MARANO. Mauro Bertini, il sindaco di Marano, non è colluso con la camorra. Lo ha sentenziato il Tar della Campania che ha annullato il decreto di scioglimento col quale il 30 luglio scorso il Ministro dell’Interno Pisanu ha sciolto il consiglio comunale di Marano per sospette collusioni con la camorra.
Dopo Portici, anche a Marano, è stata sconfessata l’azione di Prefettura e Ministero dell’Interno.
Soprattutto, ancora una volta, ad essere sconfessata è stata l’azione dei senatori Emiddio Novi, di Forza Italia, e Michele Florino, di Alleanza Nazionale, i quali hanno, in entrambe le circostanze, sollecitato, in tutti i modi, l’intervento del Viminale.
La questione dei comuni sciolti per camorra in Campania è oramai diventata un problema di natura politica. È, infatti, da tre anni a questa parte, che provvedimenti di questa natura generano polemiche per il sospetto, avanzato da più parti, di essere non più usati come armi di lotta contro il potere della camorra, ma piuttosto come armi di vendetta politica contro certe amministrazioni locali. I casi di Portici, di Marano, ma anche quelli di Pomigliano d’Arco e più recentemente di Volla sono quelli intorno ai quali si è maggiormente scatenata la polemica politica, al punto che lo scorso 14 ottobre, i sindaci dell’area napoletana hanno minacciato le dimissioni in massa contro gli scioglimenti facili delle amministrazioni comunali. Secondo gli amministratori locali del napoletano, provvedimenti come quello di Marano, dove ad essere sospeso è stato Mauro Bertini, sindaco noto per le sue lotte anticamorra, o come quello di Portici, dove il sindaco Ds Leopoldo Spedaliere è stato mandato casa per avere una sorella collusa con i clan (Spedaliere è figlio unico), possono arrivare, senza preavviso, in qualsiasi altro comune della stessa area, a prescindere dall’effettivo sospetto di collusione. Di fatto, questo mette a rischio la scelta democratica per almeno un milione di cittadini campani, i quali possono vedersi annullato in qualsiasi momento il loro voto amministrativo.
Al centro delle polemiche, inevitabilmente, è quindi finita in questi mesi la legge 142 del ’90, quella che regola le ipotesi di scioglimento dei consigli comunali e provinciali per la prevenzione della delinquenza di tipo mafioso e camorristico. Questa legge concede al Ministero dell’Interno, di concerto con le Prefetture, l’istituzione di commissioni d’accesso incaricate d’indagare qualora vengano segnalate situazioni di sospetta collusione tra la criminalità organizzata e le amministrazioni locali. Purtroppo, il limite di questo strumento legislativo, concepito nel periodo antecedente alla riforma Bassanini è quello di non riuscire più ad incidere sui gangli della pubblica amministrazione, oggi divisa dal punto di vista delle competenze, dal potere politico dei Consigli Comunali e per questo ancora più soggetta all’invadenza della criminalità organizzata.
Gualfardo Montanari
– L’ARTICOLO 8 NOVEMBRE 2004

