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martedì, Maggio 7, 2024
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Ferito dal cugino per vendicare uno ‘sgarro’, anche Nasti si consegna

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Si è presentato ai carabinieri accompagnato dal suo legale Luigi Nasti, il 38enne del Vomero, accusato di aver partecipato all’agguato contro Luca Mangiapia ‘accusato’ di un furto ai danni del cugino e per tale motivo ferito (leggi qui l’articolo precedente). L’uomo, indicato come vicino ad ambienti dei Cimmino, è adesso in carcere in attesa dell’udienza di convalida che si terrà dinnanzi al gip lunedì. L’altro fermato, Raffaele Petrone (cugino della vittima) è stato invece messo agli arresti domiciliari con l’accusa di tentato omicidio derubricata in lesioni grazie alle argomentazioni dei suoi legali, gli avvocati Leopoldo Perone e Giuseppe Biondi. Mangiapia era accusato di aver compiuto un furto in danno del fratello dello stesso Petrone. Una sorta di mini guerra familiare visto che la vittima e Petrone sono anche cugini. Per quell’episodio Petrone e Nasti erano stati raggiunti da un decreto di fermo: nel dispositivo vi è tutta la ricostruzione dell’agguato e dei motivi che hanno portato al ferimento di Mangiapia che in ospedale ha subito l’amputazione del piede.

Il racconto del padre della vittima

Fondamentale per la ricostruzione della dinamica le dichiarazioni del padre della vittima che, ascoltato dai carabinieri, ha dichiarato:«Mio figlio Luigi (fratello della vittima ndr) mi raccontava che ad aver cagionato le ferite inferte a Mangiapia Luca erano stati i suoi cugini, tali Petrone Raffaele e Petrone Giuseppe (questi ultimi fratelli tra loro). In particolare, secondo quanto riferitomi da mio figlio Luigi, il motivo per cui i fratelli Petrone avevano fatto del male a Luca risiedeva nel fatto che gli stessi, credo la settimana scorsa, avessero subito un furto in abitazione di orologi di valore, soldi ed oro, ed incolpavano dell’accaduto proprio Luca sulla base di alcune videoriprese di sorveglianza. Sul punto, preciso di non sapere quale sia l’abitazione in cui si sarebbe verificato tale furto. Tali cose, Luigi mi diceva di averle apprese in quanto stanotte- prima di recarsi in ospedale – era stato contattato telefonicamente da sua zia, tale Petrone Monica la quale gli aveva chiesto di raggiungerla immediatamente a casa. A dire di Luigi, giunto presso tale abitazione aveva trovato, oltre alla zia Monica, anche i propri cugini che in tale frangente gli avrebbero detto che avrebbe dovuto recarsi in ospedale a vedere “se Luca è vivo o è morto perché gli abbiamo sparato”. Credo sia stato sempre in tale frangente che i Petrone abbiano raccontato a Luigi i motivi del gesto e, sempre secondo quanto raccontatomi da quest’ultimo, gli hanno anche mostrato dei fotogrammi estrapolati dalla videosorveglianza del luogo in cui si sarebbe verificato il furto di cui loro accusavano Luca quale autore. Preciso che Lugi mi ha detto che, in realtà, in tali fotogrammi si evinceva la presenza di più soggetti e di non essere assolutamente in grado di riconoscere senza ombra di dubbio Luca fra questi».

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Il racconto di Mangiapia

Incalzato dagli inquirenti la stessa vittima ha poi chiarito quanto accaduto la sera del raid quando poi è stato colpito all’arteria femorale rischiando seriamente la vita. A inchiodare Petrone anche le immagini delle telecamere di videosorveglianza dell’ospedale Cardarelli che hanno immortalato il momento in cui Mangiapia viene accompagnato in ospedale da due persone poi individuate nel fermato:«Premetto che non so di preciso la zona in cui mi hanno portato, ma di sicuro non dista molto dal bar. Appena arrivati nella zona disabitata, Raffaele e Luigi mi ordinavano di scendere dal veicolo. Una volta scesi, Raffaele prendeva una pistola che suppongo aveva sulla sua persona, e me la puntava in volto urlandomi di ammettere che ero stato io a derubare suo fratello Giuseppe. Preciso che la Domenica in cui si è giocata la partita Napoli- Milan, mio cugino Giuseppe subiva un furto presso la sua abitazione e nei giorni seguenti fece vedere a me e agli altri parenti i video del furto ove si vedono due soggetti compiere un furto presso quella casa; ovviamente io non c’entravo nulla con il furto e scongiuravo mio cugino di credermi e che avevo le prove del fatto che quella sera mi trovavo in un bar lontano dalla sua abitazione. Raffaele insisteva con le accuse puntandomi sempre la pistola al volto; ad un certo punto Luigi prendeva la pistola da Raffaele e sparava versoi miei piedi riferendo”Ti butto”,ovvero intendeva che mi avrebbe ammazzato; quindi Raffaele prendeva nuovamente la pistola da Luigi e sparava nei miei confronti, sfiorandomi la gamba. Quindi mi afferrava per il collo sbattendomi ad un albero e li mi sparava alla coscia. Iniziavo a perdere molto sangue e Luigi esclamava “Prendi il lenzuolo e buttalo (riferendosi a me)”, ma Raffaele rispondeva che mi avrebbe portato in ospedale. Dunque Luigi prendeva un lenzuolo dal cofano della Megane, lo adagiava sui sedili posteriori e poi con violenza mi sbattevano in auto. Quindi mi conducevano al “Cardarelli” e per tutto il tragitto mi continuavano ad insultare e contestare il furto di cui sopra». 

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