E’ l’attuale primula rossa della camorra partenopea. Per alcuni potrebbe aver trovato già rifugio in Spagna, per altri potrebbe non essersi allontanato più di tanto da Secondigliano. Fatto sta che le forze dell’ordine sono da oltre una settimana sulle tracce di Pietro Izzo, colonnello del clan Licciardi della Masseria Cardone. L’uomo era il terzo destinatario del decreto di fermo eseguito nei giorni scorsi dagli uomini della squadra mobile (dirigente Giovanni Leuci) e del commissariato di Secondigliano (guidato dal vice questore aggiunto Tommaso Pintauro) nei confronti di Giovanni Napoli e Luca Gelsomino. Decreti poi convalidati con emissione di ordinanza di custodia cautelare in carcere. Come anticipato da Internapoli, l’accusa è di estorsione aggravata dal metodo mafioso.
Il primo contatto con l’imprenditore edile in un bar a Secondigliano
“Sei proprio scostumato lo sai? ma come, stai facendo i lavori nel Gescal e non ti sei nemmeno venuto a presentare? Non lo sai che è buona educazione chiedere il permesso quando si fanno i lavori?”. Si sarebbe presentato con queste parole il ras Pietro Izzo all’imprenditore edile impegnato in alcuni lavori di ristrutturazione nella zona mentre prendeva un caffè al bar. Un tono conciliatorio, quasi affabile con Izzo che dice all’uomo:”Non ti preoccupare, prenditi il caffè, ci conosciamo da tanti anni io e te, poi ci vediamo”. Parole che in realtà nascondevano un chiaro intento intimidatorio secondo la Procura. Il giorno dopo infatti si presentavano al cantiere Giovanni Napoli e Luca Gelsomino, personaggi di spicco del clan Licciardi della Masseria Cardone, che utilizzavano nei confronti dell’imprenditore ben altro tono:”Niente di meno stai facendo i cantieri nel Gescal e nella Masseria, ti stai intascando 40mila e 70mila euro e da noi non sei proprio venuto, non ti sei comportato bene. Comunque ci devi fare un regalo perché io da poco sono uscito di galera e stiamo senza soldi. Ci devi dare 5mila euro per i lavori che stai facendo nel Gescal”. Frasi riportate dallo stesso imprenditore in sede di denuncia. Nel maggio dello scorso anno, per Izzo e per Renato Esposito, considerati dalla Procura come elementi di primo piano del clan Licciardi, attivo nella Masseria Cardone e una delle colonne portanti dell’Alleanza di Secondigliano, arrivarono le condanne di secondo grado che ridimensionarono quelle rimediate in primo grado. Izzo fu condannato a tre anni e sei mesi (rispetto agli otto del primo grado), mentre Esposito, a fronte di una condanna iniziale di sei anni, rimediò anch’egli tre anni e sei mesi.