La prima stagione di Alessandro Buongiorno al Napoli è stata un viaggio intenso, fatto di crescita, consapevolezza e momenti che, anche se apparentemente casuali, sembrano scritti dal destino. Ai microfoni de La Stampa, il difensore classe 1999 racconta l’annata azzurra, tra le difficoltà iniziali e la progressiva maturazione sotto la guida di Antonio Conte.
“Abbiamo capito di poter lottare fino alla fine durante Napoli-Inter”, confessa Buongiorno. “Pareggiammo 1-1, ma fu una partita giocata alla pari, se non meglio. In quel momento ci siamo detti: ‘Allora siamo forti’”. Un passaggio chiave nella mentalità del gruppo, che ha iniziato a credere davvero nelle proprie possibilità contro ogni avversario.
Grande parte del merito, secondo Buongiorno, va ad Antonio Conte, tecnico capace di incidere non solo tatticamente, ma anche a livello mentale: “Conte ti entra nella testa e ti migliora, va proprio così. Io credo di essere cresciuto nella gestione della palla sotto pressione, nella comunicazione con i compagni e nel guadagnare metri palla al piede. Ma attenzione: prima di tutto bisogna saper difendere. Guai a dimenticarselo”. Parole che fotografano l’identità costruita dal tecnico e assimilata da un gruppo in cerca di riscatto.
L’incontro con Conte e l’obiettivo Maradona
Curioso e quasi cinematografico il primo contatto con Conte, avvenuto in modo del tutto inaspettato. “Era il 6 giugno, giorno del mio venticinquesimo compleanno. Spalletti ci aveva dato un giorno di riposo prima degli Europei e avevo organizzato una cena con amici in un ristorante di Torino. A un certo punto il cameriere mi si avvicina e dice: ‘Ale, c’è il tuo nuovo mister nell’altra sala’”. L’incontro fu casuale, come sottolinea il difensore, ma significativo: “Era la prima volta che parlavo con lui”. Ora Buongiorno è determinato a chiudere la stagione con un’ultima presenza: “Sto lavorando per essere pronto per la partita contro il Cagliari, l’ultima al Maradona. Sarebbe bello tornare in campo davanti ai nostri tifosi”.