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Il mondo del cinema piange Robert Redford, addio al due volte premio Oscar

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Il mondo del cinema dice addio a Robert Redford. Gigante di Hollywood, 89 anni, se n’è andato nella notte, nella sua casa tra le montagne dello Utah.

A darne notizia è stata la sua portavoce Cindi Berger: «È morto nel sonno», ha spiegato senza aggiungere altri dettagli. Con lui scompare non solo uno degli attori più iconici del cinema americano, ma anche il regista e il produttore che più di tutti ha saputo cambiare le regole del gioco, dando vita al Sundance Festival e all’idea stessa di cinema indipendente.

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Fascino da eterno «golden boy», Redford è stato un’autentica icona del mondo del cinema, protagonista di film che hanno segnato un’epoca. Dai fuorilegge malinconici di Butch Cassidy (1969) al giornalismo implacabile di Tutti gli uomini del presidente (1976), fino al critico ritratto della C.I.A. in I tre giorni del Condor (1975), le sue interpretazioni non erano solo intrattenimento: diventavano chiavi di lettura del presente. In La stangata (1973), in coppia con l’amico e sodale Paul Newman, arrivò alla sua unica candidatura all’Oscar come attore.

Il mondo del cinema piange Robert Redford, addio al due volte premio Oscar

A quarant’anni, decise di mettersi dietro la macchina da presa. Il suo esordio, Gente comune (1981), vinse l’Oscar per la miglior regia e per il miglior film, raccontando con delicatezza la disgregazione di una famiglia borghese dopo un lutto. Seguirono opere meno immediate ma sempre personali, come In mezzo scorre il fiume (1992), con Brad Pitt, e Quiz Show (1994), che gli valse una nuova nomination all’Oscar.

Il vero colpo di genio arrivò però fuori dal set. Nel 1981 fondò il Sundance Institute, con l’idea di dare voce a giovani autori lontani dai meccanismi di Hollywood. Pochi anni dopo, trasformò un piccolo festival dello Utah in un appuntamento globale: il Sundance Film Festival. Da lì sono passati registi come Quentin Tarantino, Steven Soderbergh, Chloé Zhao, Darren Aronofsky. Fu anche la culla di documentari su diritti civili, ambiente, identità Lgbtq+. «Voglio che gli speculatori, le vodka brandizzate e i finti vip spariscano da qui per sempre», sbottò nel 2012, quando il festival era già diventato una macchina gigantesca.

La sua immagine di star riluttante era coerente con la vita privata: Redford preferiva il suo ranch nello Utah ai party di Los Angeles. E mentre Hollywood lo inseguiva, lui combatteva battaglie ambientali: negli anni ’70 si oppose alla costruzione di autostrade e centrali a carbone, pagando anche con contestazioni violente. Per tre decenni fu membro del Natural Resources Defense Council e nel tempo divenne un punto di riferimento per attori-ambientalisti come Leonardo DiCaprio e Mark Ruffalo. «Non sono un attivista, è un’etichetta che non mi piace», diceva. Eppure lo era eccome.

Non mancarono i momenti difficili: critiche feroci per la sua interpretazione in Il grande Gatsby (1974), fallimenti finanziari come il collasso della catena di sale Sundance Cinemas, tragedie familiari che lo segnarono profondamente. Eppure seppe sempre reinventarsi, anche in tarda età. Memorabile la sua performance solitaria in All Is Lost – Tutto è perduto (2013), quasi senza dialoghi, che molti considerano il suo ultimo grande atto d’amore al cinema.

I suoi ultimi ruoli furono intrisi di malinconia e dolcezza: Le nostre anime di notte (2017), di nuovo accanto a Jane Fonda, e Old Man & the Gun (2018), il suo addio ufficiale alla recitazione. «Ho deciso di fermarmi», disse allora, consapevole che il corpo non reggeva più i ritmi di un tempo.

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Nicola Avolio
Nicola Avolio
Giornalista pubblicista, mi sono avvicinato per la prima volta alla professione iniziando a collaborare con la testata "La Bussola TV", dal 2019 al 2021. Iscritto all'albo dei pubblicisti da giugno 2022, ho in seguito iniziato la mia collaborazione presso la testata "InterNapoli.it", e per la quale scrivo tuttora. Scrivo anche per il quotidiano locale "AbbiAbbè" e mi occupo prevalentemente di cronaca, cronaca locale e sport.
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