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sabato, Aprile 27, 2024
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Uccise la moglie in casa a Ponticelli, Raffaele Pinto morì d’infarto dopo il gesto: scartata la tesi dell’avvelenamento

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Sarebbe stato un infarto ad uccidere Raffaele Pinto, il 54enne ex guardia giurata che, agli inizi di febbraio, uccise in casa a Ponticelli sua moglie, la 48enne Eva Kaminska.

L’uomo fu trovato già morto quando i carabinieri riuscirono a fare irruzione a casa sua. All’inizio si pensò ad un avvelenamento, ma l’autopsia ha scartato questa ipotesi.

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Raffaele Pinto morto d’infarto e non di avvelenamento, il risultato dell’autopsia

Quella mattina Lino Pinto, dopo aver ammazzato la moglie con numerose coltellate e a colpi di pistola, si era sporto dalla finestra del palazzo di via Raffaele Testa e aveva esploso dei colpi anche verso la strada. Era stata chiamata la Polizia, che era intervenuta anche con le Unità Operative di Primo Intervento e con un mediatore. Dalle prime notizie circolate era emersa l’ipotesi che l’uomo avesse ucciso la moglie, ma la conferma era arrivata soltanto quando gli agenti erano riusciti a entrare in casa.

Accanto a Pinto, anche lui ormai senza vita, la bottiglietta da cui lo avevano visto bere spesso poco prima. Quindi l’ipotesi che si fosse avvelenato o che avesse assunto dei farmaci. L’autopsia ha poi, però, scartato questa possibilità: si trattava soltanto di acqua, a stroncare il 54enne era stato un arresto cardiaco.

L’uomo temeva una vendetta da parte della camorra

Stando alle informazioni raccolte dagli inquirenti, Pinto era terrorizzato dall’idea che la camorra potesse tendergli una vendetta, o peggio ancora, che lo avrebbe fatto uccidendo i suoi figli. Una convinzione che sarebbe nata per un episodio risalente a quando ancora lavorava come guardia giurata. Avevano tentato di rapinarlo della pistola ma lui si era opposto ed era riuscito a salvare l’arma.

Era stato però minacciato e, col passare del tempo, in lui la paura si era trasformata in paranoia, acuita anche dalla successiva perdita del lavoro. Per questo motivo avrebbe più volte discusso con la moglie, che secondo lui non controllava adeguatamente gli spostamenti dei figli. Quell’8 febbraio, a scatenare la discussione, sarebbe stata l’impossibilità di mettersi in contatto coi ragazzi e la paura, nella sua testa divenuta certezza, che fosse loro successo qualcosa.

 

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