Sono stati tutti prosciolti i cinque medici indagati nel processo per la morte di Camilla Canepa. La 18enne di Sestri Levante – in provincia di Genova – era venuta a mancare nel giugno 2021 all’interno dell’ospedale San Martino di Genova. La giovane dopo aver ricevuto durante un open day una dose di vaccino anti-Covid AstraZeneca. Carla Pastorini, giudice dell’udienza preliminare, ha infatti assolto i medici accusati di omicidio colposo disponendo il non luogo a procedere, dal momento che “il fatto non sussiste“. E per il falso “perchè non costituisce reato“.
La vicenda Canepa
Il 25 maggio 2021, durante un open day rivolto agli over 18 e organizzato dalla Regione Liguria – alla quale la ragazza partecipò – furono somministrati una serie di vaccini al livello vettoriale. Tra questi, si pensi ad AstraZeneca e a Janssen, meglio noto come Johnson & Johnson. Pochi giorni dopo – il 3 giugno – si era sentita male e fu condotta d’urgenza all’ospedale di Lavagna. Qui i medici le diagnosticarono una piastrinopenia e una fotosensibilità.
Dopo una Tac senza contrasto, fu dimessa dall’ospedale, facendovi però ritorno due giorni dopo, il 5 giugno, a causa di una grave trombosi al seno cavernoso. Così, una volta dopo essere trasferita al San Martino, fu operata alla testa, ma qui purtroppo non ce l’ha fatta: Camilla morì infatti una settimana dopo il primo malore, il 10 giugno. Dall’autopsia, tuttavia, è emerso che la giovane “non aveva alcuna patologia pregressa e non aveva preso alcun farmaco“. Invece la morte per trombosi “era ragionevolmente da riferirsi a un effetto avverso da somministrazione del vaccino anti Covid“.
Il reato di omicidio colposo
Dunque a ben cinque medici è stato contestato il reato di omicidio colposo. Sarebbero infatti stati accusati di non aver svolto, in seguito al suo arrivo in pronto soccorso, gli opportuni accertamenti medici previsti dalle linee guida ministeriali per la sindrome da Vitt – Vaccine-induced immune thrombotic trombocitopenia – di cui Canepa sarebbe stata affetta in seguito alla somministrazione della dose di vaccino.
Infatti, stando al parere della procura, Camilla sarebbe dovuta essere sottoposta alla somministrazione a una Tac con liquido di contrasto. Se i medici avessero svolto correttamente questi tipi di accertamenti, sarebbe stata possibile una corretta diagnosi della malattia di cui Canepa era affetta. A sostenerlo sono i pm Francesca Rombolà e Stefano Puppo. Solo così sarebbe possibile adottare un corretto trattamento terapeutico, grazie al quale la paziente avrebbe avuto maggiori probabilità di sopravvivere.
Il reato di falso ideologico
Ma non è tutto. A tutti gli indagati – difesi dagli avvocati Paolo Costa, Stefano Savi, Alessandro Torri, Alberto Caselli Lapeschi e Maria Antonietta Lamazza -, per non aver scritto negli archivi che la ragazza era stata sottoposta al vaccino, fu contestato anche il reato di falso ideologico.