Un’icona pop impressa sul muro di una strada, un santino da tenere nel portafoglio, un reel da condividere con una storia o un post, un libro abbandonato sul comodino come il postumo Petrolio. Basta poco nella civiltà social per professarsi pasoliniani. Magari una citazione calzante, come una Bella Bandiera, quasi declamata durante una cena generazionale tra amici e coppie. Immancabile e abusato, malgrado Pier Paolo Pasolini, anatema lanciato dalla spiaggia di Ostia: «Il vero fascismo è il potere della civiltà dei consumi che sta distruggendo l’Italia».
Le citazioni pasoliniane
Citare il poeta di Casarsa è diventato ormai una prassi per potersi accreditare come intellettuale agli occhi degli altri, ma la sua figura resta ingombrante e, talvolta, avvilente perché ricorda l’inadeguatezza nell’impegno e nella militanza quotidiana. Il suo celebre articolo «Io so» è stato sia un manifesto di sapienza che di remissività lanciato dalle colonne del Corriere della Sera.
Così il corpo straziato di Pasolini, ritrovato sul lungomare romano, è assorto a figura cristologica come nel celebre quadro di Andrea Mantegna, ispiratore della sequenza finale del film Mamma Roma. Proprio a partire dal confronto con il mito eclettico, Marta Bulgherini ha messo in scena, ieri sera, lo spettacolo Generazione Pasolini al teatro Tedèr in occasione della rassegna Campania Teatro Festival.
Incontro l’autrice alla fine della performance. È seduta sulle scale a fumare con gli amici e il suo compagno di palco Nicolas Zappa, che ha personificato il cineasta bolognese. “È uno spettacolo che mi è stato commissionato nel 2022 in occasione dell’anniversario dei suoi cent’anni. Mi sono buttata nello studio e sono rimasta rapita“.
Le note di regia di Generazione Pasolini
Sul palco Bulgherini ci ha restituito un amore improvviso e disperato per il giornalista degli Scritti Corsari, uno di quelli che ti esalta e che ti fa soffrire vissuto tra il dovere e la passione. «Quando mi sono decisa a iniziare l’intenso studio su Pier Paolo Pasolini, propedeutico alla scrittura dello spettacolo, mi sono ritrovata in uno stato di grande confusione: “E ora? Da dove comincio?” mi sono chiesta. La sua produzione è talmente vasta e ramificata che trovare un’ancora di appoggio da cui partire per il viaggio attraverso un autore così gigantesco non è una questione da poco. Inizio dalla Biografia? Inizio dalle parole (innumerevoli) spese su di lui da persone vicine o che l’hanno a malapena sfiorato? Dai film? Dalle Poesie? Dai suoi articoli di giornale? Dai dipinti? Le foto, i saggi, le interviste? Dalle canzoni? Pasolini ha scritto anche canzoni? Incredibile. Quest’uomo ha fatto davvero di tutto. Mi è diventato chiaro, dopo solo poche ore di ricerca, che la sua creatività fosse debordante. Instancabile lavoratore, la sua vita e la sua produzione artistica sono un tutt’uno indistricabile, che rispondono in solido al nome di Pier Paolo Pasolini. Mi sono rimboccata le maniche, e mi sono immersa in un viaggio impegnativo, a tratti ostico e stancante, a tratti illuminante. Mi sono resa conto, nel tempo, che il mio rapporto con Pasolini diventava sempre più personale. Ho iniziato a chiamarlo Paolino nelle mie letture, rubando lo stesso appellativo che gli riservava Federico Fellini. Ed ho iniziato ad arrabbiarmi con lui. quando non condividevo le sue posizioni o quando reputavo che il suo modo di esprimerle fosse anti-empatico, supponente, presuntuoso»