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venerdì, Marzo 29, 2024
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Coppia di Melito uccisa a Giugliano, la rabbia dei familiari: «Ora ci dica chi sono i complici»

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«Antonio Riano ci ha privato del nostro sangue, della nostra quotidianità. Ma non ci ha detto chi l’ha aiutato, chi sono i complici». Sono queste le parole di Lucia Assisi, nipote di Immacolata Assisi, nel commentare la sentenza di condanna a trent’anni di reclusione inflitta dalla corte d’Appello di Napoli a carico del fioraio di Pianura che ha così confessato di aver ucciso Luigi Simeone e Immacolata Assisi. Una confessione che però non basta ad eliminare i tanti punti oscuri della vicenda e il dolore di chi voleva bene a Luigi e Titti:«Era come una mamma per me», dice Lucia che in questi tre anni ha combattuto e combatte insieme alla sua famiglia (sorelle, fratello, cognati e nipoti della vittima) per la verità.

La difesa del fioraio ha tentato in tutti i modi un concordato per una riduzione della pena, richiesta bocciata dalla giuria. Poi Riano è stato colto da un leggero malore e l’udienza è stata sospesa per mezz’ora. Poi la confessione con il padre dell’imputato addirittura allontanato dall’auto. Molte incongruenze, molte titubanze nel racconto di Riano che uccise Titti e Luigi a causa dell’acquisto di una casa a Melito che i coniugi si apprestavano a vendere a lui e alla compagna. Atti processuali alla mano, i due non avevano i soldi per portare a termine la trattativa. Le prove contro Antonio Raiano furono schiaccianti sin dall’inizio. Riano non aveva i mezzi economici per potersi permettere di portare a termine la contrattazione. Le insistenze della sua fidanzata (da qui il movente passionale, ndr) lo avrebbe portato in un vortice di errori e bugie che lo hanno portato alla condanna. Il fioraio, nell’aprile del 2015, chiese ai due di incontrarsi nella cava giuglianese. Lì poi furono ritrovati i corpi senza vita dei coniugi: secondo la ricostruzione degli investigatori Riano li raggiunse nel taxi della vittima ed esplose i colpi inscenando un tentativo di rapina finita male. Tentativo inutile e vano come ricostruito dagli uomini del commissariato di Giugliano (ringraziati anche oggi dalla famiglia Assisi per l’ottimo lavoro svolto). Un delitto che ha però dei complici come ribadito a gran voce dai familiari di Titti:«Riano non ha accettato di dire chi sono i complici, non ha voluto dire chi l’ha aiutato a portare via il nostro sangue. Non ha nemmeno dato una mano agli inquirenti a far ritrovare l’arma e gli oggetti personali. Il tutto per proteggere chissà chi. Noi però andiamo avanti, chiediamo che sulla vicenda venga fatta piena luce. Anche i riscontri della Scientifica hanno confermato che Riano non era solo e che sarebbe stato aiutato». C’è poi un altro particolare emerso nel corso del processo:«A differenza di Luigi morto sul colpo, Titti era ancora viva quando è stata gettata nella Cava Monticelli a Varcaturo:«A confermarlo gli ematomi e le escoriazioni rinvenute sul suo corpo che dimostrano che Titti non era stata colpita mortalmente ». Quanto basta per far sanguinare ancora la ferita più profonda, quella di due persone perbene portate via ai loro cari brutalmente.

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