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Diossina, gli esperti confermano la validità delle analisi e la qualità dei prodotti. L’Asl: controlli continui

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Le scene di «Biùtiful cauntri» con i pascoli tra le discariche e le inchieste giudiziarie. Dall’altra parte le rassicurazioni degli esperti, con il consorzio di tutela in prima fila. A Pasqua la mozzarella arriverà su molte tavole: ma chi può dire se è sicura? E quali sono i controlli sulla sua filiera? Esiste una serie di norme, ispirate dal principio «dal campo alla tavola», che – se rispettate – proteggono il consumatore. Compresa la tracciabilità, cioè tutto il percorso dall’allevamento al negozio. Enrico Fariello, direttore del servizio veterinario dell’Igiene della produzione, commercializzazione e trasporto degli alimenti di origine animale dell’Asl Napoli 1, spiega come avviene la catena dei controlli dell’azienda sanitaria locale. Nell’allevamento si controlla se l’animale è affetto da malattie come brucellosi o tubercolosi o se gli sono stati somministrati mangimi con farmaci. Nel caso della mozzarella di bufala, assicurano gli esperti, il virus della brucella (che si attiverebbe a 51 gradi per venti secondi) sarebbe stroncato dalla temperatura di lavorazione della pasta filata, vicina ai novanta gradi. I controlli riguardano il latte «di massa», cioè la mungitura miscelata dell’intera stalla, su cui vengono effettuate analisi batteriologiche, microbiologiche e chimiche. L’Asl controlla anche il latte portato nei caseifici, dove le stesse aziende da anni controllano la qualità della materia prima. Pena la perdita di enormi commesse, come quelle rappresentate dalla grande distribuzione. Che, anche sul controllo della diossina, chiede il rispetto delle regole e non si accontenta dei certificati, ma manda i propri ispettori nelle aziende a verificare la rispondenza tra carte e realtà. Nel 2006 sono state recepite le norme comunitarie conosciute come «pacchetto igiene», che affidano la responsabilità della produzione al gestore del caseificio. Quest’ultimo deve controllare la provenienza lecita del latte (producendo il documento di trasporto) e applicare l’autocontrollo sui punti critici del processo. Esistono poi altri controlli in fase di lavorazione, sull’idoneità delle attrezzature o la corretta igiene. Inoltre ci sono i controlli sulla conservazione dell’alimento, sulla carta – se ad esempio l’etichetta lascia trasudare inchiostro – e su come l’alimento viene trasportato. Infine il consorzio di tutela della mozzarella di bufala campana Dop controlla il rispetto del disciplinare. Se, cioè, l’etichetta o la dicitura sono corrette o se viene usato latte interamente di bufala o mescolato con il bovino. Una prassi che viene smascherata con l’elettroforesi, che rivela la presenza di alcune proteine specifiche. «Dal 2003 – dice Lino Martone, segretario del Siab, il sindacato deli allevatori bufalini di Caserta – tutti gli allevatori effettuano analisi di autocontrollo della diossina, anche se la legge regionale non obbliga loro, ma i caseifici». Oltre all’uso di latte surgelato, consentito e ormai regolare, c’è chi riferisce di frodi. Le grandi aziende investono in prevenzione: ma gli altri, che producono ugualmente le certificazioni, hanno davvero analizzato tutte le partite di latte, nessuna esclusa, che arrivano in azienda? «Con la pastorizzazione – chiosa Martone – ci sarebbe la certezza assoluta che il latte è sicuro, senza incidenza sulla resa».

FABIO JOUAKIM
Il Mattino il 21/03/08

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Latte alla diossina, caccia ai campi infetti

Indagate almeno altre dieci persone (fra cui il sindaco di un Comune del Casertano): si sposta su funzionari Asl e tecnici regionali (per ipotizzate omissioni nei controlli e nell’applicazione di misure di prevenzione sanitaria) l’inchiesta condotta dai carabinieri del Noe e del Nas su presunte frodi commerciali e contaminazione di prodotti alimentari in relazione alla produzione e alla vendita di mozzarella di bufala confezionata con latte alla diossina. Ieri sono proseguiti gli accertamenti da parte dei carabinieri che hanno complessivamente eseguito perquisizioni e ispezioni in 112 fra allevamenti e caseifici delle province di Caserta, Napoli e Avellino. L’inchiesta, coordinata dai pm Paolo Sirleo, Giuseppe Noviello e Alessandro Milita (quest’ultimo della Dda) nasce da accertamenti sui clan della camorra attivi nel Casertano nel settore zootecnico. A far scattare gli accertamenti gli incendi – appiccati nei mesi scorsi ai cumuli di rifiuti – dai quali si sarebbe sprigionata diossina che sarebbe poi entrata nella catena alimentare attraverso il foraggio delle bufale da cui è derivato il latte utilizzato per la produzione di mozzarella. I controlli (su 29 caseifici e 83 allevamenti, ma le verifiche hanno riguardato anche altre aziende già interessate nelle settimane scorse dalle ispezioni dell’Asl) si sono conclusi ieri: sequestrate partite di latte e mozzarella in cui sono state riscontrate concentrazioni di diossina superiori ai limiti stabiliti per legge; recuperate fialette di anabolizzanti e ormoni per la crescita; acquisita documentazione presso l’Asl Ce 1, Ce 2 e gli uffici regionali in relazione alle modalità di controllo. Sconcertanti anche i riscontri investigativi desumibili dai verbali redatti dai carabinieri dopo i sopralluoghi nelle aziende, soprattutto sulle modalità di smaltimento del latte non utilizzabile per la produzione di mozzarella (destinato alla termodistruzione) che in varie circostanze alcuni dei titolari degli allevamenti perquisiti hanno ammesso di aver smaltito semplicemente riversandolo nel terreno. Ieri intanto – dopo le prime controanalisi – sono state dissequestrate 12 aziende (sui 69 allevamenti chiusi fra Aversa, Villa Literno, Casal di Principe, Castelvolturno, Cancello e Arnone) mentre la manager dell’Asl Ce 2 Antonietta Costantini precisa che in due mesi (novembre-dicembre 2007), secondo quanto prescritto dalla legge 3 del 2005, «l’Asl ha eseguito da sola 127 accertamenti sui 150 dell’intera Campania». Ma la polemica sulla sicurezza alimentare, sull’affidabilità di un prodotto (che fruisce di un marchio Dop) e sulla crisi di immagine e di mercato che sta investendo il comparto, è deflagrata. Per il ministro alle Politiche agricole Paolo De Castro «chi sbaglia deve pagare, i controlli ci sono e vengono applicati a garanzia dei consumatori e dei tanti produttori onesti che non devono subire una criminalizzazione». L’assessore regionale alla sanità Angelo Montemarano insiste «sull’efficacia della rete dei controlli nel settore veterinario, sanitario e ambientale» mentre il collega delle attività produttive Andrea Cozzolino precisa che «solo nel 2007 l’Istituto zooprofilattico ha effettuato 75.500 esami totali (di cui 2500 positivi), 20.500 esami microbiologici e parassitologici (1330 positivi). Questa condizione ha determinato il blocco delle produzioni di 83 allevamenti che erano prevalentemente quelli che conferivano il latte ai 29 caseifici in questione». Il presidente del Consorzio di tutela Franco Consalvo precisa che «soltanto 9 caseifici dell’area Dop risultano coinvolti e sono fruitori, non soci, del consorzio con un mercato di appena il 2,84 per cento». A sostegno della Dop invocati anche «i piani di autocontrollo adottati delle aziende in base alle vigenti norme comunitarie». Secondo Coldiretti «occorre fare al più presto chiarezza per tutelare l’immagine di uno dei prodotti più rappresentativi del Made in Italy».

LORENZO CALÒ
Il Mattino il 21/03/08


La rabbia dei produttori: «Sono casi isolati»
Da Santa Lucia ora aspettiamo aiuti concreti

Le pagine dei giornali sono spalancate sull’allarme del giorno: i sequestri di latte e mozzarelle in 112 aziende tra le province di Napoli e Caserta. Al caseificio «Garofalo» la produzione va avanti con i soliti ritmi: gli imballaggi pronti per Milano, con il marchio Galbani; le confezioni di polistirolo per i punti vendita negli aeroporti; le tecniche di sempre, ma con macchinari moderni. Raffaele Garofalo è la terza generazione di chi credette, da queste parti, nell’allevamento delle bufale. Chi rischiò la pelle in territori paludosi dove si moriva di malaria. Chi ha poi resistito alle insidie criminali in una terra martoriata dai violenti clan dei casalesi. «La porto dove potrà capire chi sono oggi gli allevatori di bufale e i produttori di mozzarelle invidiate in tutto il mondo», annuncia proprio Raffaele Garofalo, oggi presidente nazionale dell’Associazione allevatori specie bufaline. Da Santa Maria Capua Vetere a San Nicola la Strada il percorso è rapido, se si conoscono le scorciatoie giuste. In viale Carlo III, c’è la sede del consorzio di tutela della mozzarella campana, riconosciuta dal Dop (denominazione di origine protetta). Per Pasqua dovevano chiudere, ma le notizie dell’ultim’ora hanno imposto il fuori programma. Si preparano il testo a pagamento da pubblicare sui giornali e un comunicato stampa. Spiega il presidente del consorzio, Francesco Consalvo, in carica da appena 15 giorni, imprenditore di Serre in provincia di Salerno: «All’indagine di cui si parla, sono sottoposti solo nove caseifici dei 131 aderenti al consorzio Dop. Significa il 2,80 per cento della nostra produzione. Speriamo che, dopo i primi 16 dissequestri, le campionature chiariscano che i controlli assicurati dai 16 funzionari del consorzio garantiscono il consumatore». Sulla parete, campeggia il certificato di «mozzarella bufala campana», firmato nel 1996 da Franz Fischler a Bruxelles. Inseriva il prodotto nell’albo Dop. Dice Raffaele Garofalo: «La mozzarella è cultura, tradizione, storia del nostro territorio. Significa lavoro per 25 mila famiglie. Intuimmo in cinque, nel 1981, che era necessario fare qualcosa per distinguere lavorazioni fatto secondo criteri certificati dalle altre». Proprio 27 anni fa, si misero assieme Garofalo, la cooperativa di Cancello Arnone, Lupara di Capua, l’Abc di Vitulazio e la Bufarella di Salerno. Era il primo nucleo del consorzio, arrivato a 131 caseifici (70 in provincia di Caserta), concentrati anche nell’area salernitana, in quella foggiana e nell’alto Lazio. Tre iniziali sedi a Napoli, poi il trasferimento nell’area naturale: la provincia di Caserta. Il direttore Vincenzo Oliviero snocciola dati: 36 milioni di chili di mozzarelle prodotte nel 2007, con 2000 allevamenti di bufale. Le mazzate sono cominciate a gennaio, quando l’informazione comincia a bombardare sulla crisi rifiuti. Da allora la flessione si è fatta costante, arrivando al 15 per cento di un fatturato che nello scorso anno è stato di 300 milioni di euro. Commenta ancora Raffaele Garofalo: «Sarebbe ora che la Regione intervenisse a sostenere il settore, anche con rimborsi a chi è stato costretto a distruggere la sua produzione». L’orgoglio sono le immagini di personaggi famosi che ordinano la mozzarella nei caseifici della zona: la famiglia reale inglese, attori come Leonardo Di Caprio. C’è chi ha investito nel settore, come Fabio Cannavaro che ha acquistato l’80 per cento di un caseificio a Teverola. Il consorzio pensa a testimonial in piazza, nelle principali città del nord con degustazioni di mozzarella. «Il problema rifiuti è argomento di campagna elettorale – commenta Raffaele Garofalo – Una crisi che investe aree urbane, non certo le realtà agricole degli allevamenti. L’inchiesta sulla diossina non c’entra con i rifiuti. È difficile far capire che qui è tutto controllato, che la diossina non riguarda il marchio Dop. Sa che il consorzio si è costituito parte civile nei procedimenti contro le ecomafie? Per noi, il territorio è risorsa». La mozzarella è al terzo posto (dopo il parmigiano reggiano e il prosciutto di Parma), tra i prodotti Dop in Italia, al quarto per fatturati (prima viene anche il gorgonzola). Una ricchezza. «Siamo un settore sano, vogliamo i controlli e crediamo nella magistratura. Chiediamo però di non far confusione tra la mozzarella e le mozzarelle sequestrate». Nella sede del consorzio, studiano iniziative. E il presidente Consalvo osserva: «Che ne è stato del can can sull’aviaria e quello sulla Bce? Tempeste risolte in una bolla di sapone. Attenzione sì, ma senza confusione». Poi tutti ad assaggiare una mozzarella con il marchio della bufala nera su logo rosso e verde. Una delizia.

GIGI DI FIORE
Il Mattino il 21/03/08


Crac del fatturato Sos per i risarcimenti

Fare qualcosa – e farlo subito – per soccorrere un settore trainante dell’economia del territorio, che occupa 20 mila persone, 1900 allevamenti (131 caseifici) e un volume di esportazioni del 16 per cento. Ma che perde oltre il 40 per cento del mercato nel raffronto gennaio 2007-gennaio 2008, il 15 per cento del fatturato, negli ultimi due anni attestatosi sui 300 milioni di euro. Sono soltanto alcuni dei numeri della Dop, snocciolati ieri mattina sul tavolo del prefetto di Caserta Ezio Monaco insieme alle preoccupazioni di un comparto dilaniato anche dall’emergenza brucellosi che nelle prossime settimane potrebbe decimare il patrimonio bufalino (a rischio abbattimento oltre 30 mila animali). Si fa appello alla Regione perché i controlli definitivi sul latte (e non solo sul prodotto finito, la mozzarella) vengano accelerati; si cercano le risorse per sostenere finanziariamente le aziende in crisi, a cominciare da quelle tenute alla distruzione (a proprie spese) del latte non utilizzabile. «Ma qui intervengono forti restrizioni da parte dell’Ue che impedisce il sostegno diretto dall’ente pubblico al privato – precisa Paolo Sarnelli, responsabile del Dipartimento veterinario della Regione – e dunque l’unico sistema per arginare il fenomeno è quello di insistere sui controlli e procedere d’intesa con le forze dell’ordine e le Asl nell’attività ispettiva». Né, a detta della Regione, sembra percorribile al momento la strada intrapresa nel 2003 con la legge sulle emergenze zootecniche, costata all’ente regionale un lungo contenzioso con gli organi comunitari. Ma per ora un primo risultato è stato conseguito: la Regione ha trovato un altro laboratorio specializzato che supporterà quelli di Teramo, Brescia e Roma nello svolgimento delle analisi sui campioni di latte sequestrato. Tutto questo in attesa che diventi operativo il centro specializzato di Portici (non prima di giugno) per il quale esiste già uno stanziamento di fondi per circa un milione di euro. Ma il fattore tempo appare determinante: ogni laboratorio infatti è in grado di analizzare non più di venti campioni a settimana. Senza considerare i costi: per ogni singolo accertamento la Regione spende intorno ai 1200 euro. «È il prezzo della sicurezza – dice il sindaco di Castelvolturno Francesco Nuzzo – ma intanto io sono stato assalito da decine di operatori del settore inferociti per il blocco della loro attività. Pensi, in una settimana, su indicazione dell’Asl, ho firmato trenta ordinanze di chiusura preventiva di allevamenti. Come sindaco non posso fare diversamente ma qui la situazione è esplosiva». In una nota gli allevatori aderenti al Siaab (che nei giorni scorsi, per protesta hanno bloccato strade e provocato la chiusura dello svincolo di Capua sull’A1) parlano «di responsabilità di tutte le istituzioni: se esiste il problema diossina, è bene fare accertamenti anche sui mangimi: non si può gettare infamia solo sugli operatori del settore».

GIGI DI FIORE
Il Mattino il 21/03/08

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