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domenica, Maggio 5, 2024
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Carabinieri, Cagnazzo addio polemico

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Fabio Cagnazzo, il suo nome non compare, non c’è la firma. Eppure è una lettera dai toni emotivi e addolorati, su carta intestata dei carabinieri: «Gruppo Castello di Cisterna. Nucleo Investigativo. Il comandante».

L’autore, si comprende subito, è Fabio Cagnazzo, il tenente colonnello dei 108 latitanti presi in sette anni. Da oggi primo ufficiale dell’Arma a mettere nero su bianco il suo rammarico per un trasferimento annunciato e previsto da tempo. E la sua delusione.

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Fabio Cagnazzo, tenente colonnello da due anni, lascia il nucleo investigativo di Castello di Cisterna, punta di diamante della lotta alla camorra in provincia di Napoli. Trasferito a Foggia, al comando del Reparto operativo.

Nella pratica: promosso a una responsabilità di livello superiore, ma in una provincia molto più piccola di quella di Napoli. Anche se — va sottolineato — nel Comitato nazionale per l’Ordine e la sicurezza del giugno scorso a Roma venne sottolineato l’aumento dell’emergenza criminalità proprio a Foggia e venne deciso di inviare investigatori di alto rango. Cagnazzo promosso, dunque?

A quanto pare lui non la pensa così. Scrive: «Dopo sette anni lascio tra qualche giorno il comando del nucleo di Castello di Cisterna con grande amarezza, destinato d’autorità al Reparto operativo di Foggia. Trasferimento giunto all’improvviso che non mi ha permesso di salutare, con il rispetto e l’affetto dovuto, le varie autorità locali e gli amici veri (pochissimi)». Tutto nella frase d’attacco della lettera, cui seguono i calorosi ringraziamenti ai magistrati, ai giornalisti, ai suoi uomini.

Ma sembrano scritte in grassetto, quelle parole: amarezza, destinato d’autorità, trasferimento improvviso, pochissimi amici.

Luglio scorso: un pregiudicato con aspirazioni al programma di protezione riservato ai pentiti allude a collusioni tra carabinieri di Castello di Cisterna e la camorra. Nessun nome, nessun riferimento preciso. Allora come oggi. Ma l’ombra si allunga per un attimo sul numero uno delle indagini anti camorra, il tenente colonnello Fabio Cagnazzo. Che, è bene precisare, non ha niente a che fare con quella vicenda. Ma proprio in quei giorni si viene a sapere del suo vicino trasferimento a Foggia.

Una punizione? Scrive Cagnazzo nella sua appassionata lettera: «Un uomo si può uccidere anche con le parole, con le bugie e con le illazioni». Perché anche una brillante carriera costruita sulla dedizione può traballare per una sola allusione. Di qui l’amarezza. In realtà il tenente colonnello Cagnazzo, da sette anni a Castello di Cisterna, non poteva più restare. Per l’Arma era “scaduto” per il suo alto grado. Il ruolo di comandante del nucleo investigativo va affidato a un capitano o a un maggiore. Il tenente colonnello deve seguire la sua strada e la sua carriera.

IRENE DE ARCANGELIS

LaRepubblicaNapoli.it

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