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sabato, Aprile 27, 2024
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Affari della camorra sugli idrocarburi, sequestro da 150 milioni di euro

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Le mani della camorra sugli idrocarburi, sequestro da 150 milioni di euro. Stamattina militari dei Nuclei di polizia economico-finanziaria della Guardia di finanza di Napoli, Trieste e Frosinone, in collaborazione con il Servizio Centrale di Investigazione sulla Criminalità Organizzata, stanno dando esecuzione in Campania, Lazio ed Emilia Romagna a due decreti di sequestro preventivo aventi ad oggetto beni mobili e immobili per un ammontare complessivo di oltre 150 milioni di euro nei confronti di undici soggetti indagati, a vario titolo, anche in forma associativa, per plurimi reati tributari, false comunicazioni sociali, trasferimento fraudolento di valori e autoriciclaggio.

I REATI CONTESTATI

I reati per cui si procede sono aggravati, per sei indagati, dalla finalità di agevolazione mafiosa di due clan camorristici operanti nell’area orientale di Napoli e, per uno di essi, dall’aver commesso il fatto nell’esercizio dell’attività di consulenza fiscale.
Le indagini che hanno dato luogo ai provvedimenti di sequestro, corroborate dalle convergenti dichiarazioni di collaboratori di giustizia, hanno fatto luce su articolati meccanismi di frode nel settore degli idrocarburi realizzati, tra il 2015 e il 2021, mediante la costituzione, in Italia e all’estero, di società “cartiere” funzionali a permettere a terzi l’evasione dell’IVA e delle accise e l’applicazione ai consumatori finali di prezzi illecitamente competitivi.

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LE INDAGINI

Le società strumentalmente interposte nella filiera commerciale presentavano, infatti, i tratti tipici dei soggetti economici inesistenti: la rappresentanza legale attribuita a soggetti privi di esperienza imprenditoriale, nullatenenti e gravati da precedenti di polizia, a cui veniva garantito un corrispettivo dai promotori del sodalizio; l’operatività limitata nel tempo per evitare controlli ispettivi; l’ammontare sproporzionato, in un limitato spazio temporale, di acquisti e vendite di gasolio per autotrazione; l’assenza di sedi, depositi, dipendenti e mezzi aziendali; il mancato assolvimento degli obblighi contabili, dichiarativi e di versamento delle imposte; la cessazione dell’attività di “impresa” dopo l’avvio di accertamenti di natura fiscale o giudiziaria e il subentro di nuove “imprese” aventi le medesime caratteristiche.

GLI AFFARI DEL CLAN

Tra i principali beneficiari della frode vi è una società di Napoli che, fino alla dichiarazione di fallimento, era cogestita di fatto da elementi apicali del clan Formicola e del clan Silenzio, uno dei quali già destinatario di una misura di prevenzione patrimoniale antimafia.

Agli amministratori di diritto o di fatto di detta società vengono contestati anche i reati di autoriciclaggio per aver impiegato nell’attività economica ingenti flussi finanziari provenienti da una società “cartiera” e di falso in bilancio per aver rappresentato, attraverso crediti inesistenti, una situazione di solidità patrimoniale e di affidabilità creditizia in luogo di ammanchi che avrebbero dato luogo ad una riduzione del capitale sociale.

Le indagini hanno fatto emergere il concreto rischio che gli indagati vanificassero la garanzia patrimoniale per l’erario anche attraverso operazioni su conti esteri, la costituzione di trust, l’iscrizione a piattaforme di bitcoin e la reiterata fittizia intestazione di società e di beni mobili e immobili a soggetti prestanome.

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