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Massacrato davanti alla casa della figlia

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Giace lì da mezzogiorno, il corpo inerte ricoperto da un lenzuolo ancora candido, immobile come pietra, supino, le braccia spalancate di chi si è arreso a quella valanga di proiettili piovuti addosso all’ora in cui i bambini uscivano da scuola e lui era fermo in strada, accanto alla sua Panda grigia, con altri due uomini sotto casa della figlia, in via Crispi a Mugnano, palazzine di periferia tutte cemento del ’99. Ventuno i proiettili sparati dai killer, venuti da Napoli a bordo di un’automobile Suzuki Ignis ritrovata poi in serata in via Taverna rossa a San Pietro a Patierno. Ventuno proiettili. Roba riservata in genere alle figure di primo piano. O ai parenti dei boss. Tutti calibro 7.65, come quelli della pistola ritrovata nella Suzuki, che era stata rubata il 7 giugno scorso a Mercatello (Salerno). Cinque colpi hanno preso al torace la vittima, Mario Iavarone, 61 anni, domiciliato a Napoli-Soccavo, via Marco Aurelio 234. È morto sul colpo. Pagando salato la visita a casa della sua figliola sposata. E una vita oltre confine. La vittima è suocero di Davide Leone, considerato dagli inquirenti figura di primo piano nella lotta al clan Grimaldi. I due uomini che erano con lui, invece, hanno fatto appena in tempo a tentare di allontanarsi, ma sono riusciti a fare solo pochi, inutili passi. Niente scampo. Il commando ha continuato a sparare all’impazzata, ferendo alle spalle e alla schiena Vincenzo Iacolare, 35 anni, un amico di Marano che si era accostato a loro qualche minuto prima, e Stefano Palermo, 34 anni, napoletano, con precedenti per furto e droga. I due sono in ospedale. A Giugliano. A carico della vittima, fanno sapere i carabinieri, risultano gravi precedenti penali. Risale, aggiungono, al 1999 una denuncia per associazione mafiosa. Gli inquirenti lo ritenevano in quel periodo collegato ai clan di Soccavo e Fuorigrotta. Risale invece all’anno scorso una denuncia a suo carico per truffa da parte degli agenti del commissariato Arenella a Napoli. L’uomo, secondo gli investigatori, risulterebbe aver frequentato esponenti del clan Puccinelli. Ore tredici, via Crispi è un vialone. Sulla destra, sterpaglie. Sulla sinistra, le case. Queste dove abita anche la figlia di Mario Iavarone le chiamano «i mini- appartamenti». Un primo piano, sopra si staglia un enorme terrazzo con tante piante tutte verdi. In quanti erano i killer? E vallo a sapere. Ma sono arrivati in auto o su motociclette? E vallo a capire. La gente tace. Ieri era lunedì, negozi chiusi anche in provincia. Insomma: a mezzogiorno, in via Crispi a Mugnano, non c’era anima viva. O almeno così giurano quelli che qui abitano. Niente. Silenzio. Nessuno ammette di aver visto qualcosa. Miano ai confini. A due passi da Scampìa. E dalle strade veloci per fuggire da Caini. I ragazzi gironzolano a frotte, incuriositi dalle auto dei carabinieri, dai cronisti, dagli uomini in tuta bianca che effettuano i rilievi scientifici. Finalmente una novità, per queste facciotte imbevute di noia, di gel, di reality dei famosi e di indigestione da routine. Capelli rasati, «la moda che tira». Ma bocche cucite. Con gli aghi di piombo. Soccavo, rione Traiano. I killer sono venuti da lì. Lì dove contro il clan Grimaldi che è vincente un cartello di bande, tra cui anche i Puccinelli, ha da tempo dichiarato guerra. All’ultimo sangue.




Cadavere filmato dai ragazzi con i cellulari


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Mugnano. In via Crispi i ragazzi filmano «il morto per terra» coi telefonini cellulari. Pochi attimi. Un macabro giochino. Con destinazione You tube. «Agostì, papà sta quaaa!», urla da lontano Fortuna, la moglie della vittima, indicando disperata il carro funebre al figlio che è a piedi in fondo al viale e si sta avvicinando trafelato a casa. Il giovane ancora non sa, intuisce però una tragedia, cerca di capire, affretta il passo. E gli si legge il terrore disegnato sul volto. La mamma è una donna piccola, bionda, leggermente claudicante. Resta affacciata al balcone del primo piano, quello della casa della figlia, a pochi metri dal feretro, dove si affollano anche gli altri familiari, bambini compresi cui non viene risparmiato il triste, orrendo scenario. Il vialone è pieno di curiosi. E di bambini che tornano da scuola, gli occhi attratti da quel lenzuolo sul selciato. I carabinieri li allontanano, proteggendoli come possono di fronte a quell’orrore. Per terra, tanti cartellini gialli numerati, quelli per i rilievi scientifici, che indicano i punti in cui sono finiti i proiettili disseminati dai sicari. Con le lettere dell’alfabeto invece sono segnati i punti in cui sono stati raccolti indizi. Sul muretto accanto alla Panda, una chiazza di sangue larga quasi un metro. È segnata con la lettera Z. Uno dei feriti, fuggendo, ha tentato di nascondersi dietro uno dei piloni di cemento. Invano. «Mariooo!, che ti hanno faaattooo!», grida ancora Fortuna Iavarone, mentre l’impresa funebre nel pomeriggio porta pietosamente via il suo uomo. Su quel balcone staziona una folla di familiari. E i carabinieri, che li interrogano nella speranza di capire i perché dell’assalto. Chi può essere stato? E perché? La dinamica, fanno capire gli inquirenti, sembra tipica delle punizioni esemplari: i killer hanno sparato una valanga di proiettili, addirittura ventuno, per esser certi di non risparmiare la vita. Una punizione. In seno a una faida interna a un clan. O, più probabilmente, opera di un clan contro chi gli sta facendo guerra. Sullo sfondo, le bande di Soccavo e Fuorigrotta. Mimì shopping, «la moda che tira», sta aperto in via Crispi da stamattina alle nove. Ma anche qui, facce immote. Mugnano silente. Ci si arriva dalla strada degli americani, che sa di discariche e pasta e patate. Mugnano ai confini. A due passi da Scampìa. Terra di nessuno. Dove, per esempio, se vuoi ammazzare chi è condannato non devi mica chiedere il permesso a nessuno. Dice il sindaco, Daniele Palumbo: «Polizia e carabinieri sono sotto organico da sempre. E la gente ha paura, perchè sa di non essere protetta come dovrebbe».



ENZO CIACCIO – IL MATTINO 25 SETTEMBRE 2007

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