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venerdì, Aprile 19, 2024
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LEGAMBIENTE: «HINTERLAND GIUGLIANESE: ECCO I PAESI INCENERITORI»

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Piu’ di otto reati al giorno, uno ogni tre ore. La Campania capitale d’Italia per illegalità ambientale, con 3173 infrazioni accertate, 2735 persone denunciate o arrestate e 1606 sequestri effettuati. E ancora ben 5952 case abusive realizzate nel 2005. Circa dieci milioni di tonnellate di veleni di ogni tipi sversati nei terreni della Campania Felix. Un giro d’affari di circa 6miliardi di euro gestito da o’ “sistema” di 68 clan. E’ una vera mattanza ambientale quella in atto nella nostra regione, fotografata da Legambiente nel Rapporto Ecomafia 2006- Il caso Campania, presentato stamane a Napoli, presso l’Istituto Italiano degli Studi Filosofici.
“ Dalle carte giudiziarie, dalle indagini, dalle intercettazioni, dalle inchieste- commenta Peppe Ruggiero, portavoce Legambiente Campania e curatore del Rapporto- si evince con chiarezza le proporzioni della mattanza ambientale in atto. Violenta, aggressiva, cinica anche se non spara e non uccide. Ma attenzione nelle terre dell’ecomafia non si muore, solo perché difficilmente troveremo scritto su un certificato di morte, causa inquinamento da discarica. E sulla sfondo di quella che può essere definita una vera e propria holding di crimine ambientale,tante omissioni, disattenzione ed inefficienza della politica, degli organismi di controllo e del mondo imprenditoriale”.



Ma torniamo ai numeri del Rapporto Ecomafia 2006 di Legambiente. Con 3173 infrazioni accertate, pari al 13,6 del totale nazionale, in lieve calo rispetto lo scorso anno, quando erano 3462 le infrazioni, con 2735 persone arrestate o denunciate e ben 1606 sequestri effettuati, la Campania per l’undicesimo anno consecutivo si conferma la prima regione d’Italia per quanto riguarda i fenomeni di illegalità ambientale. In un paese che mostra una flessione dell’abusivismo edilizio, dovuta allo “sgonfiamento”, peraltro atteso, dell’effetto condono, la Campania rimane stabile con ben 5952 case abusive realizzate nel 2005, solo un centinaio in meno rispetto il 2004. Un’ abusivismo, con tante facce come quella delle oltre 550 le opere abusive scoperte tra il 2005 e i primi mesi del 2006 lungo la Costiera Amalfitana con ben 310 le persone denunciate , una sorta di “epidemia” da cemento illegale. Del resto nel ciclo del cemento la Campania, con 1016 infrazione accertate nel 2005 (nel 2004 erano 915), con ben 1193 persone denunciate e 501 sequestri mantiene saldo, per il secondo anno consecutivo, il primo posto della classifica a livello nazionale. E per la prima volta Legambiente presenta una fotografia dell’abusivismo nel territorio protetto dei due Parchi Nazionali, il Vesuvio e il Cilento. La ricerca condotta sulla base di un questionario inviato agli enti di gestione delle aree protette non si limita a fornire i dati assoluti. I casi di abusivismo edilizio vengono valutati anche nel loro impatto ambientale, grazie alla suddivisione in tre diverse categorie: costruzioni abusive ex novo, cambi di destinazione d’uso rilevanti e abusi di minore entità. A guidare la classifica degli abusi è sempre , la Campania con 722 casi di illegalità accertati tra il 2003 e il 2005 nei territori del Parco Nazionale del Vesuvio e del Parco Nazionale del Cilento Vallo di Diano. Di questi 300 riguardano costruzioni ex novo, 167 nel Parco Nazionale del Vesuvio e 133 nel Cilento Vallo di Diano. E davanti a questi diluvio di cemento, in Campania le ruspe hanno spento i motori. Nel 2005, solo 2 abbattimenti eseguiti, all’interno del Parco Nazionale del Vesuvio.


Dal cemento ai rifiuti. E qui che si realizza quella che Legambiente ha chiamato “mattanza ambientale” Una mattanza che non ha la faccia dei morti di guerra di camorra, di corpi trivellati da bossoli, ma di intere porzioni di territorio della regione inquinati dai rifiuti di ogni tipo, li dove ogni giorno vengono coltivati prodotti agricoli e alimentari che finiscono sulle nostre tavole. Una mattanza che vede pezzi dell’Istituzioni, dell’amministrazioni colluse con la criminalità ambientale, colletti bianchi, imprenditori, camorristi, chimici di turno. Una mattanza che esprime tutta la sua ferocia nei numeri. Dall’entrata in vigore del art. 53 bis del Decreto Ronchi, in Campania sono state arrestate 125 persone, 200 quelle denunciate e 88 le aziende coinvolte. Sono ben 17 le inchieste che vedono coinvolte la Campania con diverse procure interessate, da Torre Annunziata a Napoli, da S. Maria Capua Vetere a Nola. E con dieci milioni di tonnellate di veleni sversati, negli ultimi due anni, sull’intera regione, nessuna provincia esclusa. E che siamo davanti ad una mattanza simile ad una guerra di mafia, lo dimostra un’indagine della Direzione Nazionale Antimafia,presentata in anteprima, che attraverso l’incrocio delle risultanze della banca dati curata dalla Guardia di Finanza con quella del Comando dei Carabinieri per la tutela ambiente sono risultate ben 257 le persone e 28 le società monitorate e sotto osservazione della Dna, la maggior parte collegate con l’organizzazione dei Casalesi.


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E questi i grandi numeri, ma altrettanto da brividi sono i dati delle discariche abusive scoperte e sequestrate dalle Forze dell’Ordine. Nel 2005, sono 60 le discariche illegali messe sotto sequestro per un’area totale di oltre 150milamq. In testa la Provincia di Salerno, con 24 discariche seguita da quella di Caserta con 20 discariche sequestrate. E in una regione dove ancora deve essere terminato il primo inceneritore, il triangolo Qualiano, Villaricca, Giugliano, la terra dei fuochi come l’avevamo denominata gli scorsi anni, è diventato “inceneritore paese”, dove ormai nell’impunità assoluta, tra la rassegnazione dei cittadini, viene bruciato di tutto, senza distinzione. Un inceneritore a costo zero per le istituzioni, con una gestione assolutamente anarchica, dove chi più ha più scarica. E dove c’e chi invece conta i soldi che ha guadagnato. E dove la bonifica dei territori è all’anno zero, una vera chimera. E ancora un ‘’imprenditore arrestato nell’ operazione “Madre Terra 2” definito dagli inquirenti “il crocevia” dei traffici della camorra. Di lui hanno parlato dodici collaboratori di giustizia.


Il giudizio finale, senza appello, è quello riportato nella relazione finale della Commissione parlamentare Antimafia: «Le emergenze acquisite inducono sotto questo profilo ad una severa quanto grave presa d’atto: la Campania sembra essersi trasformata nel vero e proprio laboratorio nazionale degli accordi corruttivo-collusivi e delle convivenze perverse tra politica, affari e criminalità con i due settori della sanità e della raccolta e smaltimento rifiuti che spiccano su tutti». E ancora: «In conclusione, le indagini giudiziarie hanno consentito, sinora, di accertare che proprio la gestione del ciclo dei rifiuti rappresenta la merce di scambio nella camera di compensazione tra affari criminali e affari apparentemente leciti, con l’arbitraggio di settori della politica. Il servizio di raccolta e di smaltimento, come si è visto, è quasi monopolizzato dalla camorra o da imprenditori contigui ad essa. E’ un segmento di mercato che muove centinaia di milioni di euro ogni anno ed è quello che più di ogni altro continua a garantire altissima redditività con scarso rischio d’impresa e, quindi, posti di lavoro».


“Dopo dodici anni di denunce-commenta con amarezza Buonomo, presidente regionale Legambiente- rischia di venire meno anche quel barlume di speranza che abbiamo contribuito a tenere acceso tra le comunità locali, tra i tantissimi cittadini onesti per nulla disponibili a chinare la testa e tapparsi il naso. La mattanza ambientale in atto- prosegue Buonomo- richiedono l’adozione di un piano nazionale specifico di sicurezza ambientale, che veda il coinvolgimento attivo delle amministrazioni locali ma, soprattutto, un deciso intervento del governo, ad esempio attraverso il ruolo di coordinamento svolto dalle Prefetture.”E’ indispensabile, allora, che si dia corso a quell’azione di controllo del territorio, coordinata tra le varie forze dell’ordine, che abbiamo ribattezzato, nella precedente edizione del Rapporto Ecomafia, come “Operazione primavera”. Ed è fondamentale che proseguano e vengano approfonditi gli studi già avviati sulle aree di rischio e gli impatti sanitari degli smaltimenti illeciti. “Riteniamo- conclude Buonomo- infine, che questi territori, inseriti insieme al litorale domizio-flegreo e all’agro aversano tra i siti d’interesse nazionale da bonificare, debbano avere, per quanto possibile, la precedenza: sia in considerazione dell’elevata densità abitativa sia per la presenza, ancora diffusa, di importanti produzioni agro-alimentari, commercializzate su tutto il territorio nazionale e non solo”.

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