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MARANO, SPOT IN GARA CONTRO LA CAMORRA
La storia di Giuseppe: 13 anni, «salvato» dal Festival

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MARANO. Lo chiameremo Giuseppe. Per gli assistenti sociali dell’Asl di Marano, uno grosso paesone alle porte di Napoli, è un ragazzino «senza speranze». Tredici anni, padre spacciatore, madre violenta. Un’esistenza segnata, quella di Giuseppe, che a scuola non mette piede e trascorre i pomeriggi a bighellonare nei pressi del municipio. Sono tanti i ragazzi come lui, in una periferia dove si cresce più in fretta che altrove. Dove se non ti difendi, morirai dannato. «Un bullo senza speranze», ripetono i medici. L’occasione, quella che ti cambia la vita, arriva in una mattina di inizio maggio. Gli insegnanti del «Marano ragazzi spot festival» – la manifestazione nazionale della pubblicità sociale – propongono a Giuseppe di partecipare ad un gemellaggio, quel progetto che permette agli studenti di altre scuole di ospitare, a casa propria, ragazzi della stessa età. Il 13enne sembra interessato, ma dall’Asl proprio non ne vogliono sapere: «E’ come gettare in mare un bambino che non sa nuotare», obiettano gli operatori sociali. «Pazienza, significa che gli metteremo i braccioli», replicano gli insegnati. Alla fine vincono loro. Il ragazzino parte alla volta di Venezia, e per una settimana alloggia a casa di uno studente coetaneo. Qui impara a realizzare uno spot sulla legalità, socializza con altri ragazzi, partecipa ai forum sul rispetto delle leggi. E’ lui il protagonista di una pubblicità sociale contro la dispersione. «La scuola li perde, la mafia ringrazia», recita lo slogan. Il 13enne sembra cambiato. E quando è il momento di ripartire, addirittura piange, lui che è abituato a risolvere i problemi con qualche cazzotto e un paio di parolacce.

Oggi il Giuseppe ha ripreso la scuola. «E se non verrà lasciato solo, c’è la possibilità di recuperalo – dice Rosario D’Uonno, coordinatore del “Marano ragazzi spot festival” – Il nostro obiettivo è di strapparne alla strada il maggior numero possibile. E la pubblicità sociale, in questo senso, è un grande strumento di coinvolgimento e partecipazione». Al concorso, giunto alla sua ottava edizione, partecipano 29 spot selezionati, provenienti dalle province di tutta Italia: Napoli, Milano, Siracusa, Savona, Venezia, Torino, Bergamo. Agli studenti delle diverse delegazioni sono sufficienti dai trenta secondi ai tre minuti per trasmettere, con i propri «piccoli» teleobiettivi, «grandi» messaggi. Le piccole illegalità o gli «innocenti» soprusi sono il soggetto comune degli spot: uno spunto per riflettere su problematiche di gravissima attualità quali il racket, la mafia, il rispetto, la diversità, la pace. Nasce così il cortometraggio sull’uso del casco (con l’elmetto che, in dialetto napoletano, «invita» una ragazzina a non abbandonarlo) o quello sul malcostume di parlare al cellulare mentre si è in auto.

Un’edizione, quella di quest’anno, arricchita dall’incontro con i ragazzi degli istituti penali minorili (Nisida, Airola, Casal di Marmo, Catanzaro, Lecce, Potenza, Santa Maria CV) e dall’uscita del libro-dvd sulla Costituzione italiana realizzato dalle scuole di Marano in collaborazione col magistrato Michele Del Gaudio. Ma è anche l’edizione che registra una «discreta diminuzione» delle adesioni da parte delle scuole di altre province. «Colpa del pregiudizio e dell’immagine di Napoli che rimbalza sui media», spiegano gli organizzatori. Che però non si rassegnano. Per D’Uonno «i problemi che affliggono la nostra realtà sono innegabili. E ci spingono ad insistere sul percorso intrapreso otto anni fa».

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