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venerdì, Maggio 17, 2024
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Caccia al cimitero segreto delle scorie tossiche

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Scavano, scavano ancora. Continueranno a farlo fino a quando non troveranno i fusti interrati, quei rifiuti tanto pericolosi da non poter essere neppure nominati. «Quella roba là», dicevano. E si capiva che era roba che faceva male, e che bisognava stare attenti al trasporto. I carabinieri del Noe stanno cercando le scorie tossiche arrivate in Campania da non si sa dove, forse dall’estero, e affidate agli stessi autotrasportatori che lavoravano per conto di Sorieco, Agizza, De Vizia. Il cimitero dovrebbe essere tra Battipaglia ed Eboli, zone dove anche di recente sono stati ritrovati per caso bidoni di sostanze chimiche molto pericolose. Ma per ora, a guidare le ruspe, c’è soltanto la traccia telefonica lasciata dagli indagati, le trentotto persone destinatarie dei decreti di fermo del pm sammaritano Donato Ceglie nel quale vengono contestati i reati di disastro ambientale, smaltimento illegale di rifiuti, associazione per delinquere, frode. Quello raccontato nelle 93 pagine dell’atto d’accusa è un sistema radicato e ramificato sul quale si sono costruite fortune – il giro d’affari stimato è di cinquanta milioni di euro – giocando sulla salute della gente. Sistema capillare che ha contribuito a deteriorare ulteriormente il già precario meccanismo di smaltimento dei rifiuti in un territorio degradato e inquinato. Un sistema parallelo contro il quale la Regione ha annunciato che si costituirà parte civile: «Non staremo a guardare – ha detto Andrea Cozzolino, assessore all’agricoltura e alle attività produttive – e avremo un ruolo attivo nei processi sullo sversamento illegale dei rifiuti tossici e sul traffico di suini infetti». accuse circostanziate, fondate sul contenuto di centomila intercettazioni telefoniche riscontrate da filmati, sequestri, fotografie. E tali le ha ritenute il gip di Sala Consilina che ieri mattina ha interrogato Angelo Di Candia e Biagio Di Gruccio, agricoltori di Teggiano che avevano accettato di nascondere i fanghi di depurazione nei loro terreni. Il giudice, dopo averli interrogati, ha confermato la detenzione, ritenendo che gli indizi di colpevolezza fossero gravi e circostanziati, così come il pericolo di inquinamento delle prove. Atti che poi sono stati trasmessi, per competenza territoriale, al Tribunale di Santa Maria e al giudice Egle Pilla – che aveva seguito le indagini dei due precedenti tronconi dell’inchiesta «Chernobyl» – che stamattina interrogherà gli altri fermati. Un lavoro diviso tra vari magistrati, sia in provincia di Benevento (dove gli interrogatori dei tre arrestati sono iniziati ieri sera), sia a Napoli, e che dovrebbe concludersi oggi. Motivando le ragioni per le quali i due agricoltori devono restare in carcere, il gip di Sala Consilina ha dato molto spazio alla rilevanza sociale e sanitaria dello smaltimento illegale dei rifiuti provenienti dai quattro depuratori della Campania (ora tutti sequestrati) e ceduti come compost. E soprattutto alla consapevolezza del pericolo. Consapevolezza che traspare in molti passi delle intercettazioni telefoniche allegate al decreto di fermo. Significativa quella tra una impiegata di Naturambiente – società di compostaggio di Castelvolturno e la madre. È il pomeriggio del 9 febbraio 2006 quando la ragazza, si chiama A., chiama casa, una telefonata di routine nella quale s’informa su cosa la mamma stesse facendo. E lei: «Guardo la televisione e poi devo preparare i broccoli». Ed ecco che scatta il campanello d’allarme. A. si preoccupa, vuole sapere dove li ha comprati: «Vedi come sono, sono buoni? Tu come li vedi?». La madre la rassicura, lei spiega: «Mi metto paura perché sono delle terre di Natura». Poi aggiunge: «Però sono i nuovi, adesso sono buoni». Ma la mamma non è convinta, sa che la «robaccia» è stata sepolta un po’ ovunque: «Perché stanno da qua, da lì, intorno a lì….». Ma A. chiarisce che a Mondragone non ci sono. E i broccoli che si vendono a Castelvolturno arrivano proprio da Mondragone.



ROSARIA CAPACCHIONE – IL MATTINO 06/07/2007

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