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sabato, Aprile 20, 2024
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«Sono con te», il messaggio in carcere tra boss dopo l’omicidio Marino a Terracina

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L’omicidio di Gaetano Marino ‘Moncherino’ fu la classica onda sismica che si propagò attraverso movimenti tellurici che, in questo caso, scossero alle fondamenta la mala di Scampia. Fu un delitto eccellente ma non fu un delitto impunito. Il 9 settembre 2012 proprio di fronte al carcere di Secondigliano fu freddato dai killer Raffaele Abete, fratello di Arcangelo in quel momento detenuto ma considerato sempre il capo del sodalizio. Tale atto viene interpretato dagli investigatori come una risposta all’omicidio Marino dal momento che viene ‘messo a terra’ un soggetto che porta il cognome di una delle famiglie avversarie.

Il telegramma in carcere

Ancora più clamoroso è quanto avviene due settimane dopo quando Gennaro Marino, conosciuto da tutti come ‘McKay’ invia un telegramma in carcere proprio ad Abete detenuto a Secondigliano in cui scrive di essere addolorato per la sua perdita, sottolineato per la propria fratellanza, dato che può essere letta come una sorta di sottolineatura del suo precedente lutto o come proposta di porre termine alla guerra Si tratta di un passaggio significativo contenuto in un’informativa della squadra mobile. Un linguaggio cifrato, un codice della mala in piena regola. Per il delitto Marino sono state da poco chiuse le indagini per mandanti, esecutori materiali e quelli che aiutarono i killer nella preparazione e nella fuga dopo l’omicidio del boss delle Case Celesti.  L’ordinanza di custodia cautelare in carcere  il 14 novembre scorso aveva colpito i due uomini del commando e i due basisti degli Abete-Abbinante che ‘punirono’ con la morte ‘o moncherino perchè si era avvicinato alla Vanella e come ‘vendetta’ per l’omicidio di Ciro Abrunzo, cugino di Abbinante e nipote di Abete. In manette erano così finiti il 27enne ras scissionista Arcangelo Abbinante, figlio del boss Antonio, e il 41enne Giuseppe Montanera, accusati di essere rispettivamente l’esecutore e il coesecutore dell’agguato. L’arresto era scattato anche per il 50enne Carmine Rovai e il 55enne Salvatore Ciotola, che avrebbero invece fornito l’appoggio logistico al gruppo di fuoco partito da Napoli: il primo affittando gli appartamenti utilizzati come base dal gruppo di fuoco ed entrambi per essersi messi alla ricerca della vittima designata anche nel giorno dell’agguato. Come riportato dal Roma il Tribunale del Riesame della capitale ha infatti confermato il provvedimento cautelare a carico di Abbinante, Montanera e Rovai. Ciotola aveva invece rinunciato al ricorso. Il quinto indagato, Pasquale Riccio, in ragione del suo status di collaboratore di giustizia non era stato destinatario di alcuna misura.

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