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Salvatore Bagni si racconta: la drammatica morte del figlio, la salma trafugata e Maradona

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Salvatore Bagni, ex calciatore del Napoli e membro della squadra del primo scudetto, ha raccontato importanti storie personali nell’ultima intervista rilasciata al Corriere della Sera. Ora talent scout, ma anni fa ha dovuto vivere la morte di un figlio, macabre vicissitudini con una banda di sequestratori e il grande tsunami delle Maldive. Inoltre sono emersi dettagli sul suo rapporto con l’amico compianto Diego Maradona.

Il racconto dell’incidente in cui perse la vita suo figlio Raffaele

Era il 1992 quando Raffaele, il figlio di Salvatore Bagni, morì a soli 3 anni. Questa la storia: “Eravamo tutti e cinque in macchina, guidava mia moglie. Stavamo andando pianissimo, a 38 km/h. Un’auto non rispettò lo stop e andammo a sbattere contro un muretto. È stata fatale l’apertura dell’airbag. In quel momento ce l’avevo in braccio e non sedeva dietro perché era stato appena allattato e temevamo che potesse vomitare. Noi genitori abbiamo cercato di restare vicini ai suoi fratelli, affidandoci a degli psicologi anche per quello che è successo dopo.”

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Le vicende con i ladri: la salma rubata, l’incontro mai avvenuto e la sterilizzazione

Successivamente la salma del piccolo Raffaele fu trafugata da una banda di ladri, probabilmente per chiedere il riscatto e finanziare altre attività criminali. “Ce l’hanno portato via per la seconda volta. Saranno stati almeno in quattro a scavalcare il cancello e a entrare in quel cimitero, prelevando la bara dall’alto. Ci chiesero dei soldi, 300 milioni di lire, anni dopo un procuratore ci disse che probabilmente sarebbero serviti per finanziare il sequestro Soffiantini. Alle chiamate dei sequestratori rispondevo direttamente io, dovevo cercare di intrattenerli il più possibile per far sì che i Ros li intercettassero. Li avrei pagati, ma me lo impedirono. Un giorno ci accordammo, ci saremmo dovuti incontrare a Predappio. Mi misi alla guida con una valigetta di soldi falsi e il giubbotto antiproiettile“.

Ma l’incontro coi malviventi non avvenne mai, per circostanze misteriose, e così l’ex campione della nazionale non ha mai più avuto la possibilità di piangere sulla bara del figlio. “Avevo una macchina dietro e tre agenti del Ros nascosti con me. Dovevo avere una bicicletta sul tettuccio così che i sequestratori mi potessero riconoscere, poi mi avrebbero lanciato dei segnali luminosi dopo una quarantina di chilometri. Abbiamo ripetuto il tragitto per tre o quattro volte, nessuno si è fatto vivo. Forse avevano capito che non ero solo, forse non mi hanno visto. Quel giorno c’era una nebbia fittissima“. Il trauma fu talmente importante che decise per sé l’impossibilità di avere altri figli. “Non esiste la copia di un figlio. Ne avevo già avuti tre, avevo già la mia famiglia. Decisi di farmi sterilizzare.

Salvatore Bagni: la morte della mamma e lo tsunami delle Maldive

L’altro evento che ha segnato la vita di Salvatore Bagni fu la combinazione di eventi che nel 2004 portò alla morte della mamma, e il conseguente rinvio di un viaggio programmato con la sua famiglia che si ritrovò alle Maldive nell’occasione del famoso tsunami del 2004. Il maremoto, terzo evento sismico più potente nella storia della sismologia, causò più di 230.000 vittime. Questa l’esperienza di Bagni: “Mia mamma venne a mancare il 16 dicembre del 2004. Io e mia moglie stavamo per andare in Sri Lanka, avevamo già prenotato tutto. Ma decidemmo di ritardare il viaggio e di virare sulle Maldive. Dieci giorni dopo ci fu uno dei più violenti tsunami di sempre che devastò il Paese. I morti furono oltre 200mila. Il maremoto però colpì molto meno le Maldive. Eravamo in spiaggia, per fortuna non nei bungalow. Ricordo l’enorme massa d’acqua e un rumore che non si può dimenticare. Mia figlia rimase paralizzata dalla paura, per salvarla la presi di peso e l’attaccai a un albero”.

Il racconto del rapporto tra Salvatore Bagni e Diego Maradona

Infine, nota meno traumatica, il racconto della sua amicizia con Maradona. “Arriviamo a Napoli insieme, nel 1984. Alloggiavamo nello stesso hotel. Io insieme a mia moglie, lui con altre 10 o 15 persone. Eravamo agli opposti, a me non piaceva uscire la sera. Ma fra noi la stima fu immediata perché lo trattavo da Diego e non da Maradona. Se avevo qualcosa da dirgli, glielo dicevo. Abbiamo passato nottate intere a discutere di cose che gli scottavano“.

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