E’ in corso un maxi blitz del Raggruppamento Operativo Speciale dei carabinieri, impegnati nelle prime ore di stamane in una ventina di perquisizioni domiciliari nei confronti di altrettante persone, indagate, a vario titolo, per il reato di procurata inosservanza di pena aggravata dal metodo mafioso in favore del latitante Attilio Cubeddu, ricercato dal 1997 e condannato anche per il sequestro dell’imprenditore bresciano Giuseppe Soffiantini, ex proprietario di una fabbrica tessile a Suni.
Presunte tracce biologiche di Attilio Cubeddu
L’operazione si è svolta sotto il coordinamento della Procura distrettuale antimafia di Roma e ha visto il supporto, in fase esecutiva, dei Comandi provinciali Carabinieri di Nuoro e Livorno, del Raggruppamento investigazioni scientifiche di Cagliari, dello squadrone eliportato Cacciatori Sardegna e dell’XI Nucleo elicotteri Carabinieri di Cagliari.
Le perquisizioni sono state eseguite principalmente nell’Ogliastra e si sono rese necessarie per la ricerca di elementi essenziali per la cattura del latitante. In particolare sono stati interessati familiari e personaggi legati a vario titolo a Cubeddu. Sono inoltre in corso accertamenti per l’acquisizione di tracce biologiche del latitante al fine di risalire al suo profilo genetico completo.
Il latitante ricercato dal 1997
Attilio Cubeddu è ricercato dal 1997, dopo non aver fatto rientro nella Casa Circondariale di Badu ‘e Carros di Nuoro, al termine di un permesso.
Il latitante era stato incarcerato per sequestro di persona e altri reati. Insieme ad altri sodali, aveva partecipato nei primi anni Ottanta ad alcuni sequestri di persona a scopo di estorsione in Toscana e in Emilia Romagna, ai danni di Cristina Peruzzi e di Patrizia Bauer.
Successivamente venne condannato per il sequestro dell’imprenditore bresciano Giuseppe Soffiantini, commesso durante i primi anni di latitanza. Soffiantini rimase nelle mani di rapitori 237 giorni, dal 17 giugno 1997, quando venne prelevato dalla sua abitazione di Manerbio, fino al 9 febbraio 1998 quando venne liberato ad Inpruneta, in provincia di Firenze, dopo il pagamento di un riscatto di 5 miliardi di lire.