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martedì, Maggio 7, 2024
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Fu legato mani e piedi ad un albero e lasciato morire, i due fidanzati condannati a 19 e 15 anni di carcere

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La Suprema Corte di Cassazione ha condannato Fabrizio Faiola e Georgeta Vaceanu rispettivamente a 19 e 15 anni di carcere per l’omicidio di Umberto Esposito, avvenuto nel 2017.

I giudici, come riporta la testata locale Latina Oggi, hanno rigettato il ricorso presentato dall’avvocato Maurizio Forte e la sentenza è definitiva. Entrambi infatti sono ritenuti colpevoli per della morte del sarto settantaquattrenne. La pubblico ministero titolare dell’inchiesta Cristina Pigozzo sostiene che la vittima è stata attirata in una trappola, sequestrata e uccisa e aveva chiesto la pena dell’ergastolo. Il cadavere è stato trovato a marzo del 2017 in campagna, nei pressi di Terracina.

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Umberto Esposito fu sequestrato, legato mani e piedi ad un albero e lasciato morire

Umberto Esposito era sarto di professione, aveva 74 anni ed era originario di Napoli. Secondo quanto ricostruito in sede d’indagine è stato portato in un luogo, sequestrato e legato con mani e piedi ad un albero, lasciandolo morire.

Gli investigatori sono riusciti a risalire all’identità dei due imputati, anche attraverso i movimenti bancari, che hanno portato a Vaceanu e Faiola. La coppia infatti avrebbe tentato di accedere al conto del sarto e di prelevare 50mila euro.

Il processo per la morte del sarto

Lo scorso settembre i giudici della Corte d’Appello avevano escluso l’aggravante del nesso teleologico, per Georgeta Vaceanu (per lei la pena era stata di 15 anni in Appello ed è diventata definitiva) e per Fabrizio Faiola che ha impugnato la condanna. Sono ritenuti – secondo l’accusa – i responsabili dell’omicidio di Umberto Esposito, 74 anni.

Secondo quanto ipotizzato dal titolare dell’inchiesta, il pm Cristina Pigozzo, l’uomo era stato attirato in una trappola. La vittima era stata sequestrata e uccisa e il corpo fu ritrovato nel marzo del 2017 in aperta campagna, a poca distanza da Terracina. In primo grado i due imputati avevano scelto la strada del giudizio abbreviato (un rito previsto dal codice che prevede la riduzione di un terzo della pena), era stata ipotizzata anche l’aggravante della premeditazione, oltre al reato di rapina, al sequestro di persona e la truffa.

Nel 2018 il gup del Tribunale di Latina Laura Matilde Campoli aveva condannato i due imputati alla pena di 30 anni.

 

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