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Pedina e stupra una bimba di 11 anni, nessun tribunale lo aveva “definito pericoloso”

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Massimiliano Mulas, l’uomo di 45 anni in arresto a Venezia con l’accusa di aver stuprato, nell’androne di un condominio di Mestre, una ragazzina di 11 anni, non è stato definito pericoloso da nessun tribunale. Lo spiega Ignazio Ballai, suo difensore di fiducia: “No, il mio cliente non è mai stato dichiarato socialmente pericoloso. Ha finito di scontare nel 2021 l’ultima condanna nel carcere di Lanusei, Nuoro, e ne è uscito pienamente libero. È tornato a Tempio Pausania, a casa della madre, e, dopo un po’, se n’è andato…”.

La piccola è l’ultima vittima di una scia di violenze a sfondo sessuale di cui c’è traccia nelle carte della giustizia italiana a partire almeno dal 2002. Giustizia che, stando alla ricostruzione dell’avvocato Ballai, da sei anni legale di Mulas, ogni volta ha individuato nel sassarese l’autore del reato, l’ha arrestato, processato e condannato; non ha però adottato alcuna misura per impedire quel che è avvenuto poi: uscito dal carcere, Massimiliano Mulas ha individuato e colpito nuove prede, indisturbato.

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Come è stato possibile? Se consideriamo i precedenti di chi è accusato di tale nefandezza, sembra non esserci risposta…” si chiede Francesco Moraglia, patriarca di Venezia. La domanda torna con il presidente veneto Luca Zaia: “Come è possibile che un individuo con precedenti specifici da far rabbrividire possa proseguire a macchiarsi di uno dei peggiori crimini concepibili, pedinando, braccando e violentando una ragazzina… agevolato dall’essere privo di qualsiasi strumento di controllo?”. Matteo Salvini, a modo suo, rilancia una proposta che gli è cara: “Castrazione chimica per pedofili e stupratori – taglia corto il leader della Lega e ministro dei Trasporti -. Problema risolto, come peraltro già fanno altri Paesi europei… E non capisco perché solo la Lega, e pochissimi altri, porti avanti questa battaglia di civiltà…“.

Silenzio davanti al giudice

Mulas, lunedì 14 aprile, si è avvalso della facoltà di non rispondere davanti al giudice per la convalida del fermo, come suggerito dal difensore. Il legale ha chiesto di poter studiare le carte dell’accusa e ha annunciato l’intenzione di richiedere un nuovo interrogatorio al giudice a maggio. In quella sede, potrebbe anche presentare la richiesta di perizia psichiatrica. Il legale ha inoltre espresso il suo massimo rispetto per la vittima.

Non resta che il racconto delle violenze di cui Massimiliano Mulas sarebbe stato protagonista, iniziando dall’ultima. La vittima, verso le 18 di giovedì 10 aprile, stava tornando dalla palestra. Ha notato che qualcuno la seguiva e ha chiamato un’amica al cellulare per farsi coraggio. Ha estratto le chiavi di casa, ha aperto il portone ed è stata spinta e bloccata nell’androne. La chiamata era ancora attiva e l’amica ha sentito tutto. La violenza si è interrotta grazie all’intervento di un condomino che stava rientrando a casa: l’aggressore, con un passamontagna in testa, è scappato. I carabinieri hanno arrestato Mulas alla stazione di Mestre poco più di tre ore dopo: era di ritorno da Padova, dove si era procurato abiti puliti. A terra, nell’androne di viale San Marco, erano stati trovati il marsupio e il portafoglio del violentatore: la carta d’identità apparteneva al pregiudicato sardo. Da qui è partito il lavoro a ritroso degli investigatori.

I tanti precedenti

Pieve di Cavalese, Trento, 11 giugno 2002: un cameriere in prova in un ristorante del paese tenta di violentare dietro a un chiosco una turista mantovana di 33 anni. Viene fermato da una pattuglia dei carabinieri, è Mulas. Lo condannano a 4 anni e 6 mesi, da scontare nel carcere di Padova. Il 14 settembre 2006, sorprende sotto casa una studentessa 21enne, veronese; la porta nell’appartamento, tenta di violentarla ma lei lotta, resiste. Mulas desiste ma perde un orecchino sulla scena del crimine: nuovo arresto e polizia che scopre come, due settimane dopo la violenza, il 3 ottobre, ne abbia tentata un’altra: studentessa americana aggredita sotto casa e salvata dai condomini. La condanna, stavolta, è di 8 anni e 3 mesi per un imputato che, di anni, ne ha 27. A Perugia, sei anni fa, altro procedimento per violenza su una 14enne: qui, però, assicura l’avvocato Ballai, l’accusa cade.

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