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lunedì, Giugno 17, 2024
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Attirato in trappola nel ristorante a Melito, la pista dell’epurazione interna sull’omicidio di Vincenzo Nappi

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Una vera e propria trappola, un agguato studiato nei minimi dettagli quello che ha portato alla morte ieri del 57enne Vincenzo Nappi, soprannominato “ò pittore“, ritenuto dagli inquirenti ai vertici del clan degli Amato-Pagano. Nonostante fosse ora di pranzo, era semideserto il ristorante “Gaetano e Teresa” a Melito, quando sono partiti i colpi d’arma da fuoco.

Secondo le primissime ricostruzioni, fortunatamente il locale non era affollato: l’agguato è avvenuto alla presenza di alcuni clienti. Chi ha ucciso Nappi, a colpi d’arma da fuoco, l’ha sorpreso mentre stava pranzando. Nappi era considerato uno dei vertici degli scissionisti. Ad arrestarlo nell’agosto del 2011 a Mugnano furono i carabinieri del Nucleo operativo della compagnia di Giugliano in Campania: era ricercato da tre mesi in quanto sfuggito a un blitz che assicurò alla giustizia otto persone, tutte legate allo stesso clan, a cui la Dda contestava, a vario titolo, i reati di associazione per delinquere di tipo mafioso, traffico e spaccio di stupefacenti ed estorsioni.

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Nappi si occupava per conto degli Amato Pagano del business delle estorsioni, ma non solo. Anche di edilizia.  Nell’anno del suo arresto, il 2011, secondo quanto hanno riferito alcuni collaboratori di giustizia, il gruppo legato al boss Mariano Riccio aveva deciso di uccidere Nappi per vendicare l’omicidio di Antonino D’Andò, il cui corpo fu ritrovato solo 4 anni fa. L’ipotesi fu poi scartata, stando al racconto, da un incontro tra lo stesso Mariano Riccio e il boss Raffaele Amato

Nappi non era un cliente abituale di quel ristorante, quindi i killer sapevano bene che in quel momento lui era lì. C’è stata qualche soffiata e sono entrati a colpo sicuro. Ad agire due killer ma probabilmente ad attenderli all’esterno c’era un’altra persona, lo specchiettista, ovvero colui che ha segnalato la presenza di Nappi nel locale. La vittima era seduta a tavola con altre persone quando i killer hanno esploso in rapida successione una decina di colpi, molti dei quali hanno raggiunto il bersaglio. Per il ras di Melito, conosciuto con il soprannome di “‘o pittore”, non c’è stato scampo. Chi ancora era nel locale ha giurato di non aver visto nulla: «Mi sono riparato sotto un tavolo».

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