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Colpo contro i 2 clan di camorra del basso Lazio, 19 arresti per traffico di droga e racket

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Colpo alla camorra del basso Lazio, 19 arresti arresti contro i 2 clan. Stamattina a Santi Cosma e Damiano, Castelforte, Minturno e comuni limitrofi, circa 200 Carabinieri del Comando Provinciale dei Carabinieri di Latina, con l’ausilio di elicotteristi e di unità cinofile dell’Arma, hanno eseguito un’ordinanza emessa dal G.I.P. presso il Tribunale di Roma, su richiesta della locale Direzione Distrettuale Antimafia. Operazione coordinata dal maggiore dei carabinieri Antonio De Lise.

ARRESTI CONTRO IL CLAN

Disposta la custodia cautelare nei confronti di 19 soggetti di cui 18 in carcere e 1 agli arresti domiciliari. Le accuse rivolte agli indagati sono, a diverso titolo, di associazione per delinquere di tipo mafioso, associazione finalizzata allo spaccio di sostanze stupefacenti, detenzione illegale di armi comuni da sparo, estorsione, rapina, danneggiamento ed incendio, tutti delitti aggravati dal metodo mafioso.

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L’ordinanza di custodia cautelare, emessa dal GIP del Tribunale di Roma su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia di Roma, ricostruisce l’attività di un’associazione di tipo mafioso, operante nel sud Pontino – e più specificatamente nel territorio di Castelforte, Santi Cosma e Damiano e comuni limitrofi.

I DUE GRUPPI CRIMINALI

Clan capeggiato da Antonio Antinozzi il quale, a seguito di scissione dal clan Mendico-Riccardi, aveva costituito un gruppo autoctono strutturato su base familiare. Si avvaleva di metodi violenti e intimidazioni. Utilizzava armi ed ordigni esplosivi creando un clima di assoggettamento ed omertà tra la popolazione. Quindi è stata accertata l’esistenza di due associazioni dedite al narcotraffico. Gestite rispettivamente dalla famiglia Mendico, i fratelli Ettore e Maurizio e dalla famiglia Antinozzi, Antonio ed il figlio Decoroso.

L’INDAGINE

L’indagine, condotta dai Carabinieri del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Latina e dalla Compagnia Carabinieri di Formia, convenzionalmente denominata Anni 2000, è partita nel dicembre del 2015 e si è conclusa nel gennaio del 2020. La maggior parte dei destinatari della misura cautelare, tutti residenti a Santi Cosma e Damiano. Eccezione di uno attualmente domiciliato a Monaco di Baviera. Già nel 2007 erano stati riconosciuti come appartenenti al clan Mendico-Riccardi la cui esistenza era stata acclarata dalla Corte di Assise di Latina a seguito dall’indagine Anni 90, sempre condotta dal Nucleo Investigativo di Latina.

LA SENTENZA CONTRO IL CLAN CAMORRISTICO

La relativa sentenza, emessa il 17 luglio 2009, confermata dalla Corte d’Assise d’Appello di Roma il 15 ottobre 2010 e ribadita dalla Cassazione nel 2012, aveva riconosciuto l’esistenza fino al 2001, sul territorio della provincia di Latina, di una organizzazione di stampo mafioso. Era collegata alla più vasta organizzazione criminale del clan dei Casalesi, promossa diretta ed organizzata da Ettore Mendico e Orlandino Riccarci e a cui apparteneva, quale partecipe, tra gli altri, Antonio Antinozzi.

Tale associazione di stampo camorristico aveva acquisito la gestione monopolistica di interi settori imprenditoriali e commerciali ed il controllo dei comuni di SS Cosma e Damiano e Castelforte, attraverso il ricorso all’uso delle armi al fine di arginare organizzazioni criminose rivali. Il clan si avvalse della forza di intimidazione derivante anche dal legame con l’organizzazione di origine.

GLI ATTI CRIMINALI 

A partire dall’anno 2013, a seguito della scarcerazione dei componenti del sodalizio criminale Mendico-Riccardi, si assisteva nel sud-pontino ad una recrudescenza di episodi di matrice camorristica. Emblematici erano diversi episodi. L’esplosione di due colpi di fucile contro il portone dell’imprenditore  Enrico Giuliano avvenuta il 31 agosto del 2014. L’incendio occorso il 26 agosto del 2014 ad un deposito dell’imprenditore Francesco Cifonelli. L’esplosione, in data 17 ottobre del 2014, di colpi di arma da fuoco verso l’abitazione dei coniugi Antonio Giuliano ed Maria Assunta Ambroselli, genitori di Enrico Giuliano.

ESPLOSIONI E COLPI DI PISTOLA

L’esplosione, il 6 giugno del 2015, di un colpo di arma da fuoco all’ingresso dell’hotel Terme Nuova Suio. Le minacce subite in data 13.07.2015 da Domenico Ciavolella, titolare di una impresa funebre. L’esplosione, il 13 luglio 2015, di due colpi di fucile contro la serranda delle onoranze funebri “La Primula” di Francesco Cifonelli. Infine il tentativo di estorsione del 2 dicembre 2015 alla ditta Cofis di Roma che stava svolgendo dei lavori di ristrutturazione presso una scuola di Castelforte.

La concomitanza degli episodi delittuosi e la remissione in libertà degli esponenti del clan Riccardi-Mendico induceva a ritenere una riorganizzazione del sodalizio criminale. Motivo per il quale venivano avviate le indagini all’esito delle quali venivano individuati due diversi gruppi criminali.

I DUE CLAN

Il capo Antonio Antinozzi, alias “trippetta” si staccò dal clan Riccardi-Mendico di cui era partecipe. Dunque costituì un’autonoma associazione di stampo mafioso strutturata su base familiare. Inoltre creò una propria associazione a delinquere operante nel traffico di stupefacenti del tipo cocaina e hashish. Accertati, quindi, collegamenti con il clan “Parisi” di Bari per la gestione delle sale slot. Dedito principalmente alle estorsioni e agli attentati incendiari o agli atti intimidatori.

Le vittime erano i titolari delle attività commerciali presenti in Castelforte e SS Cosma e Damiano alla corresponsione di somme di denaro all’organizzazione. Nel corso delle intercettazioni Antonio Antinozzi si lamenta del fatto che in passato gli imprenditori si rivolgevano direttamente al clan per la “messa a posto”. Oggi l’organizzazione era, quindi,  costretta a porre in essere attentati incendiari per ottenere le somme di denaro. Invece il clan di Ettore Mendico, dedito esclusivamente allo spaccio di sostanze stupefacenti del tipo cocaina, hashish e marijuana.

LA SCISSIONE TRA CLAN PER UNA QUESTIONE  DI CUORE

Le motivazioni della scissione dei due sodalizi, originariamente appartenenti allo stesso gruppo, erano da ricondurre alla relazione sentimentale. Questa era aspramente criticata perché violava il codice d’onore delle organizzazioni criminali. La relazione extraconiugale tra fra Maria Rosa Falso, moglie di Viccaro Giuseppe nipote di Antinozzi Antonio, e Antonio Mendico, cugino di Ettore Mendico capo dell’omonimo clan.

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