La Regione è pronta a sostenere la crisi del comparto mozzarella esplosa con il caso diossina. L’assessore all’Agricoltura Andrea Cozzolino: «Tutte le misure che serviranno e di qualsiasi natura verranno messe in campo. Non ci tiriamo indietro, consapevoli però che la mozzarella campana è buona». Chiaro l’intento anche del governo. Il ministro Paolo De Castro: «Commercializzeremo in qualche modo i prodotti a pasta filata, il governo si farà carico di questo aspetto della vicenda». Dal canto suo il governatore Antonio Bassolino definisce l’allarme diossina «un’incredibile bolla mediatica». Secondo il Consorzio di tutela nei mesi di gennaio e febbraio 2008 si è registrata una contrazione del 30%.
Un giorno con gli 007 nei caseifici sotto controllo
La linea del Piave della mozzarella passa per la provincia di Napoli, sull’asse Frattamaggiore-Afragola. Le cifre della Caporetto sono un bollettino di guerra. Dove a perdere è il buonsenso e a vincere è la psicosi. Salvatore Corso che nel 1975 ha aperto il caseificio «Delle Rose» e manda l’oro bianco in mezzo mondo ha una faccia da generale Cadorna. Alle sue spalle c’è un’immagine di Padre Pio e una cartina dell’Italia e di fronte una del mondo intero. Gran parte della mozzarella ferma in Giappone è sua. Lavora con Tokyo e con Osaka. E con gli Stati Uniti. Le spedizioni a New York sono calate da 20 quintali a 14. Quelle a Chicago da 7 a 2,95. Da Milano chiedevano 10 quintali, ora hanno voluto cinque chili. «E da Udine hanno detto di non mandare nulla» conclude disperato e arrabbiato. Le scatole di polistirolo sono accatastate vuote. Riempiono una parete intera. «Dovevano partire per il Giappone». Stanno qua. «In questi giorni produciamo 4 quintali di mozzarella, normalmente erano 20». A soffrire in questa sindrome della bufala pazza sono tutti. Grandi e piccoli. «Ma soprattutto noi che abbiamo sempre lavorato pulito» si sfoga Corso, mentre i suoi occhi azzurri vagano nell’enorme laboratorio con le attrezzatture sconsolatamente ferme. Il latte che arriva da Santa Maria La Fossa, da Cancello Arnone e Lago Patria viene congelato. «Ma fino a quando potremo andare avanti così?» si chiede e si risponde: «Poco, perché se proprio devo quantificare da Capodanno abbiamo perso il 50-55 per cento delle vendite». Licenziamenti? «Mai, a costo di trasformarli in muratori e uomini delle pulizie». Imputato numero uno? «La monnezza che ha fatto il giro del mondo e ci sta distruggendo. I miei distributori dal Giappone mi hanno detto che per sbloccare tutto ci vuole un via libera del governo. Che lo dessero». Nella stanza accanto ci sono Nas e carabinieri: stanno verificando forniture, certificati, acquisti, filiere, produzione. Un lavoro di routine che da gennaio s’è intensificato. Controlli a nastro, si dice in gergo, per indicare una pressione costante. Una giornata con gli 007 della salute sfata molti luoghi comuni. Se un tempo erano visti come seccatori, ora sono accolti a braccia aperte. Arrivano i nostri. Ai Nas basta una prima occhiata per rendersi contro se qualcosa non va. Uno sguardo d’insieme per capire se ci sono rischi per l’igiene. Poi controlli che durano anche due o tre ore. Minuziosi, pignoli, interminabili per il bene dei consumatori, innanzitutto. Se qualcosa non va, se compare lo spettro della maledetta diossina, scattano sequestri e sigilli e intervengono le autorità sanitarie. Ma qui a Cardito è tutto in regola, pulito. «Non è giusto che per colpa di pochi devono pagare tutti, compresa la stragrande maggioranza di chi lavora seriamente» commenta il comandante provinciale Gaetano Maruccia. «I nostri controlli continueranno ad essere costanti per la tutela del prodotto e dei consumatori. Chi sbaglia pagherà e pagherà fino in fondo». E mentre i Noe setacciano la Pignasecca, i Nas puntano su Ponticelli, periferia di Napoli. Tra palazzoni grigi, Lotti come Vele, e vecchie case rimesse a nuovo, a via Bartolo Longo, c’è la palazzina verde e gialla del caseificio «Ambrosio». I controlli dei Nas qui sono più rapidi. Il laboratorio è fermo, a quest’ora. Il lavoro è poco. Gli operai sono a braccia incrociate. Fumano una sigaretta sul marciapiede, chiacchierano. Per gli 007 ci sono solo carte da controllare. E Giuseppe Ambrosio insieme al padre Eugenio le tirano fuori dalle cartelline. «Una, due, tre, quattro, cinque» contano. «Da gennaio abbiamo avuto almeno un controllo a settimana. Sempre tutto in regola». Ma serve a poco. Anche qui un crollo del 60 per cento. Per far risalire le vendite, perché accanto al piccolo caseificio c’è anche una salumeria, hanno provato ad abbassare i prezzi. Ma a poco è servito, persino la clientela più affezionata è impaurita. Da «Ambrosio» vengono da San Sebastiano al Vesuvio, da San Giorgio a Cremano, da Cercola. «Pure molti emigrati che ogni anno passano a Ponticelli le vacanze di Pasqua» racconta Eugenio. «Prima di ritornare al Nord facevano rifornimento di latticini. Quest’anno non s’è visto nessuno». Il pasticcio è fatto e qui, come in molti altri stabilimenti caseari, stanno valutando se licenziare un po’ di personale. «Ma come si fa? Lavorano con noi da anni e anni. Sono di famiglia».
PIETRO TRECCAGNOLI
Il Mattino il 27/03/08
Cuomo, manager d’Oriente: «Addio clienti, è una batosta»
Salvatore Cuomo, chef, imprenditore, ma soprattutto il più noto piazzaiolo del Giappone e d’Oriente con i suoi settanta locali, lancia un Sos. «Se non si sblocca la situazione della mozzarella perderemo molti soldi e molti posti di lavoro». C’è preoccupazione al punto che Cuomo arriverà a Napoli il 4 aprile per cercare produttori di mozzarella nel Lazio. Prima però farà tappa in Corea e a Hong Kong dove sta tentando di aprire altri locali, malgrado la crisi dell’oro bianco. Allora rinuncerà alla mozzarella di bufala campana, proprio lei che è napoletano? «Il mio gruppo è quotato in borsa, ci sono 3000 persone che dipendono dal mio lavoro, non posso correre ulteriori rischi. O diamo garanzie ai giapponesi oppure agirò diversamente». Cosa significa? «Nei miei locali la pizza si fa solo con la bufala Dop, mi sono battuto e questo è il mio marchio. Ho dovuto nelle ultime ore fare la pizza col fior di latte congelato e il calo in poche ore dei clienti è stato del quindici per cento. Bisogna subito voltare pagina». In che modo? «I giapponesi per dare via libera all’ingresso della mozzarella aspettano che il governo italiano invii garanzie per iscritto che il prodotto è buono e non è infettato, queste garanzie ancora non arrivano ed è tutto fermo. Io importo con due voli a settimana due tonnellate di mozzarella. Se si fermano i miei locali le ripercussioni ci saranno anche in Italia». I suoi ristoranti sono quindi chiusi? «No, però tutto quello che proviene dall’Italia è che è derivato dalla mozzarella è stato bloccato alla dogana. Lavoriamo con i prodotti surgelati. Una pizza margherita nel mio locale costa 24 dollari, sono sceso già a 18. Le autorità giapponesi non vogliono sentire ragioni, vogliono garanzie dal nostro governo». Perché questa durezza? «L’immagine dell’Italia, ma soprattutto della mia Napoli, è così degradata che non si fidano». Come si è arrivati a un punto simile? «La crisi dei rifiuti e la questione mozzarella viene rilanciata sui media giapponesi in continuazione, credo che non ci sarà un turista nipponico a Napoli per i prossimi dieci anni. Conoscendo come la pensano sono pronto a scommetterci». Quali notizie passano sui media giapponesi in questi giorni? «Oltre alla questione della mozzarella, vengono rilanciati documentari sulla questione rifiuti con reporter che puntano il dito contro la camorra e le connivenze delle istituzioni». Sia più chiaro. «Da queste parti sono convinti che a Napoli siano tutti o quasi camorristi, l’immagine di Napoli va di pari passo con quella dell’Italia. Ci vorrà molto tempo per ritornare alla normalità». lu.ro.
Il Mattino il 27/03/08
Bellopede, caseificio Dop: «All’estero un cd sulla filiera»
«Bellopede e Golino», nel casertano, nel territorio di Marcianise per la precisione, sono sinonimo di mozzarella Dop, di qualità eccellente. Dal 1970 fanno i casari per mestiere e l’azienda conta ben quaranta dipendenti e anche un laboratorio di analisi al suo interno. Ferdinando Lopez è fra i dirigenti del caseificio quello a cui Luca Bellopede – il patriarca dell’impresa – ha delegato la parola, anche perché Lopez è proprio il tecnico che si dedica alle analisi del prodotto. Allora dottore, come stanno le cose col Giappone? «Guardi, le comunico immediatamente un dato: ieri invece che i soliti otto quintali, da Tokyo ce ne hanno chiesti dieci. Mi sa che piace molto la nostra mozzarella ai nipponici». Tutta una bufala dunque quella della diossina? «Facciamo parte del consorzio Dop. Posso dire che noi stiamo informando la clientela attraverso dei cd, che stiamo fornendo anche ai giapponesi. Così gli diciamo che i nostri prodotti sono buoni, controllati e sicuri». Tuttavia c’è una psicosi che in qualche modo sta nuocendo alla vostra categoria. Lei è preoccupato? «Non moltissimo, però è vero che il calo nelle vendite c’è stato. Ma la stranezza è che questo fenomeno si è verificato in Campania, dalle nostre parti, non per quanto riguarda le esportazioni all’estero. Ecco perché trovo tutta questa situazione singolare, davvero mi sembra una psicosi». Come sarà possibile uscire al più presto da questa situazione? «Intanto mi auguro che il Consorzio di tutela si faccia carico di una massiccia campagna informativa, quello che noi già stiamo facendo per il nostro stabilimento». Per esempio? «Stiamo accompagnando tutti i nostri prodotti, oltre che con il cd descritto prima, con una serie di opuscoli dove viene descritta tutta la filiera produttiva e tutti i minuziosi controlli a cui i prodotti vengono sottoposti». Tuttavia qualche azienda produceva mozzarella con un surplus di diossina, non nociva per la salute, oltre i limiti di legge. Perché? «Dove è successo sono saltati i controlli e lo chiarirà chi di dovere il perché. Io posso soltanto dire che la filiera è serratissima, dal 2006 con le normative Ue anche gli allevatori devono controllare i mangimi e i foraggi, pena l’immediata messa al bando». Insomma si può essere relativamente tranquilli? «Ritengo di sì e sono sicuro che presto passerà la psicosi. Scene già viste, basti pensare alla mucca pazza e alla emergenza aviaria. Poi tutto tornerà alla normalità. Anzi dopo questi momenti, i prodotti sono ancora migliori. Pensiamo a quanto accadde con il vino e con la questione del metanolo. Da allora i nostri vini sono diventati prodotti di eccellenza». lu.ro.
Il Mattino il 27/03/08