GIUGLIANO . Non c’è più niente dove c’era la fabbrica di fuochi pirotecnici Vallefuoco. Erano cinque piccole costruzioni in mattoni e cemento: sono saltate in aria una dietro l’altra. O forse insieme, difficile capirlo adesso che ci sono soltanto macerie e puzza di bruciato. E soprattutto c’è l’ennesimo elenco di vittime da stilare: cinque, stavolta. Due dei fratelli Vallefuoco, titolari dell’azienda: Antonio e Giuseppe, 41 e 43 anni. E poi Cristoforo e Antonio Lieto, padre e figlio, 48 e 20 anni, fuochisti senza più la loro fabbrica, inseguiti da un destino che racconteremo più avanti. L’ultima vittima non aveva niente a che fare con botti, mortai, girandole e stelle luminose: Carmine Napoletano, 23 anni, era un amico dei Lieto, li aveva accompagnati per passare il pomeriggio e invece si è trovato nell’inferno.
Perché non è esagerato parlare di inferno quando salta per aria una fabbrica come questa. Una fabbrica importante, nel suo campo famosa in Italia e all’estero. Con tutte le autorizzazioni, le misure di sicurezza e guidata da gente esperta. Ma con i fuochi pirotecnici la sicurezza assoluta non c’è mai. Ieri pomeriggio in una di queste cinque casematte tirate su in aperta campagna alla periferia di Giugliano, quasi dove inizia la provincia di Caserta, è successo quell’imprevisto che in posti del genere è sempre in agguato. Ed è stata la fine. C’erano sette persone, in quel momento: cinque sono morte, una è gravissima (Romualdo, il figlio di Antonio Vallefuoco) e solo una ha avuto la fortuna di cavarsela con qualche bruciatura e niente di più. E’ Gabriele Vallefuoco, il più anziano dei cinque fratelli che avviarono la fabbrica nel 1973. La sua foto, con la didascalia in cui è specificato il titolo di cavaliere del lavoro, compare sul sito internet dell’azienda, dove sono elencati i numerosi riconoscimenti ottenuti sia in Italia sia all’estero, e dove è scritto che «il nostro nucleo operatore è disponibile a realizzare al meglio ogni particolare richiesta per spettacoli pirotecnici in ogni luogo nel mondo ed in ogni stagione».
La stagione estiva, però, è quella in cui i fuochisti lavorano maggiormente. Non è il 31 dicembre il momento più importante dell’anno: quello è un solo giorno, l’estate, invece, è piena di feste e appuntamenti che si concludono con l’immancabile gioco pirotecnico. I Vallefuoco, per esempio, ieri sarebbero dovuti partire: «Ci aspettavano a Lecce, dovevamo organizzare i giochi pirotecnici in un paese del Salento», racconta Gabriele. Invece all’improvviso c’è stato quel boato e poi il rogo».
Anche i Lieto avevano un contratto da rispettare, e anche loro in provincia di Lecce, dove oggi c’è una festa patronale che loro avrebbero dovuto chiudere con una sventagliata di colori. Fino a due anni fa i fuochi se li sarebbero prodotti in proprio nel capannone della loro fabbrica, la Fireworks, che stava a Visciano, nella zona di Nola. Ma il pomeriggio del 30 agosto accadde ai Lieto quello che oggi è accaduto ai Vallefuoco: saltò tutto. Cristoforo e Antonio si salvarono, morirono invece un fratello di Cristoforo, Salvatore, e due operai. Forse in quei momenti padre e figlio pensarono anche di mollare tutto, «ma in realtà non lo avrebbero mai fatto perché questa è la loro vita, come di tutta la nostra famiglia», racconta un nipote. Infatti hanno continuato perché i fuochi erano l’unico lavoro che loro non solo conoscevano ma anche concepivano. Antonio c’era cresciuto, tra micce e polveri, e anche suo padre aveva imparato il mestiere da bambino e poi era stato ovviamente lui a trasmetterlo al figlio. Hanno continuato a vivere con i fuochi pur senza più la fabbrica. Compravano il materiale dai loro colleghi di sempre, come erano appunto i Vallefuoco, e ieri erano alla fabbrica di Giugliano per fare la scorta in vista degli imminenti impegni. E lì hanno incontrato quel destino che li risparmiò due anni fa a Visciano.
Un destino che chi lavora con i fuochi pirotecnici sa di poter incontrare ogni giorno. E in Campania quello dei fuochisti è un piccolo mondo. Ottanta ditte regolarmente autorizzate, un migliaio di lavoratori. Mille persone con la vita appesa a una scintilla che sperano non scocchi mai.
Fulvio Bufi – CORRIERE DELLA SERA 6 LUGLIO 2004
Rassegna stampa a cura di InterNapoli
