MELITO. I consiglieri «ribelli». In diciassette, nonostante i ripetuti «inviti» alle dimissioni giunti dalle segreterie provinciali e regionali, hanno rinnovato la fiducia al sindaco Gianpiero Di Gennaro. Nessuna marcia indietro, dunque, rispetto alle «richieste» giunte da Napoli all’indomani dell’inchiesta per inquinamento mafioso del voto 2003, la tornata elettorale che si concluse con l’elezione a sindaco dell’esponente della Margherita Di Gennaro. Lo stesso sindaco risulta indagato per associazione a delinquere assieme ad altre cinque persone (tre delle quali finirono in manette all’alba di sabato scorso). Una vicenda che gli inquirenti hanno definito paragonabile a quella della «Chicago degli anni 30». E come in un vecchio film americano, boss e padrini avrebbero minacciato candidati ed elettori affinché ubbidissero alle indicazioni del clan. Sospetti, al momento si tratta solo di sospetti: toccherà alla magistratura accertare come andarono realmente i fatti.
Ma gli effetti politici dell’inchiesta non tardano ad arrivare. Le segreterie napoletane di Margherita, Udeur e Idv (i tre principali partiti che sostengono la coalizione di centrosinistra) hanno chiesto la testa del sindaco: «Deve dimettersi, Di Gennaro non può continuare ad amministrare in questo clima di sospetti», hanno detto nei giorni scorsi assieme a Prc, Verdi e An. Una richiesta che il Consiglio comunale di ieri sera non ha accolto. Così come non ha accolto la richiesta della Cdl di avviare un «dibattito politico in merito alla vicenda». «Vorremmo conoscere la posizione della maggioranza rispetto alle sfiducie giunte da Napoli», ha detto il capogruppo di An Gennaro Cecere. La proposta è stata bocciata e i sei consiglieri di An, Fi, Udc e Verdi hanno abbandonato l’aula in segno di protesta.
Il sindaco Di Gennaro ha incassato la fiducia della coalizione dopo un breve discorso introduttivo. «Sono sottoposto ad un’indagine della Procura antimafia – ha riferito in aula il primo cittadino – Ma sono certo di poter dimostrare la mia totale estraneità rispetto alla vicenda. Deciderò nelle prossime ore se continuare ad amministrare la città o lasciare l’incarico». Alle ripetute sollecitazioni rispetto alle dichiarazioni rese nei giorni scorsi da Piccolo e Gambale (Margherita), Formisano (Idv) e Terracciano (Udeur) ha replicato il capogruppo della Margherita Venanzio Carpentieri: «Le sorti di Melito si decidono qui, non a Napoli. Le segreterie provinciale hanno il diritto di dire ciò che vogliono. Ma se ognuno di noi siede nei banchi del Consiglio non lo deve di certo ai vari Piccolo o Gambale, ma ai consensi conquistati a Melito. Decideremo autonomamente se lasciare o meno. I veti napoletani non ci interessano». Indignata la replica di Ornella Barbato, dirigente nazionale dell’Udeur, spedita a Melito come «osservatore speciale»: «Questa è la negazione della politica. A questo punto straccino anche le tessere dei partiti. Per la politica, qui, non c’è più spazio».
UF IL MATTINO 25 NOVEMBRE 2005
E LE SEGRETERIE PROVINCIALI PASSANO ALL’ATTACCO
MELITO. «Non ci sono più i presupposti per mantenere in pedi l’esperienza Di Gennaro, sindaco e consiglieri dovrebbero dimettersi. La Margherita ha dettato una linea politica chiara: o la si rispetta o si è fuori. Non si può utilizzare il simbolo del partito e coinvolgerlo in una vicenda dove manca il minimo senso di responsabilità». Così Salvatore Piccolo, segretario provinciale del partito di Rutelli, replica alle dichiarazioni rilasciate dal capogruppo locale della Margherita. «Il futuro si decide qui, non certo a Napoli», aveva detto Venanzio Carpentieri nel corso del Consiglio comunale che ha rinnovato la fiducia al sindaco Di Gennaro (anche lui della Margherita) indagato nell’ambito dell’inchiesta sull’inquinamento del voto 2003.
Piccolo – che già nei giorni scorsi aveva «invitato il sindaco a dimettersi per mettere fine alla spirale di veleni» – non esclude «l’adozione di provvedimenti» nei confronti dei «consiglieri ribelli»: «Il partito è fatto di regole, principi e valori. O si rispettano oppure si è fuori», dichiara al telefono.
Nell’occhio del ciclone sono anche finiti i sette consiglieri dell’Udeur. «Anziché fare un passo indietro come era stato loro esplicitamente richiesto, i consiglieri comunali hanno pensato bene di coalizzarsi e rinnovare la fiducia al sindaco – dice un indispettito Bruno Terracciano, segretario provinciale del Campanile – Non capisco francamente le motivazioni: l’esperienza amministrativa di Melito è arrivata al capolinea, l’unico gesto di responsabilità sarebbe rassegnare le dimissioni». Terracciano se la prende, in particolare, con Aniello Ferraro, il locale capogruppo del suo partito: «Aveva ricevuto un mandato chiaro. E invece si è seduto al tavolo del consenso assieme agli altri. E’ assurdo». «Niente di incomprensibile – replica Ferraro – Abbiamo solo accordato una pausa di riflessione al sindaco prima di decidere sul da farsi».
Dall’opposizione non restano a guardare. Anche i Democratici di sinistra «chiedono atti consequenziali immediati» rispetto ai provvedimenti emessi sabato scorso (tre arresti e la perquisizione dell’abitazione del sindaco). In una nota, la segreteria provinciale della Quercia «invita l’attuale sindaco a dimettersi al fine di aprire una nuova fase politica, così come da troppo tempo richiesto dalla cittadinanza di Melito».
UF IL MATTINO 26 NOVEMBRE 2005

