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Camorra e scommesse, l’ultima notte da campione di Pantani

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Sarà la Procura di Trento a provare a dare una spiegazione alla morte di Marco Pantani e a quel nesso tra le scommesse, la camorra e il declino di un campione, caduto nel baratro poco prima di trionfare al Giro d’Italia del 1999.

L’inchiesta punta a far luce sulle scommesse clandestine intorno al Giro d’Italia del 1999 e al mistero del test antidoping di Marco Pantani alla vigilia della penultima tappa, quando, con oltre 6 minuti di vantaggio sul secondo, aveva ben pochi motivi per farsi beccare in fallo ad un controllo a cui già sapeva di doversi sottoporre.

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La camorra, le scommesse, Pantani e il test antidoping

Che sia, dunque, realmente stato alterato il test come sempre sostenuto dal Pirata? E se sì, perché? E che ruolo ha svolto la camorra che in un epoca in cui i centri scommessa legali erano pochissimi e la criminalità organizzata fungeva da banco per il gioco clandestino.

I fatti sono noti a tutti. Pantani, dopo aver stradominato il Giro, aveva la vittoria in mano con solo una tappa da svolgere più la passerella finale nella giornata conclusiva.

Era mentalizzato su Madonna di Campiglio, consapevole che quelli dell’antidoping avrebbero bussato alla sua porta. Solo 2 i controlli per il Pirata con il terzo (ed ultimo) sarebbe dovuto avvenire nel giro di 36 ore. Una cosa nota a tutti ed anche a Pantani che il 5 giugno 1999 fu trovato con l’ematocrito a 51,9 ben sopra il massimo consentito (50). Pantani positivo all’Epo, il responso che il ciclista non ha mai voluto accettare. “Cosa mi avete fatto, cosa mi avete fatto?”– urlò più volte prima di sciogliersi in un pianto tra le braccia di Agostini, suo storico manager e amico di vecchia data.

Pantani, ben consapevole di dover essere sottoposto ad un controllo antidoping, avrebbe avuto il modo e il tempo per abbassare il valore dell’ematocrito prima del prelievo. Sarebbero bastate un paio d’ore in cyclette ad un atleta che alle analisi del giorno precedente aveva l’emotrocrito a 48, così come in quelle riffettuate all’indomani del controllo maledetto.

Una macchinazione per incastrare Pantani, c’entra la camorra?

Tutto lascia pensare, dunque, ad una macchinazione per incastrare il Pirata ed evitargli di vincere il Giro d’Italia. E’ qui che prende corpo la pista della camorra, che in caso di trionfo di Pantani avrebbe dovuto pagare miliari e miliardi di lire di vincite e che invece, se la cavò con l’affermazione di Ivan Gotti sul quale non aveva scommesso praticamente nessuno.

Da quel controllo antidoping e lo scippo, a suo dire del Giro d’Italia 1999, Marco Pantani non riuscì più a riprendersi, provando un disperato rientro nel ciclismo con risultati modesti, frutto di una condizione psicologica precaria.

Il declino e la morte del campione

ll resto è storia nota con il ritrovamento del cadavere del Pirata in una camera del residence le Rose a Rimini il 14 febbraio 2004: Marco Pantani ucciso da un’overdose di cocaina, il responso dell’autopsia: il suicidio di un uomo in preda ad una crisi depressiva incontrovertibile o l’omicidio di chi aveva scoperto qualcosa di più grande di lui e del campione che è stato?

Domande a cui mamma e papà Paolo vogliono dare risposte: i genitori del ciclista romagnolo sono da sempre convinti che il 5 giugno 1999 ci fu un complotto in quel test antidoping per impedire al figlio di vincere il Giro d’Italia, e che la morte del 14 febbraio 2004 in un residence di Rimini, sarebbe legata alla presenza di altre persone. Magari questa ennesiam inchiesta riuscirà a dare giustizia ad un campione che gli italiani hanno continuato ad amare.

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Redazione Internapoli
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