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giovedì, Maggio 9, 2024
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Le indagini: Ferito il guardaspalle di Malavita

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Giovane, forse trentenne. E ferito. Per Fabio Cagnazzo, tenente colonnello dell’Arma e investigatore di razza, sono i soli elementi a disposizione per risalire all’identità dell’uomo che accompagnava Pasquale Malavita quando il piombo dei killer ha investito il capozona’spagnolo’. Il presunto guardaspalle dell’ex braccio destro di Paolo Di Lauro potrebbe essere la chiave di lettura dell’omicidio, il testimone fondamentale alla soluzione del caso. Era in sella allo scooter quando Malavita ha notato il potente Yamaha T-Max affiancarsi. Forse è stato lui a consigliare di arrestare la corsa del ciclomotore. Che sicari e vittima si conoscessero è uno dei primi dubbi sorti agli uomini della Benemerita che indagano sull’agguato. La pioggia di pallottole che ha centrato Malavita ha sfiorato anche il suo accompagna ore ma di lui nessuna traccia in ospedali e cliniche private. Negli agguati di camorra ogni particolare può essere sottoposto a diverse letture. La storia, tra l’altro, della frattura tra Di Lauro e scissionisti ha sottolineato quanto i tradimenti avessero influenzato l’andamento della faida. Chi ha ucciso Pasquale Malavita sapeva che il quarantaquattrenne sarebbe passato in quella strada periferica d ‘Villaricca 2’ a quell’ora. Era a conoscenza che l’uomo aveva cambiato residenza. Un aspetto, questo, oscuro anche alle forze dell’ordine. E’ stato proprio il colonnello Cagnazzo a recuperare un mazzo di chiavi ed un telecomando corrispondenti ad un’abitazione nel comune alle porte di Napoli. Malavita – disattendendo alla prassi – non aveva comunicato all’autorità di polizia il suo trasferimento da Miano all’hinterland. Ci sono altri due particolari al vaglio degli investigatori. Il primo riguarda la presenza dell’auto con a bordo la moglie di Malavita proprio sul luogo del delitto. La giustificazione fornita dalla donna “passavo di qui per caso” non ha per nulla convinto i carabinieri. C’è poi l’arma utilizzata per portare a termine la missione di morte. Il medico legale accorso in via Consolare Campana angolo via Firenze era rimasto colpito dalle lacerazioni procurate dai proiettili. “Hanno utilizzato un fucile”, si era detto in un primo momento. La versione è cambiata a seguito degli accertamenti balistici del Racis. Chi ha premuto il grilletto ha utilizzato un potente revolver, forse un calibro 357 magnum. Una pistola che, nel ‘sistema’ rappresenta il simbolo del potere, una sorta di scettro per il boss. Un’arma potente che il padrino consegna al killer per eseguire una sentenza. (Giancarlo Maria Palombi – CdN – 03/10/2010)

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