano imprese “pulite” nei metodi e nello stile. Si imponevano sul mercato per qualità e competenza, non cercavano mai scorciatoie né protezione. Concorrevano a gare d’appalto, pubblicizzavano il marchio, si proponevano ai clienti come fossero segmenti immacolati dell’economia di mercato. Unici nei, la provenienza dei mezzi finanziari (il clan Nuvoletta) e il destinatario degli utili (sempre il clan Nuvoletta).
Sono nate dentro questo schema rigoroso le attività della società Enea, di cui Nocera era titolare in compartecipazione. L’Enea era il cuore finanziario del clan: si occupava principalmente di lavori edili. Era riuscita ad ottenere, con metodi trasparenti, appalti pubblici per dieci milioni di euro. Apriva cantieri in tutta Italia: Emilia Romagna, Marche, Veneto. Aveva vinto gare d’appalto ad Ascoli Piceno, Reggio Emilia, Venezia, nelle province di Bologna e Frosinone. A Modena si era addirittura aggiudicata la costruzione di un complesso di case popolari, che poi aveva affidato in subappalto a una società formata ad hoc chiamata Consortile Modena con sede legale (curiosamente) a Qualiano, e riconducibile sempre al gruppo Nocera e al clan Nuvoletta.

All’intensa attività edilizia di Nocera vanno ascritti anche i movimenti di un’altra società, la Galleria 2000, che però si muoveva prevalentemente nel campo dell’intermediazione immobiliare. La società è risultata proprietaria di dieci immobili (a Marano), di diversi negozi e supermercati, di un garage pubblico di oltre mille metri quadrati, oltre a ville lussuose e alla stessa residenza di Nocera, una villa di quattro piani tra Qualiano e Marano. Molti degli immobili della Galleria sono risultati affittati a noti professionisti della città, che si sono detti ignari della provenienza illecita di quegli appartamenti.
Accanto all’attività edilizia ed immobiliare, il clan aveva, però, anche altre iniziative: diversificazione degli investimenti, si chiama nel gergo capitalistico. E Nocera, che di queste cose ne capisce, aveva costruito un bel portafogli di investimenti. Innanzitutto un albergo di lusso sul litorale domizio. L’hotel Ipanema, un tre stelle superiore, con suite e minisuite che si proponeva sui depliant turistici come “angolo di relax vicino al mare”. Peccato che il mare fosse quello di Varcaturo e che l’albergo fosse spesso costretto a riciclarsi come hotel a ore per coppiette in cerca di intimità. Oltre agli hotel, il clan non disdegnava i ristoranti. Specie quelli di lusso dell’area flegrea. Tra questi, “la tana del pascià”, un ristorante di tendenza di Pozzuoli, che per lungo tempo è diventato il punto di ritrovo dei ragazzi della Napoli bene. Il ristorante era intestato a Castrese Rega, 44 anni, di Marano, precedenti penali per droga e ritenuto un prestanome del clan Nuvoletta.

Infine, l’ultimo tassello delle attività di impresa del clan, è, paradossalmente, quello dei bambini: abbigliamento e scuola. Chi volete che vada a pensare che dietro una scuola materna ci sia la camorra? L’idea, geniale, però è saltata fuori comunque nelle complesse indagini degli inquirenti: la scuola materna privata Baby club di Qualiano aveva alcune quote intestate proprio alla società Galleria 2000, di cui era titolare Nocera, mentre altre quote erano distribuite tra gli insegnanti della scuola, per mimetizzare meglio l’attività. Gli insegnanti, in realtà, erano solo prestanomi: i ricavati andavano per intero a Nocera mentre agli insegnanti restano solo un sottopagato posto di lavoro. Sempre sul fronte dell’infanzia, il clan Nuvoletta aveva pensato bene di riciclare i soldi anche nei negozi di abbigliamento per bambini, sia per il commercio all’ingrosso che per il dettaglio. Sotto sequestro sono finiti la società “Leny sas” e il negozio “Verve bambino”, intestati a un altro ramo della famiglia Nuvoletta, quello degli Orlando, capofila di ingenti investimenti immobiliari in Spagna (il capo degli Orlando, Armando, detto “il tamarro”, adesso latitante, ha costruito un villaggio vacanze a Tenerife, nel cuore delle isole Canarie).
Quarantasei milioni di euro, dunque, il risultato di questa complessa ricostruzione di affari “puliti”. Alla testa, come detto, un vero imprenditore, Pietro Nocera. Sposato con Anna Pennacchio, due figli di 18 e 15 anni, Nocera è risultato, durante le indagini patrimoniali, intestatario di decine di ditte ed è stato più volte al centro di numerose compravendite di terreni edificabili e di immobili. Il suo identikit è quello classico dell’imprenditore: modi garbati e vita di lusso. Una mimesi perfetta.


“Nocera è di Qualiano – rivela Massimo Tipaldi, pentito del clan Nuvoletta, al pm Giuseppe Borrelli – fa una vita di lusso: possiede una Ferrari testarossa e perfino un piccolo aereo che utilizza un pista a Mondragone. E’ il prestanome del clan Nuvoletta-Orlando. Curava l’aspetto economico-finanziario delle attività del sodalizio criminoso. In particolare l’investimento dei soldi dell’organizzazione nei terreni e nell’edilizia in genere. Nocera era organicamente inserito nell’organizzazione dei Nuvoletta, Ricordo che una volta ebbi anche un litigio con lui e, dopo qualche giorno, venne da me Giuseppe Felaco (gruppo di fuoco del clan) per dirmi che Nocera era uomo dei Nuvoletta e quindi bisognava rappacificarsi”.
Uomo di camorra, dunque. Ma anche uomo di mercato e di affari.

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