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lunedì, Maggio 6, 2024
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Quartieri abusivi a Melito, scattano i sigilli

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Le palazzine, rigorosamente abusive, le avevano costruite sul cimitero. O meglio, sull’area di estensione del camposanto. La scoperta, tra macabro e il grottesco, è stata fatta dal pm Maria Cristina Ribera durante l’evoluzione dell’inchiesta soprannominata «Dirty House», case sporche, che ieri ha portato al sequestro di tre lottizzazioni edilizie in altrettante zone di Melito, il cui valore ammonta a oltre 100 milioni di euro. Ancora cemento abusivo, dopo la scoperta di interi quartieri realizzati senza licenza a Casalnuovo e per i quali è previsto l’abbattimento a partire da luglio. «Questa è la strada da seguire – ha dichiarato l’assessore regionale Gabriele – bisogna riconoscere a magistratura e guardia di finanza grande merito». L’inchiesta, coordinata dal procuratore aggiunto Aldo De Chiara (coordinatore della sezione reati ambientali) e affidata alle cure investigative della compagnia di Giugliano della guardia di finanza, con il maggiore Geremia Guercia, e del comando provinciale Napoli con il colonnello Giuseppe Bottino, rappresenta la seconda tranche di un filone processuale nato l’anno scorso e che il 2 novembre portò a un primo sequestro di 130 appartamenti e all’iscrizione nel registro degli indagati di pubblici ufficiali, tra cui appartenenti alla polizia locale di Melito, ed esponenti politici. Ieri sequestrati oltre 200 apaprtamenti e 100 box auto In quest’occasione sono 57 le persone denunciate in stato di libertà: 20 imprenditori (le imprese Progetto casa 2000spa, Iniziativa immobiliare srl, Le vigne immobiliare srl, Ri.Mar srl), 16 funzionari pubblici e 21 liberi professionisti, tra cui un notaio compiacente con il quale sono stati eseguiti i rogiti occorrenti per le compra-vendite immobiliari. Per tutti l’accusa è di associazione per delinquere, falsità ideologica commessa da pubblico ufficiale in atti pubblici, abuso di ufficio, truffa aggravata ai danni dello Stato e lottizzazione abusiva. Due i casi di illeciti posti in essere. Il primo relativo alle lottizzazioni di via Papa Giovanni XXIII (area cimiteriale) e via Madonelle. Si acquistano terreni con destinazione urbanistica per costruzione di opifici e immobili agricoli, con costi di mercato notevolmente inferiori rispetto alle aree destinate a civili abitazioni. Si fa uno schema di convenzione cui non fa seguito il piano di lottizzazione del comune, per lo scomputo degli oneri di urbanizzazione (realizzazione di opera di edilizia secondaria). Lo schema viene approvato dalla giunta comunale e non già dal consiglio comunale, come per legge in materia urbanistica. Lo stesso schema non è stato inviato agli organi di controllo, autorità di Bacino della Campania Nord occidentale, Asl 1, comitato tecnico regionale sulle indagini idrogeologiche. Con questi documenti illegittimi vengono stipulati, da un notaio compiacente, atti convenzionali tra impresa e Comune. In questo modo si ottengono in maniera completamente irregolare concessioni a costruire, senza peraltro che il Comune avesse emanato il piano pluriennale di attuazione, adempimento che poteva autorizzare la lottizzazione in mancanza del piano di lottizzazione. E si giunge finalmente alla costruzione di case al posto di opifici, violando anche i limiti del piano regolatore su dimensioni e volumetrie. Il secondo metodo è meno farraginoso, ma altrettanto efficace. Si acquista terreno in zona classificata «espansione residenziale». Poi si richiedono le concessioni edilizie di alcuni edifici su un suolo (19.000 mq) da parte di otto soggetti. Ottenute le concessioni comunali, le licenze vengono volturate alla impresa («Progetto Casa 2000 spa», in questo caso). Inizia la costruzione degli edifici, ponendo in essere una mascherata lottizzazione in mancanza infatti del piano di lottizzazione o del piano di attuazione pluriennale. Le palazzine sono difformi a quanto stabilito dal prg, relativamente alle altezze, 3 piani anziché 2, e alle volumetrie. Gli oneri di abbattimento, visto il coinvolgimento dell’amministrazione comunale, saranno a carico del Comune.

MAURIZIO CERINO





L’incubo dei residenti «E ora dove andremo?»

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Melito. «Ero di turno alla guida dell’autobus, a telefonarmi è stata mia moglie che è infartuata: corri a casa, corri – gridava – qui nel parco è arrivata la guardia di finanza. Stanno entrando nelle case, dicono che dobbiamo andar via. Era tutto vero, mannaggia. E adesso? Sto per pagare la quarta rata del mutuo: 3800 dei 75mila euro che debbo alla banca. E pensare che avevamo fatto tutto in regola: il notaio, gli accertamenti, le garanzie. Se no le banche mica lo sganciano, il denaro. Poveri noi, mi ero deciso a lasciare la vecchia casa di Capodimonte perché troppo grande. Dopo l’infarto, mia moglie non deve stancarsi. E da un anno siamo venuti qui: due camere con servizi. Buona qualità, prezzo conveniente. Anche mio figlio che vive a Perugia la vide e disse papà ’ sta casetta va bene. Ero contento, mi preparavo ad andarmene in pensione: ma ora va a finire che dovrò lavorare ancora per un bel po’. Mia moglie? Eccola lì, se ne sta affacciata al balcone. Più tardi dovrò portarla in ospedale. Per un controllo». Più in là, hanno costruito perfino dove dovrebbe sorgere il cimitero. Case per i vivi, invece che per i morti. E ora dovranno abbattere. E fare case per i morti, invece che per i vivi. Manicomio Melito. Parco Guerra è filari di palazzine a schiera, piano terra più due piani, color crema con le serrande scure. C’è ancora odore di nuovo. Di fronte, nell’area recintata, verdeggia un prato coi fiorellini. Margherite gialle. È un bel parco. Arioso. «Prendi questo. E fai l’uomo che è meglio per te…»: due mesi fa, qui a Melito, ignoti hanno picchiato a colpi di casco il subcommissario con delega ai lavori pubblici e all’urbanistica. Il subcommissario, cioè l’uomo che, per conto del prefetto di Napoli, cura in loco il buon governo delle case. Perché quell’aggressione? E vallo a capire, qui nella terra dei silenzi. Nove chilometri quadrati, 40mila abitanti: Melito è frutto di sviluppi scellerati. Di un presente da dormitorio. E di un futuro peggio ancora. Soffocato nei rifiuti. E nella camorra. Dicembre 2005, il Comune viene sciolto per sospetti di infiltrazione criminale su relazione della commissione di accesso. Arriva il commissario. E ci resta. Finché un voto – forse – restituirà le regole. Rosario Guerra è un giovanottone estroverso. È uno dei nove fratelli della famiglia di costruttori che ha realizzato le case ora nel mirino dei giudici. Rosario racconta. Si infervora. Suda. Tutt’intorno, una folla di proprietari di casa, rispettosi e ammirati, lo ascolta e gli dà ragione, gli dà ragione e lo ascolta. Rosario spiega: «Ci contestano l’assenza di un piano di lottizzazione. Roba da matti: dal 10 ottobre dell’87, da quando è entrato in vigore il piano regolatore, a Melito non è mai stata fatta una lottizzazione. Noi ci siamo mossi sulla base dei pareri ottenuti dagli avvocati del Comune». «Quindici anni fa – racconta Peppe Danese, proprietario – ho acquistato una casa in un altro parco costruito dai Guerra: prezzi buoni, ottima qualità. Un anno fa ho comprato anche quest’altra abitazione. Aiuto, mi sono svenato: ora mi tocca pagare un mutuo di novantamila euro». «Io – dice invece Giovanni Dentice – ho comprato casa dopo il placet del giudice che tutela mio cognato, che è un grande invalido. È stato lui a dirmi: puoi comprare. Ora che un altro giudice ci caccia via, con chi dovrei prendermela?». «La verità? Ve la racconto io – assicura spavaldo Antonio Pesante, proprietario – c’è chi vuol colpire i Guerra perché costruiscono bene le case e le vendono a prezzi accessibili. State attenti, voi giornalisti: non fermatevi alle apparenze». E Rosario Guerra, sudando, aggiunge deciso: «Noi costruttori non siamo mica fuggiti, eccoci qui a rispondere delle nostre azioni. Col consenso spontaneo degli acquirenti. Questo terreno lo comprammo nel 1991, le concessioni le ottenemmo dieci anni dopo. Se avessimo voluto speculare, avremmo costruito palazzoni mica queste casette a due piani. Noi abbiamo le carte a posto. ma nessuno le vuol guardare. Quale colpa abbiamo, forse quella di non aver corrotto mai nessuno?». «Faremo in modo che i proprietari vengano assistiti da un buon collegio legale – avverte Vittorio Masucci, l’amministratore del parco – c’è tempo fino al giorno 26 per chiedere una proroga degli sgomberi». Niente autobus, si vive isolati. E fuori, l’immondizia incombe. A fiumi. «Ci siamo svegliati perfino di notte pur di liberarcene», fanno sapere i proprieatri. «Ecco, guardate – fa notare una donna anziana che tra le mani sventola due bollette – ecco l’avviso per pagare l’Ici: stavolta mi è arrivato addirittura in anticipo. Come la bolletta Enel. E quella del gas. Ma allora sono abusiva solo quando conviene a loro?».

ENZO CIACCIO




IL MATTINO 8 GIUGNO 2007

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