L’attesa su una barella aumenta notevolmente il rischio di morte, secondo i dati dell’Ufficio nazionale di statistica del Regno Unito. Gli esperti lanciano l’allarme: “È necessaria un’azione immediata”.
I danni delle attese
Le lunghe attese in barella nei reparti di pronto soccorso rappresentano un serio rischio per la salute dei pazienti. I dati confermano l’esistenza di un pericolo crescente: secondo uno studio, i pazienti che trascorrono più di 12 ore nei reparti di emergenza hanno un rischio di morte entro 30 giorni più che doppio rispetto a chi viene visitato entro due ore dall’arrivo. Questa evidenza resta valida anche dopo aver considerato diversi fattori socio-demografici e clinici.
L’indagine inglese e il caso italiano
L’analisi proviene dal Regno Unito, dove il Servizio Sanitario Nazionale (NHS) sta affrontando uno dei periodi più critici della sua storia, con ospedali sopraffatti da un aumento di infezioni respiratorie, come l’influenza e il virus respiratorio sinciziale (RSV). Durante questo periodo, sono stati segnalati casi di pazienti costretti ad aspettare anche 30 ore in pronto soccorso. I dati, pubblicati sul British Medical Journal (BMJ), indicano che solo il 71,1% dei pazienti è stato trattato entro le 4 ore, soglia fissata come obiettivo.
In Italia, durante la stagione influenzale, sono emersi casi simili, come quello di una donna di 94 anni che è rimasta su una barella per 60 ore in un pronto soccorso.
L’allarme degli esperti
L’analisi dell’Office for National Statistics (ONS) ha preso in considerazione 6,7 milioni di cartelle cliniche di pazienti che si sono recati in pronto soccorso tra il 2021 e il 2022. Tra questi, l’1,3% è deceduto entro 30 giorni dalla dimissione. L’analisi ha evidenziato un aumento significativo del rischio di morte all’aumentare delle ore trascorse in attesa: ad esempio, chi ha aspettato 12 ore ha un rischio di morte 2,1 volte superiore rispetto a chi è stato visitato entro 2 ore. Adrian Boyle, presidente del Royal College of Emergency Medicine, ha sottolineato che questi dati evidenziano l’urgenza di un intervento politico per affrontare il problema e garantire la sicurezza dei pazienti.