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venerdì, Marzo 29, 2024
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Caos M5S, il tribunale di Napoli ‘cancella’ Conte: “Modifiche allo Statuto inefficaci”

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“Il Tribunale Civile di Napoli, in sede di reclamo, ha disposto la sospensione dell’efficacia delle votazioni con cui nell’agosto 2021 è stato modificato lo statuto del Movimento 5 stelle e anche l’elezione di Giuseppe Conte alla presidenza, carica prevista dallo stesso statuto”. Lo conferma l’avvocato Lorenzo Borré, legale che ha sostenuto il ricorso di tre militanti, in rappresentaza di diverse centinaia di iscritti che hanno partecipato al pagamento delle spese legali con una raccolta di fondi.

Lo scorso agosto, con due delibere, il Movimento 5 Stelle ha modificato il proprio statuto e designato Giuseppe Conte come presidente. I provvedimenti (che risalgono rispettivamente al 3 e al 5 agosto) sono stati resi inefficaci in via cautelare per la sussistenza di “gravi vizi nel processo decisionale”, a partire dall’esclusione dal voto di oltre un terzo degli iscritti e il conseguente mancato raggiungimento del quorum, nell’ambito del ricorso promosso a ottobre 2021 da un gruppo di attivisti napoletani, difesi dall’avvocato Lorenzo Borrè.

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Il ricorso era stato presentato il 17 settembre scorso e lo sostennero circa un centinaio di attivisti. A illustrarlo erano stati gli attivisti Renato Delle Donne e Steven Hutchinson e lo stesso avvocato Lorenzo Borré . I motivi di impugnazione erano sette e, tra i sette, riguardavano: “le modifiche statutarie e l’incoronazione del candidato unico identificato in Giuseppe Conte” (secondo i ricorrenti “queste modifiche non sono state adottate con il quorum indicato dallo Statuto modificato, che facevano riferimento alla partecipazione al voto di un quorum pari alla maggioranza degli iscritti”); la chiamata alla partecipazione al voto avvenuta “su un sito a cui gli associati non erano iscritti e che non aveva i requisiti di ufficialità, avendo così conseguenze sulla partecipazione al voto”; “la violazione del principio di parità tra gli associati poiché prima tutti potevano aspirare a cariche apicali”. Il principio di parità è stato violato “con una norma transitoria che prevedeva la candidatura di un solo nome, individuato con designazione di Beppe Grillo che non ne aveva il potere perché il vecchio Statuto era ancora in vigore”.

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