Analitico fino allo scabroso. Insinuante, melenso, sadico…Si apre sulla vita dei bassi napoletani come un immenso occhio ingordo. Pronto a fagocitare ogni dettaglio, frugando ogni parola, ogni gesto, sensazione. Vincitore del premio Strega, 1993, offre una lucida indagine sulla “realtà cittadina plebea”. La scialba vita del paese si intreccia all’esistenza della giovane “ninfa”, fatta di miseria e di abusi. In questo degrado sociale si colloca l’educazione “sentimentale” di Miluzza, giovane protagonista. A tratti candida, a tratti torbida la personalità della fanciulla. Indefinita in quest’aurea di spontaneità, tutto le appare naturale: l’osceno diviene compromesso (“Sei stata brava, mo fatti dare sto ciondolo, e non dirlo a mammà, se no chi sa poi che si pensa”), le nefandezze non son altro che “fatti normali, che succedono a tutti”. L’iniziazione sessuale di Miluzza rasenta lo squallore, il primitivo. Così come selvaggia appare nelle relazioni interpersonali. Gli adulti sono orchi cattivi, pronti a calpestare la purezza della fanciulla (“Si può fare, non è peccato!”). Con un finale a sorpresa, dopo percorsi tortuosi, impervi cammini, Miluzza giunge, però, a riscoprire l’ingenuità di essere una giovane donna. Attraverso la purificazione e la solitudine, in una sorta di catarsi, la fanciulla opera la sua rinascita, redimendo la sua “anima dannata”, scoprendosi di nuovo donna, di nuovo candida…
Domenico Rea nasce a Nocera Inferiore nel 1921. Scrive Ninfa Plebea nel 1992. Scompare a Napoli nel 1994.