Un’aggressione in piena regola. Quella portata dal gotha del clan Mazzarella ad un costruttore navale di San Giovanni a Teduccio. C’è anche questo retroscena nell’ultima maxi ordinanza che ha decapitato il nuovo corso del clan è in particolare la linea guidata prima da Michele Mazzarella e poi da suo cugino Luciano Barattolo. A denunciare tale aggressione proprio l’uomo in rapporti con Salvatore Rea, un altro degli indagati e per la Procura vicino proprio a Michele Mazzarella ‘o fenomen.
Il racconto dell’imprenditore
A raccontarlo lo stesso imprenditore:” Sono arrivati al mio cantiere e Salvatore ha detto minacciandomi ‘Cosa ci vogliamo fare a Salvatore … ci vogliamo prendere i soldi di Salvatore?’ A questo punto capendo che costoro mi volessero quantomeno malmenare, ho cercato di guadagnare l’uscita celermente. Appena uscito fuori, uno di loro ha estratto da un borsello di colore scuro, una pistola semiautomatica di piccole dimensioni di colore nero e grigio e me l’ha puntata contro. Io, essendo esperto di arti marziali, sono riuscito a bloccargli il braccio e nel contempo mi sono divincolato anche dalla presa di uno degli
altri uomini presenti sul posto e che – soprattutto – nel frattempo era giunto a dar manforte all’uomo con la pistola. Alla fine sono riuscito a scappare, rifugiandomi nella mia abitazione, che, come ho prima specificalo, si trova affianco al cantiere. In quei frangenti, tra i miei ‘assalitori’ ho notato la presenza diMazzarella Michele, oltre che, come ho riferito di Salvatore Rea. Mentre il Rea era entrato all’interno del cantiere, Mazzarella allorquando l’ho veduto era all’esterno e credo che quando mi abbia intravisto, si sia meravigliato. Ribadisco che sono riuscito a guadagnarmi l’uscita grazio alla mia prontezza di comprendere subito che queste persone in quel momento erano in procinto di aggredirmi”.
Come raccontato dall’uomo in sede di denuncia l’aggressione, a suo dire, era riconducibile a due motivi: il primo relativo ad un sequestro di persona che i Mazzarella volevano effettuare in danno dello stesso Rea, particolare poi riferito dallo stesso imprenditore a quello che riteneva un amico.
L’altro motivo dell’aggressione
Poi l’altro motivo che, secondo l’uomo, potrebbe aver spinto il clan a volergliela far pagare: “Presuppongo che un altro motivo sia poi il fatto che quando sono andato negli uffici di Salvatore Rea ho ‘sbirciato’ che in una stanza attigua (probabilmente facente parte dell’abitazione) a quella che mi trovavo, vi
era un’ingente somma di denaro contanti. Il Rea che ha notato la cosa, nei giorni successivi, ha iniziato a
farmi delle domande in merito. In particolare mi ha chiesto se io avessi parlato dei soldi con qualcuno. Preciso
che oltre al Rea anche tali Ciro e Angelo, inviati dallo stesso Rea, mi hanno chiesto in più ciriostanze se avessi parluto con qualcuno dei soldi. Ribadisco che in più circostanze, credendo che il Rea, fosse una persona “perbene”, l’ho invitato a non frequentare Mazzarella Michele, il tale Ciro ed il tale Angelo, che io reputo persone di “malaffare”. Infine aggiungo che in un paio di circostanze ho assistito a dialoghi tra il
Rea, il Ciro ed il tale Angelo; gli stessi in particolare hanno parlato di soldi da corrispondere ai maranesi, con precisione circa 2,5 milioni di euro. Poi hanno nominato un’altra persona alla quale dovevano 100mila
euro, tale Emanuele di Volla; infine la somma di euro 85mila da recapitare a tale Mario di Massa di Somma. In buona sostanza, ribadisio che io ho sempre creduto che Rea Salvatore fosse una persona onesta
e villima di queste persone che ho indicato di “malaffare”. Ribadisco, infine di aver riferito più volte a Rea Salvatore di “salvaguardarsi” soprattutto dal tale Angelo e da Patrizio Fiume, in quanto, come anzidetto, avevano pianificato un vero e proprio sequestro di persona ai suoi danni”