di Emmanuele COPPOLA
Non è stata ancora formalizzata la cessione alla Diocesi di Aversa
Ai concittadini sensibili per cultura e spiritualità, tradizionalmente ancorati ai valori francescani, è dispiaciuto che, poco più di sedici mesi fa, il 1° settembre 2022, i Frati abbiano dovuto lasciare il paese, dopo giusto quattrocento anni dalla costruzione del Convento, essendo stati sempre ben voluti come testimoni diretti e discepoli del Poverello di Assisi. Non stiamo a indagare sulle vicissitudini che portarono alla ‘‘soppressione’’ del Convento di Giugliano, insieme ad altre simili strutture della Provincia Minoritica Napoletana. Vogliamo solo ricordare che c’è stata, allora, una veloce e convinta, quanto effimera, sollevazione popolare contro le motivazioni che avevano portato alla sua preannunziata chiusura, o – meglio – all’allontanamento da Giugliano dei pochi Frati che avevano resistito tra tante ignote difficoltà attinenti alla gestione dello storico edificio monumentale. Fu, quella, una sollevazione di popolo, diciamo spontanea, ed anche strumentale, perché non tutti riuscivano ad accettare la logica della necessità, perché, ovviamente, non sapevano che una Comunità francescana, per continuare ad esistere, doveva essere rappresentata da almeno tre Frati efficienti e disponibili, cosa che non c’era ormai nel nostro Convento, sia per l’anzianità di un frate laico, Fra Gaspare, sia per la malattia di un altro frate sacerdote, che era limitato nell’esercizio pastorale della sua missione a Giugliano.
Ed anche il Guardiano, Padre Antonio Sannino, senza recriminare, ma non contento in cuor suo, dovette, in quel frangente, tener fede al voto dell’obbedienza. Confusi tra il popolo minuto dei fedeli, si vestirono a lutto, e si stracciarono le vesti, i benpensanti più o meno facinorosi, molti dei quali non erano mai entrati nella chiesa del Convento, confondendo, nelle loro esternazioni di piazza, i Frati Minori con i Padri Cappuccini, e facendo già serpeggiare le più incredibili proposte di riutilizzo dei locali che si sarebbero potuti ricavare dallo smembramento delle superfici calpestabili. Insomma, si volevano già spartire le vesti di Gesù ai piedi della croce. C’ero anche io, a margine della turba, non perché ero accorso davanti al Convento insieme con gli altri, ma perché ci stavo, in quell’edificio monumentale e accanto ai Frati, da oltre quarantacinque anni. Ero toccato, quindi, anche io dal dispiacere per quella improvvida diaspora dei Francescani, ma sapevo che non ci sarebbe stato niente da fare per poterla evitare. E auspicavo, razionalmente, che il Convento non finisse nelle mani di una qualsiasi pubblica amministrazione politica, che lo avrebbe fatalmente chiuso alla Città di Giugliano, per farne un multi-serraglio ad uso esclusivo di poche categorie di associazioni privilegiate. Ho ritenuto e scritto, in quel frangente, in quella ridda confusionaria di voci, che la soluzione che si era già prospettata sarebbe stata la migliore per noi tutti cittadini di Giugliano, ovvero che la proprietà del Convento fosse trasferita alla Curia Diocesana di Aversa, confidando nell’accorta lungimiranza del Vescovo, che lo avrebbe restituito alla cittadinanza giuglianese con le opportune modalità di gestione. Hoc erat in votis, e così è stato, perché, di fatto, il Convento Francescano Santa Maria delle Grazie non è stato mai chiuso.
Nei primi cinque mesi, dopo la partenza dei Frati, è stata assicurata l’ordinaria gestione della chiesa, con il prosieguo delle attività liturgiche coordinate dal Parroco di San Marco, Don Leonardo Bruno, coadiuvato dal Vicario Foraneo Mons. Angelo Parisi. I gruppi che già operavano, in presenza dei Frati, nella È venuta meno la benevolenza francescana dei concittadini Non è stata ancora formalizzata la cessione alla Diocesi di Aversa comunità conventuale, hanno continuato a gestire i loro impegni e attività associative, e a dialogare con il reggente parrocchiale nominato dal Vescovo. E mi riferisco, in primis, al Terz’Ordine Francescano, alla Comunità del Rinnovamento nello Spirito, al Gruppo Scout Giugliano 1, ai Cantori, Liturgisti e Ministranti, e al Gruppo di donne Marta e Maria, scandendo giorno per giorno la disponibilità ordinata degli spazi e dei locali secondo le esigenze di tutti. Nel febbraio scorso, ovvero circa un anno fa, c’è stata una svolta significativa ed importante, perché il nostro Vescovo, Sua Ecc. Mons. Angelo Spinillo, ha nominato Rettore del Convento Francescano il Sacerdote Don Massimo Del Prete, sollevandolo dal precedente incarico che ricopriva come Parroco di Sant’Anna. Dunque, non ci sono più i Frati, ma il Convento c’è, ed in piena efficienza, aperto alla Città di Giugliano già dalle otto del mattino e fino a tarda sera; in chiesa fervono le attività liturgiche, con due Messe quotidiane celebrate dal solo Don Massimo Del Prete, perché al Convento, non essendo Parrocchia, non è stato assegnato un altro Sacerdote.
Il Convento c’è, e vi si mantiene viva ed operante la sua identità francescana. Per l’annuale ricorrenza della Perdonanza di Assisi, che si celebra il 2 agosto, si è mantenuta allestita, attorno all’altare, e fino al 10 ottobre, la riproduzione lignea della Chiesetta della Porziuncola di Santa Maria degli Angeli. Intanto, si è vissuto solennemente il Triduo di San Francesco ad inizio ottobre, con l’uscita del Santo Poverello in processione per le strade del quartiere, col ritrovato gran concorso dei fedeli. Il Convento c’è, corrispondendo così alle attese di quanti avevano manifestato temendone la chiusura, e che quasi si dichiaravano tutti pronti, circa diciotto mesi fa, a sostenerne la continuità a servizio dell’intera comunità cittadina. Se, però, il Convento c’è per la Città di Giugliano, con la massima disponibilità possibile, nonostante non siano state ancora perfezionate le procedure per il passaggio dalla Provincia Minoritica di Napoli alla Curia Diocesana di Aversa, devo rilevare che fino ad oggi non si è registrata, da parte dei concittadini, una generosa corresponsione di interesse, che si dovrebbe accompagnare alla comprensione delle difficoltà che comporta l’ordinaria gestione del Convento, magari cominciando a distinguere e a capire che esso non è una Parrocchia, e che, pertanto, ad esempio, non vi si possono officiare i Battesimi e i Funerali, che sono i due fondamentali Sacramenti che accompagnano l’esistenza di un Credente cristiano che si riconosce, per il Diritto canonico, in una specifica comunità territoriale, sulla quale ha giurisdizione spirituale il Parroco. Questo specifico argomento ha sollevato qualche perplessità, per disinformazione, in quanti hanno creduto che il Rettore del Convento volesse esimersi dall’obbligo pastorale di celebrare i Funerali, polemizzando sulla presunta convenienza di aprire la chiesa solo per i Matrimoni, facendone una questione discriminante di ordine economico. Ma non è così. E, a tal proposito, la questione sollevata richiede un chiarimento: non si può pretendere dal Convento, inteso come Chiesa, ciò che rappresenta una Parrocchia, alla quale sono riconosciute altre e più complesse competenze pastorali, con ampie facoltà decisionali riservate al Parroco.
Detto questo, c’è da rilevare che i concittadini fino al presente, da quando i Frati francescani sono stati costretti a lasciare Giugliano, non hanno dimostrata una eguale e misurata attenzione per il Convento (che non è stato chiuso), ovvero per le sue reali esigenze di gestione, per le spese ordinarie, a cominciare dalla chiesa. Ebbene, sappiamo quanto fossero generosi i concittadini con i Frati, con le loro offerte, in denaro ed in natura, diciamo pure per sensibilità tipicamente francescana, che sarebbe la profonda motivazione che li spinse a manifestare nell’estate del 2022. Passato quel generoso entusiasmo di popolo, riconfermata l’identità francescana del Convento, gli animi dei nostri concittadini si sono raffreddati. È proprio il caso di ricordare quell’adagio sapienziale, secondo il quale fin troppe volte è l’abito che fa il monaco, ed in questo caso è l’abito che fa San Francesco, con tutto quello che ne deriva. Praticamente, al Convento Francescano di Giugliano non arriva quasi più niente, e si pretenderebbe di tenerlo aperto, così la chiesa, per un diritto virtuale dei concittadini, che non vi si rivolgono neanche più per la celebrazione delle Messe per i propri defunti. E che dire, poi, dei Matrimoni che hanno continuato a celebrarsi, se non che gli sposi, quasi sempre, nell’anno appena trascorso, hanno lesinato il minimo necessario contributo, mettendo una ventina di euro in mano al celebrante, se non lo hanno addirittura ignorato nell’uscirsene dalla chiesa fastosamente addobbata. Ma probabilmente questi sono in concittadini che nella chiesa del Convento Francescano non ci erano mai stati, o che, durante la protesta, nell’estate del 2022, avevano confuso i Frati Minori con i Padri Cappuccini.