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martedì, Luglio 2, 2024
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L’Italia si è fermata. Tredici milioni in sciopero

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ROMA – Tre milioni di lavoratori hanno riempito le piazze, tredici milioni hanno svuotato fabbriche e uffici. Per i sindacati la prova di forza di ieri rappresenta un successo limpido, la conferma che i lavoratori non vogliono sentir parlare di modifiche all’articolo 18. “È come un Ferragosto a metà aprile”, come una giornata festiva a fabbriche sbarrate, hanno rimarcato al termine dei cortei le segreterie di Cgil, Cisl e Uil, forti di una partecipazione alla protesta che per alcune categorie ha segnato il massimo risultato possibile: tra l’80% e il 90%, in tutte le regioni. Nel pubblico impiego e nei servizi (poste, banche, trasporti) l’adesione è stata “massiccia” con oltre l’80% degli addetti. Positivi, per gli organizzatori, anche i dati del comparto scuola, dove oltre il 75% degli addetti ha incrociato le braccia, e dell’industria, con blocco delle attività tra l’80 e il 90%.
Compatti come sempre i metalmeccanici, gli addetti del trasporto aereo, marittimo, su rotaia e dei mezzi pubblici, con una partecipazione non inferiore all’80%. Chiuse le banche, gli uffici, molti musei, alcuni negozi, supermercati e qualche cinema. Uno sciopero “visibile” per l’assenza di aerei nei cieli, di treni nelle stazioni ferroviarie, con metro e bus rimasti sotto chiave nei depositi. Una protesta sostenuta anche da mezzo milione di manifestanti di altre sigle sindacali, di Cobas, no global, che hanno attraversato piazze e strade delle maggiori città e rafforzato il picchettaggio davanti a fabbriche e uffici, in un’inedita “saldatura” di obiettivi col fronte sindacale confederale. Ai numeri forniti da Cgil, Cisl e Uil (13 milioni di lavoratori in sciopero, il 90% su un totale di 14,5 milioni di dipendenti e 3 milioni di cittadini nelle piazze) se ne contrappongono altri: la guerra delle cifre inizia dai cortei e mette a confronto i dati del sindacato con quelli delle forze di polizia, in una riedizione dell’aspro confronto nato al termine della manifestazione di Roma del 23 marzo, quando i 3 milioni dichiarati dalla Cgil si assottigliarono fino a quota 700mila nelle stime della polizia.
E così, ieri, i 400mila di Firenze sono diventati la metà per la questura; ai 350mila di Bologna la polizia ha opposto un dato di 150mila persone, così come i 300mila di Milano si sono trasformati per la questura in 100mila. Duro confronto anche sulle adesioni dei lavoratori alla protesta: le fonti sindacali parlano di percentuali altissime in Lombardia e in Piemonte (con punte del 90% alla Fiat). In Veneto avrebbero raggiunto il 95% nell’industria e il 75% nel pubblico impiego. Nel Lazio fermi soprattutto i trasporti (quasi l’88%), l’industria (95%) e il settore pubblico (80-85%). Percentuali molto alte anche in Campania e in Sicilia (circa il 90%). Di tutt’altro sapore invece le stime fatte dalle imprese che parlano di un 60% di adesioni nell’industria (con il picco più basso a Torino col 42% e a Milano con il 40%) e di partecipazione quasi nulla (tra il 2 e il 5%) nelle piccole e medie imprese, almeno secondo Confindustria e Confartigianato. Piccoli numeri sostenuti con forza dal premier Silvio Berlusconi, che ha replicato alle cifre di Cofferati sui consumi di energia, divenuti l’unità di misura ideale per calcolare la partecipazione allo sciopero.
Per il leader Cgil questi consumi confermano la fuga in massa dalle fabbriche (“sono paragonabili ad un giorno festivo” ha detto Cofferati); ma il premier, tabelle alla mano, ha puntualizzato che il consumo “si è ridotto del 20% contro il 38 delle domeniche”.

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