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«Stiamo inguaiati», la ‘richiesta d’aiuto’ dei Licciardi ai maranesi

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Una richiesta d’aiuto precisa. Soldi. Un momento di difficoltà dei Licciardi che si sarebbero rivolti ai Polverino di Marano così come raccontato dal collaboratore di giustizia Giuseppe Simioli. Come raccontato dall’ex ras Maria Licciardi qualche anno fa avrebbe trovato difficoltà a reperire le risorse indispensabili per il sostentamento degli affiliati detenuti e delle loro famiglie, cosicché, avrebbe deciso di chiedere un prestito da 150mila euro. Nel marzo del 2021 sono state intercettate alcune conversazioni all’interno della casa della Licciardi dalle quali emergeva la preoccupazione sul pentimento del boss ‘o Petruocelo: “Io con questo tre quattro anni fa, io a lui personalmente non lo conosco, gli mandai un’imbasciata che mi servivano150 mila euro per pagare le mesate, lui me li mandò e dopo un mese glieli rimandai, però a me non mi conosce – inoltre Maria Licciardi confidava ad un altro interlocutore – Io non ci ho avuto a che fare con lui personalmente mai. Però quando uscii venni qua in mezzo, non stavano dando le mesate ai carcerati, stavamo un poco inguaiati e gli mandai l’imbasciata a lui”.

LE PAROLE DEL BOSS DEI POLVERINO

Questa circostanza venne confermata anche dall’ex boss del clan Polverinoall’epoca dei fatti latitantenell’interrogatorio dello scorso aprile. “Ricordo che nel 2012-2013 venne Antonio Nuvoletta per dirmi che Maria Licciardi aveva bisogno di 100 mila euro. Ricordo che le mandammo, tramite Antonio Nuvoletta, questa somma di denaro che fu poi restituita, non ricordo però come ed in quanto tempo. Preciso però che io Maria Licciardi non l’ho mai vista di persona. I soldi da prestare a Maria Licciardi furono presi da Antonio Nuvoletta dai proventi delle nostre attività nel traffico di droga. Ovviamente le furono prestati senza richiedere alcun interesse. Se non vado errato vennero restituiti in circa cinque sei mesi. Nel corso della rilettura preciso, facendo mente locale, che se non erro, Maria Licciardi restituita al mese 10 o 20 mila euro“. Il collaboratore indicava gli anni 2012 e 2013 quale riferimento temporale nel quale gli era pervenuta la richiesta di denaro da parte di Maria Licciardi. Secondo quanto ricostruito dai magistrati sarebbe stato stato Antonio Nuvoletto, precisano le parole di Simioli, a portare i soldi al capo della Masseria Cardone.

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