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IL PARODOSSO DELLA FECONDAZIONE ASSISTISTA
Il tentativo di imporre principi etici nello Stato laico

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In queste settimane in Italia si assiste a un curioso dibattito. La parte politica che tanto combatte il talebanismo, che tanto attacca l’integralismo di marca islamica, che vuole esportare con le armi la democrazia, è impegnata in una paradossale crociata “talebanica”, proponendo, sotto le insegne vaticane, di imporre per legge a tutti, un principio etico e religioso non unanimemente riconosciuto.
Un embrione è vita vera, dicono alcuni. Un embrione è solo un progetto di vita, dicono altri. L’embrione è persona, dicono i primi. L’embrione è un nucleo di cellule, dicono i secondi. La comunità filosofica e quella religiosa discutono da tempo, senza trovare un approdo condiviso. Le opinioni a confronto sono illustri, scientificamente forti: premi nobel, da entrambe le parti, danno dignità a un dibattito profondo e irrisolto.


Quando un principio etico non è unanimemente riconosciuto è giusto che diventi legge di Stato?
Questo è forse il punto nodale del prossimo referendum sulla fecondazione assistita. L’embrione è persona, dice la legge, sposando, con una radicalità che spaventa, una delle due tesi e obbligando chi non la pensa così a uniformarsi.
Ecco, il talebanismo.


Negli Stati “confessionali” la religione è la legge e la legge è la religione: l’etica religiosa diventa codice e rispettarla è obbligo per tutti, anche per quelli che non credono. Negli Stati laici, la religione è la religione e la legge è la legge. Se un principio etico e religioso è patrimonio di tutti, diventa legge. Se non lo è, si lascia alla coscienza individuale la scelta.
In fondo, come si vede, è solo una questione di rispetto.


Che l’embrione sia persona è principio non riconosciuto da tutti. Quando è così, uno stato moderno e civile assume una posizione equilibrata.
L’equilibrio è laicità.


Con la legge sulla fecondazione assistita si impongono per legge, principi di parte. Un esempio, quello del quesito numero quattro. Se in una coppia, il maschio è sterile, i figli non possono arrivare. Scientificamente si potrebbe ricorrere a una donazione esterna. Il seme di un altro uomo viene impiantato nell’ovocida della donna, che così possono avere una gravidanza e un parto. E’ ovviamente una soluzione estrema. Il maschio della coppia, di fatto, può sentirsi estraneo a quella gravidanza. L’alternativa, però, è l’assenza di figli. Ci sono coppie che di fronte alla possibilità di non avere figli accettano la donazione di seme. E’ una scelta sicuramente difficile, complessa, lacerante. Ma alcuni si sentono di farlo perché è l’unica strada per partorire un figlio e la vogliono percorrere. Non tutti lo farebbero; molti, anzi, non lo farebbero mai. La legge vieta questa pratica. Viene da chiedersi, è giusto vietare questa scelta alle coppie che, alla fine di una estenuante sterilità, decidessero di ricorrere a questo strumento? E’ giusto che lo Stato entri così violentemente nella sfera privata di una coppia e decida di “ipotecarne” la coscienza, obbligandola a una scelta di principio?


Eccolo, il punto su cui, con questa legge e con questo referendum, rischia di collassare la laicità di uno Stato che deve obbligare e vietare sui principi generali e condivisi ma deve riconoscere, sulle scelte di coscienza, libera determinazione ai suoi cittadini.


Il dodici e il tredici giugno prossimo, al dunque, non si tratta di decidere se l’embrione è vita o progetto di vita (ciascuno ha la sua opinione): si tratta di decidere se è giusto o no che uno Stato faccia di un principio etico discusso e non condiviso, legge per tutti.


Ci sono poi aspetti paradossali che investono questa campagna referendaria e che fanno capire come sia ancora lungo il cammino dell’Italia sul terreno della democrazia e della civiltà. La Chiesa, per esempio: da decenni tutti, credenti e no, ci battiamo perché sia garantita la libertà di professione di qualunque fede religiosa. Nessuno si sogna di chiudere per legge le chiese o di vietare le pratiche religiose. La libertà di culto è un caposaldo della nostra società e della sua civiltà. Ma perché allora, mi chiedo, la Chiesa non ricambia l’attenzione ed evita di dirsi favorevole a una legge che obbliga anche i non credenti ad adottare comportamenti conformi a principi religiosi? Perché la Chiesa non dice: “l’embrione è persona e quindi i credenti lo rispettino; gli stati nazionali, però, facciano leggi su basi laiche e non obblighino nessuno a fare scelte che sono di coscienza”? Perché la Chiesa non fa uno scatto di orgoglio? Perché non si appella alle coscienze, lasciando stare i codici penali?
Sarebbe una bella lezione, oggi più che mai, a tutti gli integralismi religiosi e a tutti i fanatismi.
Un altro aspetto sconcertante di questa campagna referendaria è lo scivolamento di stile di alcuni personaggi. La Fallaci, per esempio: parla di frankstein, di eugenetica nazista, di bambini con gli occhi blu e di manipolazione come se una legge sulla fecondazione assistita o è talebana o non è. Anche qui, si sfiora il paradosso. Nessuno può essere così intellettualmente disonesto da confondere la laicità con l’anarchia. Chi dice che essere laici significa essere senza regole, o è in malafede o ha perso la bussola. La genetica e i rischi scientifici legati ad essa sono chiari a tutti ed è evidente che bisogna porre limiti e cautele. Ma uno stato laico e illuminato non può avere paura della scienza e chiamare nazista tutto quello che succede nei laboratori.


Anche qui, alla fine, è tutta una questione di equilibrio. Cioè di laicità.
Scelte di coscienza, non divieti religiosi.

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