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sabato, Aprile 20, 2024
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IL GIOCO DELLE CASACCHE: CAMBIARLE NON E’ PECCATO

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IL COMMENTO


Cambiar partito non è peccato. Anzi pare che oggi sia l’unico strumento che rimane in dotazione a chi fa politica per non restare ingabbiato nel circolo vizioso del verticismo dei partiti. E sì, perché la genesi del problema nasce tutta da lì. Il sistema elettorale attuale dovrebbe garantire, almeno nell’immaginario del legislatore, periodi più lunghi di governabilità contro la successione quasi semestrale dei Governi della “prima repubblica”. E questo è un dato discutibile: il primo governo Berlusconi non è arrivato al suo termine naturale, non è arrivato a fine mandato nemmeno Prodi, e in questi giorni a due anni dall’elezioni si parla già di elezioni anticipate. Quindi il primo dato, che dovrebbe essere positivo, è smentito dai fatti. Il secondo elemento che si è addotto a sostegno della efficacia e bontà del maggioritario è che i parlamentari sono, con questo sistema elettorale, legati da un rapporto più forte con il territorio. E pure questo dato è smentito dai fatti. Basta guardare nei collegi di Camera e Senato di Marano e Giugliano per verificare che ad ogni legislatura non si è mai ripresentata la stessa persona. Il motivo è facile da comprendere perché ognuno, consapevole di non aver fatto nulla per il territorio e di non essersi fatto vedere per cinque anni, ha preferito abbandonare ed approdare verso altri lidi, truffando nuovi elettori. Il sistema infatti è quello di prendersi la “mappa” dei vari collegi non solo campani ma anche nazionali, confrontarli con i sondaggi e battersi per farsi assegnare un collegio che danno con una buona o ottima propensione al voto verso il proprio schieramento politico. A questo punto poi subentrano altri fattori: o si paga e si acquista la candidatura in quel collegio o si hanno rapporti intimi con i vertici nazionali di partito e si trova una buona sponsorizzazione altrimenti si è fuori dai giochi. E lo stesso meccanismo vale anche per le candidature alla Regione, alla Provincia, al Comune fermo restando alcuni piccoli correttivi dettati dai diversi sistemi elettorali. Le candidature, insomma, sono l’arma del ricatto in mano ai dirigenti di tutti i partiti per soggiogare tutte le figure istituzionali al proprio volere, imponendo nomine, scelte amministrative, e quanto di più hanno il bisogno o il vezzo di chiedere. E allora qual è il modo per battere questo sistema distorto, per sottrarsi al giogo del ricatto della candidatura e implicitamente di tutta la carriera politica di chi voglia impegnarsi in questa nobile arte? Sottrarsi alla politica sia come elettorato passivo sia come elettorato attivo è un grave errore, perché non fa altro che avvantaggiare ancora di più i dirigenti ricattatori. Infatti il ragionamento che costoro fanno è semplice: dal lato attivo delle tese di legno da candidare si troveranno sempre e se qualcuno che non si è voluto sottomettere e se ne va non ha fatto altro che toglierli dall’imbarazzo di cacciarlo, dal lato passivo anche se meno gente andrà a votare i rapporti di forze non cambiano, si abbasserà solo il quorum dei votanti aspetto del tutto irrilevante. Il metodo più efficace, forse, è quello di cambiare subito partito non appena si affaccia l‘ombra del ricatto. E’ l’unica opera destabilizzatrice che può mandare in tilt il sistema. Non si tratta di essere opportunisti o voltagabbana ma piuttosto di salvaguardare la democrazia. Restare ostaggio di un manipolo di dirigenti senza scrupoli è non solo deleterio per il progresso e lo sviluppo della collettività ma è anche pericoloso per il sopravvivere della democrazia. Gli elettori sono posti nella condizione o di votare chi i partiti gli somministrano o niente, è come dire o bevi o affoghi. Allora elettori e attivisti di partito devono adeguarsi al nuovo sistema e rifiutare la vecchia logica dell’affezione alla bandiera del proprio partito, quella logica era valida in un sistema elettorale proporzionale, mentre non vale con il maggioritario che impone l’alternazna dei governi sulla base della valutazione dei risultati che gli amministratori hanno conseguito.

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