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sabato, Maggio 4, 2024
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Vi racconto di Marano e dei due compari. Lo scritto di Roberto Saviano su Nazione Indiana

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Marano è una città a Nord di Napoli. Una città di catrame e cemento, identica a mille altre, un luogo della periferia meridionale, nato a ridosso della grande città. Marano è una città ricca, densa di palazzi, ristoranti, alberghi per matrimoni. Agglomerati condominiali spuntati come funghi negli anni novanta troneggiano come corona alla periferia della periferia, condomini strozzati di cemento svettano ai lati di fastose ville a più piani con piscina in giardino, decine di mastini dietro i cancelli e le telecamere alla porta.



Marano però non è soltanto una innocua e brutta cittadella al nord di Napoli, non è solo ciò che sembrerebbe passeggiando per il suo centro, ovvero nulla più che un agglomerato di costruzioni che soffocano ogni strada. Marano è qualcos’altro. Qualcosa che ha reso questo luogo un polo di incredibile ricchezza, ma solo per pochissimi, solo per una sparuta parte di eletti. Solo per gli uomini del clan e per i suoi alleati. Ebbene, Marano è il feudo del clan Nuvoletta, una famiglia affiliata a COSA NOSTRA e da sempre vicina ai Corleonesi al punto da sedere a pieno titolo nella cupola mafiosa facendo della propria voce una delle più ascoltate e temute in tutto il sistema politico-economico-militare mafioso. Negli anni ’80 il clan Nuvoletta è retto da tre fratelli Lorenzo Nuvoletta, Ciro Nuvoletta ed Angelo Nuvoletta. Gestiscono il contrabbando di sigarette e riescono a divenire i più importanti trafficanti di eroina d’Europa utilizzando al meglio i rapporti con i narcos attraverso COSA NOSTRA ed evitando di farsi convolgere nella battaglia che stava avvenendo in Sicilia all’interno della Pizza Connection della triade Badalamenti (nella foto a destra in bianco e nero) – Buscetta – Bontade. Tano Badalamenti


Con la vittoria dei Corleonesi di Bontade e Riina (nella foto a sinistra) i Nuvoletta, che a loro erano legati, incrementano il proprio potere ed i propri affari. Il clan di Marano si trova alla fine degli anni ’80 al centro della più grande alleanza imprenditoriale e criminale che la storia italiana abbia conosciuto: la Nuova Famiglia, cartello di centinaia di clan campani che si organizzarono contro la Nuova Camorra Organizzata di Raffaele Cutolo. Uno scontro quello tra NF e NCO che soltanto sul piano militare generò oltre seimila morti, una cifra da guerra.
Una guerra che non ha mai avuto racconto e di cui s’è persa memoria. Con la progressiva sconfitta di Cutolo (nella foto a destra a colori) e con la perdita da parte di quest’ultimo dei legami con ministri, sindaci e con gli imprenditori più potenti, la NF inizia a subire frazionamenti interni. Dinanzi al potere raggiunto l’alleanza sembra essere soltanto un peso, ed il mercato torna ad essere libero da vincoli e patti. I Nuvoletta così, lentamente si defilano e lasciano scannare tra di loro i clan della Nuova Famiglia e i rimanenti uomini della Nuova Camorra Organizzata. Il loro obiettivo, assieme a tutta COSA NOSTRA è quello di indebolire entrambe le contrapposizioni imprenditorial-criminali per poi emergere con forza e con legami politici blindati al dine di poter egemonizzare tutti i mercati in Campania e quindi in Italia ed all’estero.


Di ciò però si resero conto gli altri clan dirigenti della Nuova Famiglia, in particolar modo Antonio Bardellino, (nella foto grande a sinistra in bianco e nero) capo indiscusso del clan dei Casalesi (ed affiliato alle famiglie perdenti di COSA NOSTRA) egemone in provincia di Caserta. Con un suo commando si recò nel 1984 nella tenuta dei Nuvoletta a Poggio Vallesana. Trascorsa la notte a casa di un parlamentare dell’Movimento Sociale Italiano, in buoni rapporti con il clan, Bardellino e compagni riuscirono ad entrare nell’inespugnabile feudo ed uccidere una delle menti della famiglia, Ciro Nuvoletta.


Da qui nacquero rivalità e faide interne che attireranno l’attenzione di un giovane e mal pagato cronista de Il Mattino, Giancarlo Siani, che verrà ucciso proprio per volontà di Angelo Nuvoletta (nella foto piccola a destra) per la sua attività di denuncia e per aver svelato in un articolo che il clan di Marano aveva usato la delazione ai carabinieri per sbarazzarsi senza guerre interne di un suo alleato scomodo, Valentino Gionta boss di Torre Annunziata.
La storia dei Nuvoletta è lunga e si potrebbero redigere intere pagine. Ma quanto scritto basti per aver sentore generale e generico del soggetto di questa narrazione e dei luoghi di ci parlo.


Ora, per far comprendere cos’è la tenuta dei Nuvoletta a Poggio Vallesana dovrei esclusivamente prender per mano il lettore ed accompagnarlo lungo la strada che costeggia i chilometri del muro di cinta gremito di telecamere e cancelli blindati. Ettari di terreno che ospitano aziende agricole, lussuose ville, depositi di auto, agrumeti, vigneti, mandorli, e poi orti eleganti, aghi artificiali, collinette di pioppi e pini. V’è persino un binario interno alla tenuta in uso ad un piccolo treno che collega i diversi appezzamenti. A Poggio Vallesana, alla periferia di Marano, vi abitano tutti i Nuvoletta, figli, nipoti, parenti acquisiti. E’ un vero feudo, un presidio dal sapore tardomedievale che raccoglie edifici moderni e masserie d’impianto ottocentesco, un paese nel paese, un presidio principesco, una difesa da testuggine alla propria incolumità ed al proprio potere. In molti punti, soprattutto nelle zone di campagna, è possibile accedere, seguendo il percorso dei trattori e dei braccianti agricoli. Un giovane ricercatore giapponese nel 1998 che stava facendo una tesi di dottorato sui Nuvoletta in Criminologia all’Università di Tokyo si ostinò per entrare nella tenuta per scattare delle foto. Si avvicinato alle abitazioni, ha fotografato auto e scalinate sino a quando non è stato beccato e terribilmente picchiato. Gli hanno rotto le due braccia ed una gamba. Gli è andata tutto sommato bene. A me è andata meglio, sono riuscito a percorrere gran parte della tenuta senza essere importunato ma quando mi hanno identificato i “guaglioni” di guardia ho preferito lasciar perdere e non azzardarmi a battere i sentieri troppo vicino agli edifici. Questo feudo non è mai stato sottratto dall’Antimafia alla famiglia Nuvoletta, soltanto qualche appezzamento lontano e marginale è stato sequestrato ma ovviamente continua ad essere a disposizione del clan non essendoci nessuno disposto a prendere in uso un terreno dei Nuvoletta.


A Marano, quindi, nel feudo del clan che egemonizza una parte di Napoli e provincia, che riempie di droga mezza Europa, che investe in palazzi e casinò i propri soldi, che impone ai supermarket ed alle salumerie i prodotti che pagano il clan come distributore privilegiato o più semplicemente hanno nella loro struttura azionaria capitali del clan, ebbene proprio in questo luogo è stato eletto nel 2001 un sindaco anticamorra Maurizio Bertini, di Rifondazione Comunista. Il miracolo è accaduto dopo anni di gestioni politiche decise dai Nuvoletta, dove sindaci ed assessori erano imposti dal clan ed il piano regolatore deciso a tavolino in riunioni nelle ville di Poggio Vallesana. Bertini, toscano di nascita e maranese per caso, riesce ad essere eletto per volontà di un nutrito gruppo di elettori che è stanco della presenza ossessiva ed oppressiva del clan Nuvoletta capace di fatturare capitali astronomici depredando il territorio, ma investendo ben lontano dal territorio devastato. Maurizio Bertini è stato l’unico sindaco che ha avuto coraggio e capacità d’opporsi a questo potentissimo sodalizio economico.


Il comune di Marano è stato più volte sciolto per infiltrazioni camorristiche, nel 1991 durante un blitz fatto in una casa di un affiliato fu beccato un consigliere comunale di maggioranza, allora del sindaco Dc Credentino, che partecipava al summit, molto probabilmente per ricevere direttive dai boss. Dal 1991 al 1993 quindi il comune di Marano venne commissariato. Poi Bertini riuscì a vincere le elezioni come sindaco, ma subito un gioco di poltrone lo fece cadere, sino a quando nel 1996 nuovamente vinse le elezioni ma questa volta con una larga maggioranza e quindi con reali possibilità d’amministrare. Dal ’96 ad oggi Bertini imposta la sua politica in chiara battaglia contro il clan. Un attenzione spasmodica agli appalti, un allontanamento di personaggi e ditte vicine ai Nuvoletta, una terra bruciata fatta intorno agli affiliati, ed un attenzione continua che ha portato nell’autunno del 2004 all’arresto di molti dirigenti del clan Nuvoletta che negli ultimi anni avevano organizzato la propria struttura in un modo gerarchico e multilivello. In breve per evitare che un affiliato, anche di basso rango, dopo un pentimento riuscisse a descrivere e scompaginare l’intera organizzazione i Nuvoletta hanno da ormai dieci anni utilizzato una serie di clan satelliti per le attività più esposte. Clan minori che non entrano mai in contatto con la dirigenza, solo il loro referente ha rapporto con un singolo uomo dei Nuvoletta. Gli uomini satelliti quindi non sapranno mai chi prende le decisioni e chi sono gli affiliati e quali imprenditori e politici hanno rapporti con loro. Vengono utilizzai solo per circoscritte operazioni. Ogni livello, conosce solo il proprio gruppo e nessun’altro. In questo modo la magistratura può scoprire sempre e soltanto una parte dell’organizzazione ma mai l’intera struttura. Se questo meccanismo è stato compreso, lo si deve al sindaco Bertini capace di scavare una vera e propria trincea tra il clan e l’amministrazione della città. Questo sindaco comunista, diviene un reale problema per i mafiosi di Marano, un grave problema, poiché regola assoluta di ogni clan è che sul proprio territorio d’origine v’è necessità di libera circolazione, di totale capacità di riciclaggio e dominio incontrastato. E’ l’alveo iniziale, il punto originario da cui dipanare il proprio ptere ed in cui rifugiarsi nel pericolo ed in cui raccogliere danaro in momento di crisi. Bertini questo lo sa e sente che i Nuvoletta sono messi alle corde. Insiste, insiste, insiste. Isola, denuncia, organizza convegni, conferenze, cerca di rendere cristallina ogni azione della sua giunta comunale.


Accade però che due compari Emiddio Novi senatore di Forza Italia e Michele Florino parlamentare di Alleanza Nazionale decidono di utilizzare l’accusa di camorra per intralciare il lavoro di questo sindaco. Vanno in commissione antimafia e chiedono (ottenendolo) che il comune di Marano gestito da Mauro Bertini sia sciolto per infiltrazione camorristica. Questa è l’arma privilegiata di chi vuol combattere coloro che si impegnano nella battaglia anticamorra. Screditarlo, diffamarlo, sostenere dinanzi la cittadinanza che colui che si espone contro la camorra, ergendosi a difensore di certa idea di giustizia, poi in fondo non è moralmente limpido, non è fuori da certi meccanismi è lui stesso colluso. La sua battaglia quindi è solo una lotta parziale, contro una parte di potere, non è un piano oggettivo di lotta che coinvolge l’intera compagine dell’economia, della politica ma soltanto un partigiano punto di vantaggio. Insomma, insinuano che Bertini accusa una parte di camorra, ma in realtà è alleato ad un’altra parte. Il fine di queste accuse è voler dimostrare che nessuno può sottrarsi al potere della camorra, che non è cosa politicamente reale mantenersi lindo e distante dai clan. E’ un invito a certa sinistra a rendersi meno rigida perché: si è tutti uguali, tutti sotto lo stesso cielo. Bertini però si è sempre rifiutato di star sotto il cielo dei Nuvoletta.


“Qualunque cosa, basta che non salga Bertini” è questa la frase perentoria che si può leggere negli atti dell’inchiesta del pm Borrelli, che Salvatore Nuvoletta in una telefonata dice ad un altro membro della famiglia mafiosa prima delle elezioni che porteranno alla vittoria proprio il candidato di Rifondazione Comunista, Maurizio Bertini. Eppure il senatore di Forza Italia, Emiddio Novi classe 1946 da anni attraverso interrogazioni parlamentari e interpellanze denuncia infiltrazioni e collusioni tra camorra e politica a Marano al ministro degli interni ed in sede di commissione antimafia. Allo stesso modo avevano accusato il comune di Portici attraverso il suo sindaco Leopoldo Spedaliere di infiltrazioni camorristiche. Guarda caso sia Bertini che Spedaliere sono entrambi sindaci di centrosinistra. Spedaliere dopo esser stato rimosso con l’infamante accusa di essere stato colluso con i clan è stato rimesso in carica dal Consiglio di Stato. La magistratura amministrativa ha reintegrato Spedaliere ridandogli la dignità perduta. L’accusa a Spedaliere è stata un buco nell’acqua per Novi e Michele Florino di An che ritentano con Marano. Emiddio Novi si è formato in gioventù all’interno di organizzazioni neofasciste napoletane e tutto il suo percorso politico in Forza Italia si contraddistingue per una particolare solerzia nello scovare presunti “comunisti” e nell’accusare di collusione con la camorra i suoi antagonisti politici. Una strategia questa che ha il prioritario risultato di gettare discredito e fango senza dover passare per l’accertamento dei fatti e l’analisi delle questioni. L’accusa di camorra insomma come battaglia politica al fine di strappare i voti e battere knockout il proprio avversario riuscendo così ad emanciparsi dalla dialettica democratica. Novi ex direttore del Giornale di Napoli conosce bene le dinamiche mediatiche e sa quindi che un titolo a piena pagina che incrimina di collusione con i clan conta molto di più di una veritiera valutazione e spesso nessuna sentenza può cancellarlo nella mente di certa parte di elettorato. Emiddio Novi laddove non può usare l’accusa di camorra utilizza quella di comunista.


Dopo la sconfitta elettorale Novi (nella foto a sinistra) inizia a denunciare la presenza di pericolosi “d’alemiani” anche in Mediaset: “Dopo questa campagna elettorale si apre una grande questione democratica sul ruolo del gruppo Mediaset ormai controllato da Giorgio Gori e dal Sig. Maurizio Costanzo, due uomini politicamente legati alla stabilizzazione d’alemiana” (Ansa 16.11.97). Persino il calcio Napoli secondo la sua attenzione è pervaso dalla piovra rossa: Ulivieri doveva trasformare il Napoli in una squadra rosso-azzurra per volontà del sindaco part-time Bassolino. Rispediamolo a Bologna, a contemplare il busto di Lenin che tiene in camera da letto» (Ansa 8.11.1998). A volte è capitato, dando il meglio di se, che Novi sia riuscito ad accusare di entrambe le cose, come nel caso del comune di Napoli dove secondo lui: «il sistema imprenditoriale comunista e post comunista» è legato da «rapporti incestuosi con le camorre dei Galasso e degli Alfieri» (Ansa 24.10.2000). Bisognerà che qualcuno spieghi a Novi che il cartello della Nuova Famiglia di Alfieri, Bardellino e Galasso era terminato molti anni prima della sua dichiarazione.


Nel caso di Marano, Novi sembra essere particolarmente acrimonioso. Per accusare la gestione Bertini, Novi ha sfruttato l’affermazione di un pentito, Massimo Tipaldi, il quale negli interrogatori del 3 aprile e del 7 maggio 1999 alla Dia di Napoli aveva rivelato che nelle elezioni del 1996 i clan Nuvoletta e Polverino, in cambio di alcune concessioni edilizie, avevano indirizzato i loro voti prima su Pasquale Cavallo dei Ds e poi su Bertini. Dopo quattro anni di indagini però il Gip Giovanna Ceppaluni ha concluso che: «L’elemento decisivo che esclude ogni possibile contiguità di Bertini con il clan Nuvoletta è desumibile dalle intercettazioni telefoniche del centro operativo Dia di Napoli dalle quali è dato evincere come il clan Nuvoletta abbia appoggiato alle elezioni del 13 e del 27 maggio 2001 il concorrente di Bertini, Giuseppe Spinosa» (La Voce della Campania, 2003). Giuseppe Spinosa infatti quando avrebbe usufruito dei voti della camorra era candidato del Ppi e militava nell’Ulivo, ma una volta perse le elezioni è immediatamente passato con Forza Italia e attualmente è capogruppo del partito di Silvio Berlusconi al Comune di Marano. Salvatore Nuvoletta in una telefonata intercettata dice : “ io spero salga Peppe Spinosa, io lo voto”. Le indagini della Dia ora vertono sui rapporti tra il clan Nuvoletta e Forza Italia, soprattutto dopo l’arresto di un altro consigliere comunale azzurro, Mauro Chianese, sorpreso in compagnia del boss latitante Raffaele Abbinante.


In realtà seguendo questa logica sembra che Novi abbia usato quindi l’accusa di camorra ed il suo potere di membro della commissione Antimafia al fine di confondere le idee su ciò che realmente sta accadendo a Marano e negli altri comuni accusati. Bisogna ricordare che proprio il candidato a sindaco del partito di Florino ovvero AN al comune di Marano, Gianfranco Scoppa è consuocero del boss Angelo Nuvoletta visto che il figlio Alessio ha sposato la figlia del mafioso. Novi e Florino sembrano ignorare tutti questi elementi ed anzi lasciano scivolare accuse a presunti parenti dei Nuvoletta presenti in giunta. Si tratta però solo di omonimia, come nel caso di Fortuna Nuvoletta, 39 anni, interprete e traduttrice, è in carica dal 29 aprile ed è una esponente della Margherita sorella di un giovane carabiniere ucciso nel 1985 dal clan dei casalesi per il suo impegno contro la camorra.


La medesima solerzia usata da Novi in commissione Antimafia per accusare le giunte di centrosinistra non è stata utilizzata a Calvi Risorta dove alle ultime elezioni comunale è stata oggettiva la pressione sull’elettorato del clan Papa di Sparanise, vicino Capua. Forse a causa della questione della centrale termoelettrica dove l’onorevole Emiddio Novi è ben addentro ha preferito tacere e lasciar passare i forti interessi camorristici sulla centrale e sulle elezioni. Anche a Mondragone Novi si riscoprì d’improvviso tollerante, minimizzò infatti la disavventura giudiziaria della consigliera comunale di Forza Italia di Mondragone Maria D’Agostino, condannata per i rapporti con il boss Gaetano Di Lorenzo: «Perché si deve infierire per un reato di 25 anni fa…» disse. Stesso comportamento di piena tolleranza e persa severità Novi l’ha tenuto con l’ex sindaco di San Tammaro, Raffaele Scala di Forza Italia, già presidente del consiglio provinciale di Caserta, accusato da un suo assessore di percepire tangenti per conto del camorrista Carlo Del Vecchio e condannato di recente a 8 anni di carcere. Novi ha sempre pubblicamente difeso Scala. Nel settembre del 2000 Novi in Commissione antimafia citò come «esempio di degrado istituzionale» l’annullamento della festa popolare del Monacone, organizzata dal clan Misso-Pirozzi, notoriamente vicino alla destra e polemizzò con il questore di Napoli.


L’unico risultato sino ad ora ottenuto dalla coppia Florino-Novi è stato quello di costringere le giunte accusate ad interrompere il proprio percorso amministrativo per un lungo periodo. Ma così come per Portici anche per Marano gli elementi raccolti sembrano smentire le accuse. Marano feudo dei Nuvoletta, cosca campana che siede da sempre nella cupola di COSA NOSTRA, uno dei maggiori sodalizi economico criminali d’Europa è stata aspramente messa in difficoltà da Bertini e gli arresti del Novembre 2003 che coinvolsero il gotha del clan e tutte le sue federazioni dimostrano l’operato cristallino della sua giunta capace di fare terra bruciata intorno al potente clan. Gli unici a non vedere ciò sono proprio Emiddio Novi e Michele Florino (nella foto a sinistra).


I Nuvoletta del resto hanno avuto famosi difensori, il capostipite don Lorenzo Nuvoletta fu difeso dall’avvocato Siniscalchi, poi parlamentare DS, (nella foto a destra) che attaccava la magistratura secondo lui qualunquista che metteva in carcere un vecchio settantenne malato di cancro solo perché chiamato Nuvoletta, non era altro che un bravo fruttivendolo (eggià era iscritto alla camera di commercio di Marano come venditore di frutta) strano però che un fruttivendolo abbia un patrimonio personale che nel 1990 ammontava a circa 400 miliardi di veccie lire. Parecchio buone dovevano essere le mele annurche che vendeva….


Per comprendere quanto valore abbiano i Nuvoletta come famiglia mafiosa basterà ricordare diversi episodi raccontati da Giovanni Brusca, l’assassino di Giovanni Falcone. Ebbene Brusca dichiara esplicitamente alla DIA di Palermo che era spesso pendolare con Marano e che proprio dai Nuvoletta lui ebbe pratica di come poter sciogliere un essere umano nell’acido (Brusca infatti sciolse nell’acido il dodicenne figlio del pentito Balduccio Di Maggio…).


Sempre Brusca (nella foto a destra), suffragato da altri pentiti, ricorda che quando fu intrapresa la stagione del terrorismo mafioso, prima di iniziare a etter bombe Riina e tutta la cupola siciliana chiese ai Nuvoletta il loro parere ed il loro aiuto. I Nuvoletta, sempre restii ad operazioni militari eclatanti e sempre attenti a non finire sotto i riflettori di tv e opinione pubblica non condivisero il progetto e non diedero il loro appoggio. I Nuvoletta eseguirono un omicidio che fu determinante per la salvezza dei conti in banca di COSA NOSTRA. Uccisero nel Marzo del 1983 (per mezzo dell’altro clan mafioso in Campania i Lubrano-Ligato di Pignataro Maggiore imparentati con i Nuvoletta) Franco Imposimato, coraggioso sindacalista di Maddaloni (Ce) per intimidire suo fratello il giudice Ferdinando Imposimato che a Roma stava indagando sui capitali finanziari di COSA NOSTRA e di certa N’drangheta . Imposimato fu scelto come bersaglio anche per la sua caparbia battaglia contro la depredazione abusiva delle cave di pietra.


Quando la camorra e la mafia decidono di non uccidere un loro nemico ciò significa che è possibile abbatterlo con mezzi più innocui che non attirino l’attenzione della stampa, delle tv e quindi l’ansia della magistratura più democratica. Questo è il caso di Bertini. I Nuvoletta non l’hanno ucciso ma hano utilizzato prima un pentito, poi certe amicizie per poter usare l’accusa di camorra al fine di far diminuire la legittimità della sua battaglia. Smanticamente del resto nessun Nuvoletta nessun affiliato, sente di essere camorrista o mafioso. Imprenditore certo, uomo d’onore e di fede.. Impresari e commercianti, menti politiche e mediatori, questi sono i reali ruoli degli uomini della mafia campana.


Pisanu e Ciampi hanno ovviamente firmato lo scioglimento del comune. E la giunta Bertini, uno dei pochi presidi sulla penisola contro lo strapotere della mafia sta crollando in totale silenzio e profondissima indifferenza. Ma ciò accade in una parte d’Italia che non esiste.



Roberto Saviano

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Vi racconto di Marano e dei due compari.

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