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Il sindaco dall’altare: aiutate la giustizia

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La gente distratta, che lunedì mattina si girò dall’altra parte quando vide uccidere Francesco Gaito, sembra lontana. Omertà e rassegnazione non abitano il giorno dell’addio al tabaccaio 47enne assassinato senza pietà da due rapinatori. Gremita piazza della Repubblica, affollata la chiesa del santuario di Sant’Antimo. All’ingresso, due lenzuola bianche verniciate con delle frasi: «Francesco hai pagato con la vita l’assenza delle istituzioni». Di lato, anche lo striscione degli studenti del liceo Miranda: «France’ lotteremo affinché il tuo sacrificio non sia vano». Lutto cittadino e, come annunciato, negozi chiusi. Su via Roma, o via di Martino tutte le saracinesche restano abbassate. I manifesti delle associazioni dei commercianti parlano della morte di Gaito «barbaramente ucciso», aggiungendo però: «nell’indifferenza generale per mancanza assoluta dello Stato». La paura e l’omertà collegate solo all’assenza, a quell’ora, di qualche poliziotto in piazza Matteotti. I familiari di Francesco Gaito sono in prima fila dinanzi all’altare. La moglie Patrizia, i figli Antonio e Marina. Sono provati, tanto che il parroco Pasquale Cammisa invita la gente – qualcuno ha contato oltre tremila persone presenti – a «lasciare in pace la famiglia, evitando di assediarla con abbracci e baci». Un assessore regionale, Corrado Gabriele, il sindaco Francesco Piemonte, esponenti politici solo di An e Forza Italia, i partiti che sostengono la giunta in carica. Poi, il nulla. Solo il gonfalone comunale ricorda la vicinanza di qualche istituzione alla famiglia di un uomo ucciso per una rapina, mentre tentava di depositare in banca l’incasso del suo lavoro. Forse, anche di fronte alla violenza criminale si fanno calcoli politici sull’opportunità di presenze e solidarietà. All’ingresso della chiesa, il manifesto a lutto di An, per le strade le polemiche stampate contro la soppressione del commissariato di polizia sul territorio comunale. In chiesa, tutto è lontano. C’è il dolore, il pianto, la commozione. La Messa cantata, la partecipazione di tanta gente semplice. Il vicario generale della diocesi di Aversa, Paolo Dell’Aversana, che celebra la cerimonia, dice che «un uomo giusto è vicino a Dio». E scuote l’uditorio: «Non possiamo metterci da parte e considerare la situazione come qualcosa che non ci riguarda. Qui ci viviamo. Gridiamo la nostra voglia di sicurezza, ma non possiamo fermarci a questo. Dobbiamo trovare il coraggio di metterci tutti in discussione». L’invito a non sentirsi corpi estranei, a non delegare l’impegno civile sempre a qualcun altro. Un concetto ripreso, con forza, dal sindaco Francesco Piemonte che, a fine cerimonia, prende la parola con la fascia tricolore: «La mia città dice aiutateci. Non vogliamo essere vittime della violenza, ma vivere in una città che sia nostra. Non bastano le scuole e le parrocchie. Da soli non ce la facciamo». E poi, rivolto ai suoi concittadini, l’invito: «Dobbiamo collaborare con la giustizia, dire ciò che abbiamo visto o sentito. Da soli siamo niente, ma se ci mettiamo assieme riusciremo a sconfiggere anche la camorra. Risorgiamo e alziamoci in piedi, perché ce la faremo». L’approvazione è in un applauso. Poi, è il tempo delle lacrime. La bara di Francesco viene accompagnata da altri applausi e dal suono delle campane. Senza urla o commenti. La morte di Francesco Gaito fa riflettere, basterà a scuotere i silenzi su quel lunedì mattina?


GIGI DI FIORE – IL MATTINO 12 OTTOBRE 2007

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