La folla di vigili urbani dalle otto di mattina all’ufficio protocollo del commissariato di governo per l’emergenza rifiuti, piazza del Plebiscito, è quella dell’ultimo giorno utile: per l’11 marzo, infatti, i comuni campani dovevano notificare al governo i piani per la raccolta differenziata, da mettere in opera entro il 10 aprile pena il commissariamento. La primissima stima, i dati necessariamente parziali e non ufficiali dell’associazione comuni italiani, è favorevole. Su 551 comuni pochi sarebbero oltre i termini. Vediamo il perché in attesa del dato ufficiale. L’Anci, che ha sostenuto con consulenze ed esperti gli enti locali assieme all’Agenzia per la protezione dell’ambiente, al ministero dell’Ambiente e l’Unione delle province, ha ricevuto notifica della presentazione di 258 piani (fatte salve le consegne dell’ultimo giorno). Visto che non era un obbligo notificare all’Anci e vista l’altissima richiesta di consulenze sul campo arrivata al sito Ancitel, l’associazione è certa che «il dato sia significativamente superiore». Non solo. Alcuni piani sono collettivi: ad esempio il solo consorzio Salerno 3, si apprende, ha provveduto al piano di 45 comuni consorziati. E già saremmo, dunque, a 303 comuni. Inoltre c’è divergenza sugli obblighi di presentazione del piano: 150 comuni campani sono già oltre la soglia del 35 per cento della differenziata. Il piano, dunque, lo avrebbero a prescindere, tanto è vero che lo attuano. E saremmo a 450 comuni in regola. Il commissariato del prefetto De Gennaro dovrebbe accettare questa interpretazione: al momento si apprende poi che il prefetto, quando emergessero inerzie, farà scattare i commissariamenti alla data ultima, il 10 aprile. Da oggi, una volta ultimato il censimento dei piani, i comuni che non hanno fatto nulla riceveranno una lettera di diffida a mettere in opera il servizio entro 30 giorni. E mentre i comuni si organizzano per un rientro nella normalità doveroso ma non economico (non abbiamo impianti e mandiamo i rifiuti umidi in Sicilia a 200 euro a tonnellata) si profila la stangata dei tagli ai traferimenti ai Comuni in base a quello che il commissariato ritiene essere il debito degli enti locali per l’emergenza. Tagli che le grandi città sembrano più in grado di sopportare di quelle piccole. Due esempi, Napoli e Portici. Il prefetto Sottile, coreggente con De Gennaro, ha presentato il conto. Un milione e settecentomila a Portici, circa 80 milioni di tagli a Napoli in due anni. L’assessore al bilancio di Napoli Enrico Cardillo assicura che «il Comune non si sottrae e, come è giusto, pagherà il dovuto. In due anni, però, il taglio sarebbe troppo pesante». Durissimo Vincenzo Cuomo, nella doppia veste di sindaco di Portici e di coordinatore Anci per la provincia di Napoli: «Il governo è debitore solo a questo Comune di 11 milioni per trasferimenti mai effettuati, l’emergenza ci è costata due milioni. E cito la nostra realtà come l’esempio significativo dei tanti enti locali colpiti con la clava da un governo che ci tratta da nemici. Non escludiamo di rivolgerci al Tar. Ed ai tanti ministri candidati da queste parti faccio un appello: fermate questa iniquità». In questo quadro la denuncia dell’assessore all’Ambiente Walter Ganapini. Ieri in provincia di Benevento ha ispezionato un impianto di compostaggio finito, pagato e non usato: risolverebbe i problemi della provincia, altro che 200 euro a tonnellata. «Sabotaggio» è stata la parola più tenera che gli è uscita dalle labbra.
CHIARA GRAZIANI
Il Mattino il 12/03/08


