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venerdì, Aprile 19, 2024
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Mazzata della DDA per Claudio Auricchio, il finanziere infedele al soldo della Vanella-Grassi

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Chiesti 20 anni di carcere Claudio Auricchio, detto o’ russo, il finanziere infedele accusato di essere al servizio dell’ex reggente del clan della Vanella-Grassi, Antonio Mennetta. Per quest’ulimo, invece, sono stati chiesti 15 anni di reclusione. La DDA presenta il conto all’ex uomo in divisa e al ras degli Scissionisti. Sono imputati nel processo con rito abbreviato che vede alla sbarra 17 persone tra cui Aniello Apredda, Luigi Noceroni, Bruno Franzese, Antonio Tarantino, e Salvatore Luongo e Salvatore Marfella, Nicola Fruguglietti, Tullio Emmauso, Sebastiano Vecchione, Carmine Sabatino e Daniele Granata, Vincenzo Tufano, Rosario Guarino “Joe Banana”, e Pasquale Pesce e’ bianchina ex  capo camorra di Pianura.

Il profilo di Claudio Auricchio

 

Prendeva 3mila euro al mese dalla Vanella Grassi per i suoi ‘favori’. Non era solo un finanziere infedele che per soldi aveva voltato le spalle allo Stato. Claudio Auricchio, il famigerato ‘o russ, era in realtà organico al clan del centro storico di Secondigliano. E’ questo il ritratto più inquietante dell’uomo che, insieme ad altre 24 persone, sarà rinviato a giudizio nel processo sui legami tra la Vanella e il clan Di Lauro.

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Era arrivato a tanto, Claudio Auricchio, classe 1977 di Nocera Inferiore, finanziere dei baschi verdi: membro di un gruppo di fuoco del clan dei girati, quello della Secondigliano vecchia della Vannella Grassi, uomo di fiducia di Antonio Mennetta (che in una intercettazione sognava di diventare imperatore di Scampia). Era arrivato a capitanare una missione di morte – siamo all’inizio del 2012 – nella roccaforte degli Abbinante, per uccidere una sorta di «dead man walking», quel Giovanni Esposito non a caso conosciuto come ‘o muorto (anche se poi sfuggirà ad almeno tre agguati), nel pieno della cosiddetta terza faida di Scampia. Dalle indagini è emerso come il finanziere si mise alla guida di una Fiat Bravo di colore grigio con la scritta Guardia di Finanza, fatta allestire appositamente da Antonio Mennetta e Ciro Cortese, puntò a casa di Giovanni Esposito (reduce da un precedente agguato nel quale era riuscito a schivare le pallottole trovando riparo in un negozio di abbigliamento, mentre i killer ingaggiavano un conflitto a fuoco con la polizia). Secondo le indadini, assieme al finanziere Auricchio, c’erano – oltre a Ciro Cortese (fratello di Giovanni, il «cavallaro», anche Eduardo Zaino e altri presunti affiliati.

Furono Antonio Mennetta e Rosario Guarino (alias joe banana, oggi pentito) a decidere di «girarsi») rispetto ai Di Lauro. Come raccontato dal pentito Luca Cortese ai magistrati: «A quel punto la Vanella Grassi ha bisogno di ricostituire il suo arsenale e per come ho saputo da mio fratello Ciro Cortese, l’incarico di acquistare un certo numero di armi è stato dato al finanziere detto ‘o russ. I soldi vennero dati da Umberto Accurso al finanziere. Non so la cifra. Non so nemmeno a chi si rivolse il finanziere, so solo che vennero acquistate una trentina di pistole, la maggior parte delle quali erano Taurus, come quelle sequestrate. Dopo l’acquisto, le armi vennero divise tra i vari gruppi della Vinella: al Lotto G; in quel momento gestito da Ciro Barretta, da Gaetano e da Bruno. Il clan Marino, il gruppo del Perrone, ebbero tutti non meno di cinque pistole, che Umberto Accurso regalò loro».

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