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lunedì, Maggio 6, 2024
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Infermiere sgozzato e bruciato

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L’ultimo appuntamento alle 15,30 di ieri, l’incontro per spiegarsi e per trovare la pace. Gli ultimi minuti di vita a poche centinaia di metri dalla sua casa di via San Michele – in un appartamento, in un garage o in una officina – luogo che aveva raggiunto senza l’auto, ieri sera ancora parcheggiata nella stessa strada. Più tardi avrebbe dovuto prendere servizio alla clinica del Sole, a Casagiove, dove lavorava come infermiere professionale. Ma nella casa di cura di via Nazionale Appia non è mai arrivato. Lo hanno fermato prima, a colpi di coltello: all’addome e poi alla gola, un taglio netto e profondo che gli ha quasi staccato la testa. Morto sul colpo, ucciso e poi bruciato, perché si pensasse a un omicidio di camorra; perché l’identificazione diventasse impossibile o fosse, quanto meno, ritardata quel tanto che serviva a cancellare ogni traccia del delitto. Antonio Matarazzo, 41 anni, è morto così, tra le 15,30 e le 18,30 di ieri, quando i vigili urbani di Marcianise, avvertiti da un contadino, hanno trovato i suoi resti nelle campagne di Casapuzzano, a poche decine di metri da Oromare. Il fuoco, appiccato con un accendino (ritrovato tra l’erba) era ancora acceso ma non aveva completato la sua opera. Il corpo dell’infermiere – trasportato con uno scatolone e avvolto in un foglio di cellophane (forse per impedire che il sangue macchiasse l’interno dell’auto degli assassini) era ancora integro, il volto riconoscibile, leggibile la fede che portava al dito, sulla quale era inciso il nome della moglie, Rosa. Sopravvissuto alle fiamme il telefonino, che ha iniziato a squillare quando ancora i poliziotti della Squadra mobile di Caserta e del commissariato di Marcianise si interrogavano sull’identità del morte. Era un amico di Matarazzo, è stato lui a rivelarne l’identità agli investigatori e poi ad avvertire la moglie, Rosa Tartaglione, pure lei infermiera, pure lei dipendente della stessa casa di cura. Non è stato omicidio di camorra, questa è la sola certezza degli investigatori. Ma le indagini, fino alla tarda serata di ieri, non avevano escluso nessun’altra pista: dalla vendetta per motivi di interesse al litigio passionale, poi degenerato. E la vita della vittima, così come ricostruito dalla polizia, non aiuta a sgomberare il campo. Incensurato, sconosciuto ai casellari giudiziari, era arrivato a Marcianise – dalla nativa Pignataro Maggiore – subito dopo il matrimonio. Con la moglie era andato a vivere in via San Michele, alle spalle del quartiere San Giuliano e vicinissimo al luogo dove è stato trovato il suo cadavere, una campagna alla quale si accede attraverso una sola strada che porta fin quasi alla sua casa. I due non avevano avuto figli. Pare che i rapporti con i familiari acquisiti non fossero dei migliori, poco si sa di quelli con la moglie. Chi lo aveva frequentato per motivi di lavoro parla di Antonio Matarazzo come di una persona con un carattere non facile, ma che amava divertirsi, soprattutto fuori casa, dopo i turni di lavoro: con gli amici, al bar o in pizzeria. Ma frequentazioni ambigue o pericolose non risultano, o almeno non risultavano fino a ieri sera. Debiti? Nessuno ne ha parlato, ma neppure questa ipotesi è stata scartata dagli investigatori, che fino a notte inoltrata hanno interrogato familiari, vicini di casa, compagni di lavoro. Tra i quali, non l’hanno affatto escluso, potrebbe anche esserci l’assassino.


ROSARIA CAPACCHIONE – IL MATTINO CASERTA 4 MAGGIO 2007

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