Nel maggio del 2018, durante una puntata di Pomeriggio Cinque, Barbara D’Urso definì “amante di Michele Buoninconti” una donna toscana di 63 anni, sposata e madre di famiglia. L’affermazione arrivò poche ore prima della condanna definitiva a 30 anni di carcere inflitta all’ex vigile del fuoco di Costigliole d’Asti per l’omicidio della moglie Elena Ceste, scomparsa nel gennaio 2014 e ritrovata senza vita in un canale nell’ottobre dello stesso anno.
La donna, residente a Vicopisano (Pisa), si ritenne gravemente diffamata da quell’etichetta, ritenuta falsa e lesiva della propria reputazione, tanto da sporgere querela contro la conduttrice televisiva. In quella trasmissione, oltre alla frase contestata, venne mostrato anche il suo profilo Facebook, mentre un’inviata della trasmissione cercava di rintracciarla nel paese di residenza.
Dopo sette anni, e diversi passaggi di competenza tra le procure di Roma e Monza, il procedimento, riporta Il Tirreno, è approdato al tribunale di Pisa, dove Maria Carmela D’Urso, in arte Barbara, deve rispondere dell’accusa di diffamazione. La presunta vittima, costituitasi parte civile con l’avvocata Rubina Colombini, sostiene di essere stata ingiustamente dipinta come l’amante di Buoninconti, quando in realtà si era avvicinata alla vicenda solo per motivi di convinzione personale.
La donna, infatti, aveva preso contatti epistolari con l’uomo mentre era sotto processo, convinta della sua innocenza. Si era spesa per favorire un riavvicinamento tra Buoninconti e la figlia minorenne, senza però rendersi conto di aver suscitato disagio nella ragazza, già provata dalla tragedia familiare e dall’esposizione mediatica. Per questo fu a sua volta denunciata per molestie, salvo poi ottenere il ritiro della querela nel 2019 dopo essersi scusata.
Quella vicenda segnò profondamente la sua vita, ma non aveva mai accettato l’etichetta di “amante”, che considera ancora oggi ingiusta e umiliante. Il processo a Barbara D’Urso è in corso a Pisa, ma i tempi della prescrizione si avvicinano. In caso di estinzione del reato, la parte civile potrebbe valutare di trasferire la controversia in sede civile per ottenere un risarcimento.